Una interessante discussione su Marco Daffi, Kremmerz e la Fratellanza di Miriam

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a cura di Syras e K.Hader 

Come giustamente altri hanno già rilevato, in una discussione alquanto vivace, ma intensa e appassionata, apparsa in rete tra il 2008 e il 2009 e incentrata sul Kremmerz e il suo pensiero, furono registrate 30.000 presenze. Una cifra di tutto rilievo, mai raggiunta in alcun altro forum per lo stesso argomento. La discussione fu chiusa, non per esaurimento “fisiologico” della stessa ma per decisione insindacabile della direzione del sito. Nella discussione sviluppatasi invece dal 18/11/2009 al 6/6/2010, su un altro sito - che non citiamo unicamente per espresso desiderio del curatore responsabile del medesimo -, basata sul tema “Marco Daffi – Giuliano Kremmerz e la Fr+Tm+ di Miriam a cura di G.M.G.”, si sono riscontrate, al momento, oltre 2.600 visite, rivelandosi in assoluto e di gran lunga l’argomento più seguito della sezione del forum riservata alla voce “Esoterismo”. Anche questa discussione, a nostro avviso indubbiamente interessante e insolitamente pervasa di intelligente ironia, ancorché apertamente polemica e in alcuni punti non condivisibile, è stata chiusa d’ufficio. Non entriamo nel merito dei più che legittimi motivi che hanno spinto i responsabili del forum a bloccare il dibattito. Tuttavia, su richiesta di numerosi lettori e di alcuni collaboratori, abbiamo ritenuto opportuno riproporla nelle sue parti più significative, come documento e riferimento utili per comprendere e approfondire non solo sfumature e accenti di un personaggio, il Marco Daffi-Ricciardelli (e più segnatamente dei suoi scritti) al quale abbiamo dedicato non poche pagine di Elixir, che rimane ancora una figura in massima parte da scoprire, ma anche per prendere visione e atto di una realtà attuale certamente estesa, e le problematiche, o gli interrogativi, che ne conseguono, dando modo a chiunque vorrà, di proseguire il confronto senza impedimenti di sorta, compatibilmente, è ovvio, ai tempi di pubblicazione di Elixir. Ci preme assicurare fin d’ora che, fermi restando i più elementari principi di buon senso e l’inaccettabilità di riferimenti palesemente offensivi rivolti a persone o enti specifici, ognuno potrà esprimere in piena libertà e senza ombra di alcuna censura – cui siamo contrari per principio – la propria opinione, qualunque essa sia.
Per agevolare la lettura, precisiamo che i corsivi di commento e le parti non virgolettate sono nostri, mentre gli pseudonimi di alcuni partecipanti sono stati abbreviati o proposti con le sole iniziali.

La discussione, promossa da S., prende spunto dall’opera di Marco Daffi (il barone Ricciardo Ricciardelli),“Giuliano Kremmerz e la Fr+ Tr+ di Myriam, a cura di G.M.G. (Ed.Alkaest, Genova, 1981), della quale viene riportata l’introduzione:

“Il libro è composto da due distinte parti, distinte in due saggi. L'uno, biografico sul Formisano, è ritrascrizione di note originali di Marco Daffi, fatta da ELIO (medico chirurgo in Genova e prematuramente deceduto) che, verso gli anni '50, presentai, poiché interessato agli studi ermetici, a Marco Daffi, Questi ebbe con lui contatti personali, e dal 1950 epistolare corrispondenza, via via sempre più copiosa, fino al 1969, in un particolare discorso, fatto non solo di parole, ma pure di suggerimenti, di istruzioni, di diagnosi per operazioni di medicina ermetica. L'altro saggio è un memoriale, che Marco Daffi indirizzò a studiosi di ermetismo alchimico, i più di estrazione myriamica o neokremmerziani; fra gli studiosi non di tal fatta, cui il memoriale venne inviato, era anche ELIO. Il libro, compilato dopo una adeguata revisione, per la stampa, dei due saggi, risulta essere così quanto di più autentico e circostanziato sia stato, ad oggi, edito in merito e alla figura di Kremmerz ed alla Fratellanza Terapeutica Magica di Myriam, da lui fondata, non come ordine iniziatico, nel senso proprio della espressione, ma come scuola di pratica di medicina ermetica. Con la morte di Kremmerz nel 1930, con la morte di Ottaviano, nel 1935 all'estero, ove già da anni egli era espatriato, anche il Grande Oriente Egiziano - sotto la cui protezione, a suo tempo, la Myriam era stata posta - evanuit. Ciò non significa che quell' ‘Ordine Egizio’ (da non confondere col Grande Oriente Egiziano) cui gli stessi Kremmerz e Ottaviano si erano iniziati e prima di loro Izar e Mamo e per altro verso Marco Daffi, sia anch'esso venuto meno. Ma questa è un'altra storia. G.M.G.”.

