Magia Sciamanica - Seconda parte: Psicotropia rituale - di Stefano Mayorca

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IL MITO DEL PEYOTE E IL VIAGGIO

NEL SOPRANNATURALE

Le sostanze maggiormente utilizzate nel corso dell’addestramento sciamanico, volto a intraprendere il Viaggio, sono legate a quella conoscenza secretata che si perde nella notte dei tempi. Tra queste ricordiamo la mescalina (l’alcaloide psicoattivo derivato dal cactus peyote); la dimetiltriptamina (il principale alcaloide pscicoattivo connesso con la pozione rituale conosciuta come ayahuasca); la psilocibina, l’ibogaina e Lsd. 

Il noto psichiatra americano Rick Strassman, che per molto tempo ha utilizzato a livello sperimentale queste sostanze psicotrope, affermava che il nostro cervello è paragonabile a un televisore e che la dimetiltriptamina non si limita a modificare la luminosità, il contrasto e il colore - come accade sovente con l’alcol e altre droghe non allucinogene - viceversa essa sposta, nel complesso, la nostra attenzione su un canale del tutto differente e a riguardo scriveva: “Lo spettacolo che stiamo osservando non è più quello della realtà quotidiana, il “Canale normale”. La dimetiltriptamina fornisce un accesso regolare, ripetuto e affidabile a canali “distinti”. Gli altri piani di esistenza sono sempre lì! In realtà essi sono proprio qui, con noi, e trasmettono ininterrottamente! Ma non possiamo percepirli perché non siamo destinati a questo: il nostro sistema elettronico ci mantiene sintonizzati sul Canale normale. Esso richiede pochi secondi – i pochi battiti del cuore necessari allo “spirito molecolare(la dimetiltriptamina) per compiere il suo percorso fino al cervello – per cambiare canale, aprendo la nostra mente a questi altri livelli di esistenza. Come può avvenire tutto questo? Ammetto di non capirci granché delle teorie della fisica che sono alla base degli universi paralleli e della materia oscura. Quello che so, comunque, mi porta a considerare tali universi come luoghi in cui, forse, la dimetiltriptamina può condurci…”.  È interessante notare in proposito che gli sciamani Tucano consideravano una sostanza da fiuto della famiglia virola da essi chiamata Vibo, come: “Il mezzo più importante con cui un individuo può stabilire un contatto con la sfera del soprannaturale alfine di consultare gli esseri spirituali superiori”. Tra questi spiriti Vibo-mahse - il proprietario e padrone delle sostanze - è considerato di estrema importanza. Si dice che dimori nella Via Lattea, dalla quale osserva costantemente le azioni dell’umanità.

Il mito del Peyote 

cosmo-psicotropia sciamanica

Esistono numerose versioni circa il mito e le origini del Peyote, ma tutte, da quelle Yaqui otomì a quelle Kiowa-apache, sono contraddistinte e interagiscono con tre figure principali: la pianta allucinogena, la Terra, la figura femminile. Tramite la donna-peyote, la Terra e il cactus divino (peyote) infatti, si realizza dopo quella che viene chiamata incubazione rituale, la rinascita del singolo - come si sostanzia successivamente alla morte rituale di ordine iniziatico-ermetico - e degli esseri umani del gruppo sociale in crisi o in via di estinzione e la loro guarigione in senso globale. Al peyote, in genere, è data una connotazione di ordine sessuale femminile, ciò nonostante vi è anche il peyote-maschio (come avviene tra i Lipan  Apache e i Carrizo messicani). In base ai differenti stadi di fioritura della pianta, tra l’altro, sono associati aspetti mascolini e femminini. Per esempio, quando i fiori sono biancastri simboleggiano la vulva, mentre i fiori rossicci i genitali e il membro maschili. L’attribuzione sessuale al peyote, in ogni caso, si perde nella notte dei tempi ed è presente tra le comunità indios dell’area mesoamericana, Cora, Huichol e Tarahumara. Presso i Tarahumara si presenta come divinità maschile, mentre per i Wichita, Kiowa ed altre ancora si trasmuta in entità femminile-divina, in virtù del fatto che nasce dalla Madre Terra (in analogia con il mito della Grande Madre). Non di meno, troviamo anche la figura del padre-peyote.