Nel primo intervento, un partecipante (V.), scrive:
“Una storia da approfondire: c'è chi dice che l'Ordine Egizio fosse altra cosa, e che (a dir poco) non vedesse di buon occhio l'operato del Kremmerz, ciò che effettivamente troverebbe riscontro nella ‘lontananza’ di Lebano e nella lettera di N.R. Ottaviano al Commentarium. Spingendo il ragionamento, con le dovute cautele, su questa strada sarebbe possibile ipotizzare una storia molto diversa, sicuramente ignota e per la quale si può procedere solo per intuizioni - e forse anche tratteggiare una diversa immagine dello stesso Kremmerz”.

Dopo la richiesta di S. a V. di spiegare se ha qualcosa da dire in proposito, interviene “Luca”, il quale commenta:
“Se mi è concesso, consiglierei di scandagliare, di scandagliare, come fa un diligente palombaro, le tante, particolari, spesso poco chiare note, diffuse nell'Opera Omnia del Kremmerz pubblicata per le Mediterranee, ma anche per i singoli fascicoli per le altre edizioni, si troverebbero indizi di natura molto più ‘metallicamente’ nobile, che frullarsi il cerebro sulle dispute, le denominazioni, le autorizzate appartenenze, i timbri...in certe cose sono già dei veri maestri i tanti kremmerziani di copertina, non aggiungetevi anche voi, che siete ragazzi bravi e giudiziosi.
Saluti e scusate l'intrusione. Luca”.

Risponde S.:
“Mi trovi sostanzialmente d'accordo. E poi non è certo con i pronunciamenti di un tribunale che si può verificare la legittimità iniziatica di un gruppo. Anzi! Tuttavia è anche lecito interrogarsi sugli antecedenti del Kremmerz”. E risponde Luca: “Sono davvero lieto delle parole di S.! Su Marco Daffi consiglierei un approfondimento fornito da alcuni saggi usciti su Elixir a firma Giammaria, suo diretto alievo, ma anche un bel colloquio con quella personalità squisita, cordiale e profondo conoscitore della materia alchimica che risponde al nome del prof. Sangiorgio. Cordialmente”.

Interviene di nuovo V. in risposta a S. che gli chiedeva una spiegazione più ampia:
“Naturalmente nulla di definitivo né di 'scientificamente' fondato, posto che credo che la vera storia di un Ordine iniziatico che sia realmente tale noi non la conosceremo mai a fondo. Ciò vale in assoluto, che si tratti dell'Ordine Egizio o di qualcos'altro. 
E' solo una riflessione che faccio da qualche tempo. Se è vero che il Kremmerz è un Maestro ed un mago di altissimo spessore, e premesso che sono molto grato alle sue opere per i chiarimenti addotti a non pochi punti oscuri (per quanto si possa far luce con le parole), tuttavia è da un po' che mi pongo, senza alcuna malizia, un quesito: e se il punto di vista dell'Ordine fosse diverso? 
Mi spiego, ‘alla matematica’, ponendo come assioma l'esistenza dell'O.E. Se prendiamo la lettera di N.R. Ottaviano, che da più parti si dice esser stato membro eminente dell'Ordine, e proviamo a leggerla (è solo un'ipotesi) non come espressione di un singolo, bensì di un "milieu", si potrebbe supporre che l'Ordine intero, o quantomeno una sua parte significativa, non abbia gradito l'operato di Formisano nella diffusione al pubblico di determinati insegnamenti.
E d'altronde questa era la posizione di un Lebano (si leggano attentamente certi passaggi della sua ‘Cantica dei Cantici’ relativi agli 'errori' degli antichi Sacerdoti che l'autore della Cantica stigmatizzerebbe, sempre se accogliamo la sua traduzione ‘aporrezia’), che a quanto si dice non si limitò al disaccordo. Allora in quest'ottica la storia potrebbe essere diversa da come narrata da autori contemporanei, l'O.E. non coincidendo con l'O.O.E. del Maestro di Portici ed anzi ponendosi quest'ultimo come una struttura "non autorizzata", con tutto ciò che questo può implicare. 
Ripeto, sono solo congetture: non hanno un riscontro storico definitivo, non possiedo pezzi di carta, documenti, patenti e archivi arcani, non ho accesso a Urbi e Tabernacoli ed in ultima analisi non sono kremmerziano, è una semplice speculazione personale alla quale peraltro non ho motivo di dare un particolare credito, ma è comunque, chissà, una interessante base di discussione”.

Risposta di S.:
“Penso che Gonella sia uno degli ottimi Alchimisti in circolazione e quindi mi fido del suo lavoro come dell'opera di Giorgio Sangiorgio che è un suo valente ed equilibratissimo discepolo oltre che persona pulita e coscienziosa.
LA questione delle legittimità non andrà da nessuna parte in nessuna Aula di Tribunale e qui siamo d'accordo tutti, per il resto penso che bisogna mettersi d'accordo su delle cose.
Esistono veramente dei Segreti Tradizionali e Sapienziali da parte di codeste scuole?
Se si ha senso che rimangano celati in modo totalmente ermetico e quindi che senso ha la pubblicazione di riviste che, a vario titolo, ne parlino facendo adombrare ora questo ora quel concetto, pratica, esperienza per poi all'interessamento di terzi dichiarare che nulla è da dirsi?
Se tale ordine di silenzio assoluto è dovuto allora non dovrebbe esistere manco una rivita che discuta di tali argomenti dato che la pubblicazione in sè è già una profanazione.
Su questo occorre che i detentori, se esistono al giusto titolo, di tali conoscenze si mettano d'accordo.
A mio parere un pò Illuministico una conoscenza se vera è patrimonio dell'Umanità anche se va padroneggiata nella giusta misura e dalle persone adatte,come però nessuno metterebbe in mano ad un passante qualsiasi una centrale nucleare o elioelettrica.
Ma se lo scopo dell'Iniziato è la captazione di Sapienza Divina e Luminosa perchè l'Umanità abbia modo di beneficiarsi delle conoscenze di questi <Iniziati , i quali non operano solo per sè stessi in un ottica tradizionale pura, allora la questione diventa ulteriormente interessante”.

Dopo un paio di ulteriori scambi di idee tra Luca e S., interviene Apleio:
“Ottimi commenti sull'opera di Marco Daffi. L'Autore, il noto barone Ricciardelli, è un personaggio molto interessante per tanti motivi. Nel tempo, vari altri ‘baroni’ del sottobosco kremmerziano, hanno cercato di silurarlo in tutti i modi, di offenderne la memoria e farlo passare per pazzo e tant'altro, senza riuscirci beninteso. E perché? Perché è stato uno dei pochissimi super partes, e soprattutto fuori dal gregge, che hanno scritto qualcosa di realmente utile e originale per comprendere meglio il vero pensiero e certi anfratti dell'insegnamento di Kremmerz, del quale era un amico disinteressato e ricambiato. Una testimonianza importante e molto scomoda, che troppo si discosta da chi, troppi, volevano e ancor oggi vorrebbero, fare di Kremmerz un Buddha - come scrive Anglisani nella sua bella biografia del maestro - e che pervicacemente si ostinano con ogni mezzo a voler creare un monopolio assoluto e assolutista sul Kremmerz-pensiero e sul suo insegnamento, per continuare a coltivare il proprio vacuo orticello di vanità, illusioni, personalismi espansi e frustrazioni varie, sulle spalle di chi cade in questa trappola (leggi: aspiranti ermetisti kremmerziani in buona fede e totalmente ignari della triste e pericolosa "realtà occulta" che si cela dietro la maschera di pseudorganismi pseudokremmerziani). A proposito: non date credito alle varie "vere" storie della Fratellanza di Miriam che appaiono in rete ad opera di questa o quella filiale: ognuna è inficiata e resa inattendibile dal virus dell'interesse di parte, a scapito della Verità, del buon senso e dell'intelligenza di chi legge. Quale parziale antidoto consiglio quindi anch'io un'iniziale dose di attenta lettura di tutte le opere del Daffi e, per comprendere appieno diverse sfaccettature inedite di sconcertanti "storie" contemporanee allo stesso Kremmerz, ‘Il processo del mago’, un libro che spero Satyricon prima o poi recensisca. Buon lavoro e proseguimento”.

 

Ritorna V.:
“Un libro, più che altro, che si spera prima o poi qualcuno ristampi, dato che è pressoché introvabile, e se chiedi in giro in ambienti kremmerziani o parakremmerziani ti guardano male... perchè mai, mi chiedo? 
Rimarrò col dubbio (fino alla ristampa)”.

Interviene un altro partecipante, S.B, in risposta ad Apleio:
“Fame coacta vulpes alta in vinea
uvam adpetebat summis saliens viribus.
Quam tangere ut non potuit, discedens ait:
’Nondum matura est; nolo acerbam sumere’.
Un giorno una volpe affamata passò accanto a una vigna e vide alcuni bellissimi grappoli d’uva che pendevano da un pergolato.
- Bella quell’uva! – esclamò la volpe e spiccò un balzo per cercare di afferrarla, ma non riuscì a raggiungerla, perchè era troppo alta. 
Saltò ancora e poi ancora e più saltava più le veniva fame.
Quando si accorse che tutti i suoi sforzi non servivano a nulla disse: – Quell’uva non è ancora matura e acerba non mi piace! – E si allontanò dignitosa, ma con la rabbia nel cuore”.