 Viaggio nel soprannaturale

Gli incontri con esseri soprannaturali per mezzo del Viaggio psicotropo sono antichissimi, possiamo datarli a livello documentale a 30.000 anni fa, come attesta l’arte figurativa di quell’epoca, in cui sono ritratti i teriantropi (uomini-animali). Tutto questo ci dice che nelle culture superstiti di cacciatori-raccoglitori, la trance sciamanica portava all’incontro con esseri virtualmente identici. La cosa più sorprendente in questo senso, sono le esperienze di alcuni sciamani-iniziati dell’Australia e della Groenlandia che raccontano la loro esperienza psicotropa. Essi parlano di strane pratiche a cui sono stati sottoposti nel mondo degli spiriti. Esseri soprannaturali che innestavano cristalli nei loro corpi e nella testa. Una sorta di “chirurgia-magica” con smembramenti, lacerazioni, innesti e operazioni cerebrali. Prove iniziatiche, insomma, che riportano alla mente certi racconti di presunte abduction, nel corso delle quali i presunti alieni condurrebbero sugli addotti operazioni di alta chirurgia. Nello specifico, il racconto degli sciamani menzionati sembra alludere anche allo smembramento della personalità profana a favore di quella divina. Si tratta solo di questo? Difficile rispondere. Tornando agli uomini feriti dell’arte rupestre del Paleolitico superiore, c’è da dire che le figure torturate rappresenterebbero una forma di sofferenza sciamanica, di morte e iniziazione strettamente associate agli allucinogeni. Come rileva lo studioso e psichiatra Graham Hancock, che per molti anni ha sperimentato le sostanze allucinogene anche su se stesso: “Senza dubbio, le “creature”, con le quali l’hayaquasca e l’ibogaina mi portarono letteralmente faccia a faccia, possono essere pure illusioni prodotte da una chimica cerebrale disturbata, come sostengono gli scienziati occidentali; ma senza dubbio non apparivano tali ai miei occhi. Al contrario, devo dire che ogni esperienza indotta da me dai due allucinogeni a base vegetale mi fece l’effetto - molto intenso e convincente - dell’aprirsi di una porta su livelli di realtà del tutto nuovi e diversi. Si trattò di esperienze assai profonde, toccanti, foriere di durature riflessioni; e in qualche caso arcane, cariche di paura e di minaccia. Utilizzando gli stessi allucinogeni adoperati dagli sciamani, mi convinsi che in quell’ambito vi era da esplorare un autentico mistero. Mi risultava difficile credere che tanta complessità ed esattezza di dettagli, insieme a una serie di immagini sorprendenti e apparentemente prive di qualsiasi rapporto con la mia vita o i miei interessi precedenti, potesse essere stata creata di punto in bianco dal mio povero cervello fuso dalla droga. Intuii che mi era stato concesso di intravedere “creature” che secondo certe modalità sono assolutamente reali, ma non ancora comprese dalla scienza. Tali esseri vivono intorno a noi e con noi, e appaiono consapevoli della nostra esistenza, e vivamente interessate a noi; tuttavia, “vibrando” a una frequenza che travalica il raggio d’azione e dei nostri sensi e dei nostri strumenti tecnologici: quindi generalmente risultano del tutto invisibili”. Parole esaustive, che trascendono la mentalità immobilizzata e desueta degli scienziati, portando alla luce certi aspetti dell’astrale che ben conosciamo per nostra esperienza. Don Juan, il maestro di Carlos Castaneda, a tale proposito affermava: “Magia significa applicare la propria volontà a un punto chiave”. Del resto, come scriveva William Shakespeare in “Hamlet”: “Vi sono in Cielo e in Terra assai più cose, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”. 

Stefano Mayorca - Noto scrittore, artista, giornalista e conferenziere, è Preside dell'Accademia Romana di Studi Ermetici "la Porta Ermetica". Le sue numerose opere sono state tradotte e pubblicate in molti Paesi del mondo, ha partecipato a programmi televisivi e radiofonici su reti nazionali e private, collabora alle maggiori riviste specializzate del settore.