Apleio:
“Caro S.B, la ringrazio di cuore, perché la sua è una perfetta conferma di quanto ho scritto con cognizione di causa. Probabilmente lei è in buona fede e la capisco, ma, mi creda, conosco molto bene quell’uva e la relativa favoletta, ormai scontata, che viene sempre tirata in ballo quando non si hanno argomenti o fatti seri da proporre in replica. Conosco molto bene anche le aride vigne in cui si coltiva e produce, utilizzando fertilizzanti chimici o sostanze artificiali e inquinanti che possono ingannare l’occhio distratto ma non la verità. Infatti quell’uva non è acerba, ma semplicemente avvelenata. Da chi pretende di possederne l’esclusiva di ‘vendita’. E oggi le vere ‘volpi’ se ne stanno in agguato sulle varie ‘ramificazioni’, in attesa dei ‘polli’ di passaggio. Auguri”.

Dopo una replica di V. il quale scrive “A me sinceramente il discorso di Apleio interessa molto”, riprende il discorso lo stesso Apleio:
“La ringrazio V. Spero potremo continuare a parlarne con serenità. Voglio rendere chiaro che il mio discorso non è assolutamente contro il Kremmerz e i kremmerziani seri, quei pochi ma sorprendentemente ancora esistenti che con umiltà e senza clamore ne onorano il nome e il messaggio. Ma contro quelli che ne hanno usurpato e sfruttato il nome, nascondendo, fra le tante cose, le verità scomode”.

Ribatte S.B, mentre anche S. invita Apleio a presentarsi:
“Di argomenti o fatti seri come Lei li chiama ne discuto con chi ha un serio interesse e non certo con chi come Lei è solo interessato a buttare fango a destra e a manca.Lei è entrato in questo forum sbattendo la porta senza nemmeno la buona educazione di presentarsi e ritenendo di trovare sponda non per argomentare ma per insultare.Di gente come Lei ne conosco tanti.
A quanto sembra le sta dando fastidio la Storia della FR+tm+di Miriam messa in rete. Bene se non è daccordo sulla ricostruzione della storia perchè non va in quel forum ad argomentare?Forse perchè lì ci vogliono gli argomenti?Oppure c'è già stato in quel forum e si è accorto che non c'è trippa per il gatto?
E riguardo all'uva lasci perdere che non è roba per Lei : il suo modo di fare ne è la prova lampante.
Dio l'aiuti!”.

A questo punto rientra S., che scrive:Rileggendo questo ‘scambio’ tra Apleio (che invito anch'io a presentarsi) e s.b, ho come una sensazione di déjà vu”, al che risponde S.B: “Non sono loro.Questo è più "noto" e non sarò certo io ad alimentarlo”.

Apleio:
Più che vero e mi scuso immantinente con gli astanti. Il motivo per cui ho commesso il deprecabile errore di non presentarmi, è dovuto non altro che all’intento iniziale, mi si perdoni l’ardire, di limitare la mia fugace ‘intrusione’ ad un solo propedeutico avviso intramuscolare ai naviganti nel mar magno del kremmerzismo indotto e corale, senza pretese ulteriori né, meno ancora, volontà di tediosa prosecuzione/persecuzione oltranzista. Sennonché, una turpiloquente, provvidenziale missiva en privé, dell’esimio Signor S.B, mi ha talmente illuminato gli incerti orizzonti, nonché divertito oltremodo, da indurmi fatalmente a mutare parere. Con gran disappunto, opino dolente, à la Cervantes, del succitato Signore. Al quale Signore, intenzionato a propinarmi lezioni private di non so qual materia, men che la lingua italiana e l’educazione civica, vorrei gentilmente far notare che in termini latino-ermetici classici “scola” si scrive con l’h, mentre in ossequio alle nostre gloriose tradizioni grammaticali, “quì” (sic, in entrambi i casi) non si scrive con l’orrido accento; inoltre, dulcis in fundo, il “daccordo” dell’ultima pregiatissima Sua, reclama l’apostrofo. 
Francamente non saprei cosa occorra per presentarsi: può risultare sufficiente un decoroso trascorso di quattro lustri nel campo della giurisprudenza penale, per eredità paterna, e della ricerca ermetica a 360° per scelta personale, svolto silenziosamente soprattutto negli ultimi anni in oriente e medioriente, con accentuata predilezione, per quanto attiene alla tradizione occidentale, per l’opera di Kremmerz e dei Maestri della Schola (con l’h) e della Sapientia nilotico-partenopea-latina, nonché per altri meno noti che non credo interessino i più? Quanto al Sig. S.B: ehilà quanto si scalda! Effetti alchemici del Sacro Fuoco alimentato a pellet? Si rilassi se può e mi dica: ma il rispetto sacrosanto per l’altrui pensiero, si è perso per il sentiero innevato che mena fra slavine e dirupi alle incontaminate vette della Sua alta iniziazione? Di grazia, perché anziché insultarmi in privato non porta, come da precedente cortese invito, elementi un poco più floridi e sostanziosi dell’uva fogarina a sostegno di quanto afferma? Io ho parlato di libri, di nero su bianco, di fatti concreti ed evidenti agli occhi, non foderati di prosciutto stagionato, di chiunque, senza pretenziose velleità di incontrovertibili certezze e disponibile al confronto serio. Liberissimo di non voler discutere con me, con mio grande sconforto e conseguente motivo d’insonnia, ma almeno, La prego, eviti di tentare di mettermi il bavaglio inquisitorio, datosi che invece, per quel che risulta, il mio discorso ‘eretico’ a qualcun altro interessa. Per quanto mi riguarda, possiamo pure gioiosamente ignorarci e lasciarci così senza rancor. Perché vede, egregio Signor S.B, in fin dei conti la morale della favola, non di Esopo ma transeat, mi pare verta su un unico imprescindibile principio di elementare ‘civiltà’, o più modestamente ‘educazione’, perché si dà il caso che mentre io, comunque, posso dimostrarLe de jure e de facto di accettare e rispettare la Sua opinione, qualunque essa sia, Ella invece oltre a volermi chiudere la bocca, pipa in pregiata radica compresa, offende pure! Vedete, uno dei difetti peggiori del dilaniato e stizzoso microcosmo postkremmerziano è proprio l’incapacità ereditaria di confrontarsi serenamente con il diritto di critica, denunciando in tal modo gravi e irreversibili carenze e profonde insicurezze strutturali. ‘O con noi o contro di noi’ è il motto imperante, punto e basta. E troppo spesso si scatena la rappresaglia verbale e scritta su chi non appare rigidamente allineato (S.B docet, ma è solo un esempio minore). Attenzione, perché fra queste preoccupanti posizioni e il deleterio fanatismo da ‘guardiani della rivoluzione’, il passo è breve. Ma andiamo oltre. Le ‘storie’ che appaiono in rete, al contrario di quanto, con dispendioso eccesso di fantasia, Ella pregiudizialmente immagina, non mi infastidiscono affatto ma anzi, ab imo pectore, le considero pariteticamente un ottimo esempio di contemporanea interpretazione di parte di fatti più e meno noti. Più che legittima s’intende, anche perché più voci e campane si sentono, anche in ambito storiografico, più grata è la festa. L’importante, ritengo, è non pretendere mai di possedere la rischiosa Verità Assoluta del Deus nobiscum: Noli tu quaedam referenti credere semper, exigua est tribuenda fides, qui multa locuntur! Le confesso poscia che mi piacerebbe molto ‘argomentare’ con i volenterosi curatori di alcune storie, ma mi dicono che per essere accettati nelle schiere di eletti abilitati a partecipare alle relative discussioni, sia d’obbligo un preliminare esame d’ammissione con tanto di approvazione da parte dei 12 saggi venerandi, mentre io, meschino, nella mia abissale ignoranza d’imperfetto mortale, non posso certo ritenermi all’altezza. Quanto a quell’uva tossica e altre specialità gastronomiche per felini, che con commovente sollecitudine mi consiglia di lasciar perdere, si tranquillizzi e non dubiti: da tempo ho imparato a stare lontano da certi prodotti nocivi, che più si conoscono più si evitano. Nondimeno, accertato infine che le piacciono tanto le favole, mi permetta uno spassionato consiglio: continui a crederci, vedrà che vivrà meglio e il mondo andrà avanti ugualmente. Per concludere, La ringrazio: tanto per la ‘notorietà’ che, bontà Sua, intende attribuirmi a conferma della conclamata eccessiva attività immaginativa, quanto per la premurosa esortazione finale - che ricambio con triplicato affetto - a un dio cui Ella è evidentemente troppo devoto, che purtuttavia non credo proprio vorrà ascoltarLa, causa i miei compromettenti succitati trascorsi. V.A.V.
Veritatem laborare nimis saepe, exstingui numquam.

Interviene M. che scrive: “Interessante diatriba. Mi punge vaghezza di magnificar la favella dell'Apleio, sapida, lepida eziandio”. Mentre S.B replica: “Questa è la <turpiloquente, provvidenziale missiva en privé, dell’esimio Signor S.>: Lei non ha niente a che spartire con la Scola del Maestro Kremmerz.Lei è un volgare maldicente che si trincea nell'anonimato per buttare il suo fango. Qui non c'è trippa per i gatti.La commisero.Vada per la sua strada. S.”. E P. aggiunge: “Benvenuto Apleio. Fosse solo per il buon uso che fa della lingua italiana.  Ma anche tutto il resto è invero interessante”.

Ritorna S.:
“Comunque sia, mi/vi chiedo: quanto è compatibile l'ascesi ermetica con la conclamata instabilità psichica? Lo chiedo perchè è troppo facile fare del Ricciardelli una sorta di mahasiddha o di malamatî occidentale; alcune sue proposizioni, in tutta onestà, sono francamente assurde e non basta certo una ‘continua frequentazione del Kremmerz’ (come scrive il Fenili su Elixir) per ‘redimernere’ la figura”.

Risponde Luca: “Cosa intediamo per instabilità psichica? La stabilità psichica, per esempio,
dell'odierno essere umano è quella puramente condizionata dai sensi e dagli istinti,
è il raziocinio riflesso e puramente cerebrale, composto sottile assolutamente dormiente
rispetto alla veglia iniziatica. E proprio in tema di assurdità converrebbe ricordare
cosa rappresentino nello Zen i Koan o i Mondo: il trucco è nel Pensiero e nella sua riconversione magica”. Mentre un altro partecipante, MS, sentenzia: “io ho capito solo una cosa. che dove ci sono kremmerziani c'è baruffa. ...uffa!”.

Luca replica:
“C'è baruffa ovunque si voglia minimizzare un percorso spirituale ad una gara tra scuderie diverse e concorrenti. C'è baruffa ovunque prevalga l'ottusa logica dell'esclusivismo, mentre ci si dovrebbe impegnare per un'integrazione. C'è baruffa ovunque il personalismo, l'estetica dell'erudizione o dell'occulto prevalgano sul senso interno e radicale delle cose, dell'Uomo e del Mondo. Provate a leggere la lettera di Pio Filippani Ronconi pubblicata nel nuovo num. di Arthos: poche parole, sintetiche, ma che sono acido e fertilizzante, veleno e medicina”.

 Apleio:
“Bene Signori, osservo con piacere la discussione dilatarsi verso lidi alquanto animati e ringrazio S., oltre gli altri graditi intervenuti sia in pubblico che in privato, per aver riportato entro l’alveo del confacente dialogo il torrente polemico, che certamente ho colpevolmente alimentato col mio pungente affluente eterodosso, che altrimenti rischiava di involversi in un imbarazzante e forse inconcludente labirinto. Il caso che stiamo trattando pretenderebbe invero, per l’eccessiva delicatezza dei risvolti che gli sono peculiari, nonché per i giustificati enigmi sollevati, molto più di qualche pagina di vereconde e particolareggiate spiegazioni e, ancor più, di un tempo del quale momentaneamente mi rammarico non disporre. Purtuttavia, credo che quanto ritenevo opportuno e doveroso esporre in questa rispettosa sede, affinché la figura e l’opera del barone Ricciardelli non venisse oltremisura oltraggiata dai volgari pregiudizi di un conformismo interessato e mendace, sia stato scritto. Chi volesse acconciamente scandagliare oltre, i fondali di una realtà millantata per più di mezzo secolo, imbastita sull’assunto di una pretesa e “provvida” follia del Nostro, per farne a brandelli la nodale, diretta e scomodissima testimonianza, può armarsi di tenace pazienza e indossare l’elmetto del ricercatore serio: non tarderà a vedersi ‘develare innanzi a gli occhi, dagli obliati abissi’, una verità quasi ignorata e ben diversa da quella suonata da controfagotti e pifferi dell’ultim’ora. Una verità, come già suggerito, troppo ingombrante, diciamo pure ‘compromettente’, per chi ha costruito altari e sacelli al dio unico del proprio miserabondo orgoglio e della cupidigia di un potere insano, stuprando il nome di Kremmerz dalla sua morte in poi e, sciaguratamente, ancor prima. Le prove ci sono, tutte scritte e abbondanti. Basta seguire il filo di un ‘codice’ che scorre fra le trame di un romanzo che supera la storia, con occhio non fazioso, e si comprenderà l’entità e l’evidenza del – mi si passi il termine, più realistico di quanto immaginabile – complotto, ordito dai necrofori di quella stessa verità. Aggiungo inoltre, e concludo: diverse voci, negli anni, si sono levate a scudo dell’integrità e dei meriti di Ricciardelli da parte di persone titolate, che per averlo conosciuto a fondo ne hanno potuto e voluto testimoniare l’intelligenza acuta e originale, unita alla cultura e alla sensibilità eccellenti di uomo e di ermetista. Escludo dalla schiera il mio nome, che non ha rilevanza alcuna, ma potrei citare molti altri amici suoi carissimi, stimati e conosciuti in ambito profano e iniziatico, che ad onor del vero, hanno in più modi controbilanciato le folli – quelle sì! – accuse, rivoltegli ignomignosamente. Il processo, le calunnie e le verità contraffatte, passate in prescrizione assieme a tant’altre malefatte sconosciute, non rinverrete probabilmente mai nelle rimaneggiate storie, storielle e favole mitopoietiche ‘ad uso degli alunni della quinta elementare’, come un tempo si scriveva, della defraudata ‘Fratellanza’ di Miriam, oggi più che mai in piena guerra ‘fratricida’. Personalmente auspico che prima o poi una coscienza positivamente critica, libera e illuminata dai mefitici effluvi dei vincoli di scuderia, si assuma l’onere e l’onore di riscattarne il glorioso spirito tradito, affinché, almeno in questo caso, la ‘verità’ non sia scritta soltanto dalle lobbies, si fa per dire, dei ‘vincitori’. V.A.V.”.

Apleio:
“Orbene, noto dalla recensione di LUCAV che l’Editrice Rebis, sempre sensibile e lungimirante nei confronti di quest’effervescente e caracollante ramo dello scibile esoterico, ha testé ristampato giusto il famigerato “Processo del mago”. Non capisco perché il titolo sia stato modificato con ‘Il processo al mago’ – trattasi forse di allusione velata? – ma mi dichiaro egualmente assai confortato da questa utile novità, foriera di sorprese e giovamento per tanti apprendisti mistici e sognatori incauti. La nuda, cruda e sapida verità è servita su un piatto d’argento, con contorno d’uva passa e trippa per gatti. Un piatto da favola, per veri gourmet!… V.A.V.
Timeo Hominem unius libri”.

All’affermazione di MS, secondo il quale”…dove ci sono kremmerziani c'è baruffa”, replica S.B, scrivendo “solo dove ci sono i kremmerziani?”, e infine risponde S.: “Diciamo che c'è baruffa dove non si riesce a storicizzare un personaggio tirandosi dietro, a mò di giustiziere, una trafila di episodi e di situazioni personali del personaggio in esame cercando di incarnarne la "soluzione" o per lo meno la " continuazione". Ecco le diatribe sulla legittimità, sulla concordanza, sulla coerenza etc.
Non si riesce, spesso e volentieri, a trattare questi personaggi come Maestri di un dato periodo storico e quindi come messaggeri di un qualcosa che viene da un'altra dimensione. Di questi personaggi non deve interessarci, se non per cronaca storica, ciò che hanno fatto come vita quotidiana ma ciò che hanno scritto se frutto di ciò che hanno studiato, vissuto, sperimentato in campo "geniale". Dopodichè bisognerebbe filtrare sul proprio "miste" ciò che sono insegnamenti e suggerimenti e cercare di capire cosa di un sistema si possa applicare e usare su di sè e sul proprio percorso. Senza cercare di far quadrare i cerchi e forzare serrature ma in massima naturalezza.
Il resto si può discutere ma come confronto tra esperienze e non come dogmi o come lasciti testamentari. Se non si capisce questo succedono solo polemiche annose e pure noiose perchè non vedo chi se ne freghi se Marco Daffi era un pò matto o non esattamente equilibrato se, però, ciò che ha scritto e trasmesso risponda a Verità in campo Alchimico”.

Interviene a questo punto Cristian Guzzo, che scrive: “Gentile Apleio, volevo solo segnalarle che il titolo 'processo del mago' è stato conservato anche per la ristampa anastatica edita dalla Rebis. Cordiali Saluti” – cui fa seguito la precisazione di Luca: “E' stato solo un mio errore di battitura!”.

Apleio:
“Ringrazio per le precisazioni, Luca, l’estensore della recensione e il sig. Guzzo, che mi sembra di intendere faccia parte del team dei curatori della ristampa. Congratulazioni per il Vostro meritorio operato. Aggiungo in chiosa per S.: la Sua critica serrata mi trova assenziente a piè sospinto e quel che scrive meriterebbe una cornice magna cum laude alla serietà e al buon senso. Ma dove risiedono oggidì la serietà dell’”essere” e il caro vecchio ‘buon senso italico’? Operate le debite proporzioni e le dovute analisi, diverso è il quadro che si presenta al neofita, ancor oggi, sotto diversi meridiani. Ma non voglio tediare oltre con riflessioni personali. Riprendo un brano di lettera giuntami giusto ierlaltro da un fedele amico della Sapienza Prisca:
’Quel poco di serio che nell’esoterismo era sopravvissuto, è stato travolto, sommerso da un’onda anomala, una melma di tenebra pressappochista che è estrinsecazione e braccio secolare del Kali Yuga, fatta di relitti di uomini che tali mai sono stati, narcotrafficanti del sacro, ipocriti infetti e contagiosi, putredine animica abbarbicata come larva al cadavere di istituzioni [iniziatiche] defunte, suicide o abortite, manovrate dalle volontà catagogiche di cacodemoni dalle sembianze umane sostenuti da alibi immondi. Per bramosia di potere! Non siamo più, come dici tu, alla fase dei ciechi che guidano altri ciechi: questi di oggi, come la jella, ci vedono fin troppo bene! L’iniziazione vera […] è assorta nell’ombra del sacrario, come diceva il caro […], illibata e sorda ai volgari schiamazzi merciaioli di agorà profane e virtuali.’
Rimarco solamente che non condivido interamente questo pessimismo crepuscolare ‘orientato al declino, come un senso disperato della finitudine’, in bilico sul baratro del nichilismo, ma è bene riflettere. Non per me, né per quelli della mia generazione, bensì per i più giovani, che hanno una vita intera avanti a sé e la devono “giocare” bene, credetemi. E preminentemente, tenete sempre a mente il consiglio dei nostri Padri: “Facta, non verba!”, che in buona sostanza collima col ‘Agere non loqui’ dei Filosofi della Natura. V.A.V. 
Felix qui potuit rerum cognoscere causas!”

S:
“Diciamo che se si riparte dai ‘Facta’, lo dico da persona amante dell'esoterismo ma che non si definisce di sicuro cultore ed esperto del medesimo, si ricomincia a vedere qualcosa in questa "notte" dove mancano di sicuro i Maestri ma dove ci sono anime buone e giovani che vogliono conoscere e migliorarsi.
IN questi gg a Roma per il XXI Aprile ho capito una serie di cose come se fossero lampi di Genio esplicativi, ho capito che se si medita e si ferma il pensiero in sè si comprende il Lògos, ad esempio e si comprende come si può iniziare a praticare qualcosa senza finire in un Luna Park di rituali complessi e teorie bislacche. Ad esempio...”.

Cristian Guzzo si rivolge ad Apleio, scrivendo: “Gentile Apleio, la ringrazio per la sua gentilezza e spero che la ristampa del processo del mago sia di suo gradimento ed incontri altresì l'approvazione di altri studiosi. Cordiali saluti”. E Apleio risponde: “La ringrazio dei saluti, che ricambio con simpatia, egregio Guzzo. Sono curioso di leggere la sua introduzione, sulla quale, non dubiti, le farò sapere. Per S.: sarebbe interessante se sviluppasse il suo pensiero”.

S.
“Più che altro son partito dall'Idea che noi ed il nostro corpo non siamo la stessa cosa e quindi se si incomincia a capire che siamo mossi da un Pensiero che è personale ma che ha una fonte divina e perfetta allora possiamo incominciar a capire parte del nostro essere su questa terra con occhi meno materialistici. Magari lavorando per controllare meglio il pensiero e le sensazioni per capire cosa è pensiero puro e cosa sensazioni indotte”.

Apleio:
“Egregio Guzzo, datosi che mi ero impegnato a darle un parere sulla premessa al libro, ritorno con piacere sull’oggetto della discussione, ringraziando sempre il Sito per l’ospitalità, della quale spero non abusare. Con altrettanto piacere ho letto in questo fine settimana tanto la predetta quanto, con rinnovata attenzione, il libro, che ritengo esenti, entrambi, da riprensione alcuna. Mi complimento anzi per l’ampiezza e lo sforzo elucidativo, che sul tema specifico non trovano riscontri similari. Di una sola nota mi dolgo, se mi permette e senza alcuna intenzione offensiva: in ambedue le introduzioni, la vostra e dell’editore per intenderci, per il mio modo di vedere, sulla questione del presunto squilibrio psichico di Ricciardelli, direi di interesse fondante, si sorvola o si rimane incagliati nei luoghi comuni di certa mitografia dozzinale e speciosa. Perdipiù tale accusa in due o tre paragrafi pare perfino avallata dal vostro giudizio, al punto da affacciarsi quasi come un’ombra contraddittoria, rispetto all’analisi. Ho già fatto cenno dei deleteri effetti di un tam-tam denigratorio promulgato e ossessivamente reiterato, fin da prima dei tempi del processo, dai diretti e indiretti interessati, al fine preordinato di decretare coram populo l’invalidamento delle accuse testimoniali del barone. E perciò mi rendo conto di quanto sia faticoso infrangere questo coriaceo guscio pregiudiziale. Audacter calumniare, semper aliquid haeret… Ma vorrei, con chiara modestia, ricordare la irrefragabile perizia del prof. Cerletti, la cui attenta lettura raccomando e che da sola può risultare più che sufficiente per sancire che il Nostro era un individuo del tutto normale, sebbene marcato da una “deficienza critica parziale”, dovuta in sostanza al suo interesse per l’ermetismo. Escludendo i cavilli giuridici, che a tal riguardo si sprecherebbero, si abbia la pazienza di leggere l’intera arringa dell’avvocato Aleandro Di Stefano, acclamato luminare del foro all’epoca, per apprezzare un quadro clinico ancor più esplicito e chiaro, in tal direzione. Difficile non ammettere che un qualunque ermetista, non voglio dir fanatico, ma praticante convinto, non possa in qualche misura uscire indenne dall’analisi del clinico positivista. Difficile non ammettere, per esempio, che agli occhi algidi e razionali dello psichiatra, il regime di vita, le convinzioni e le ‘pratiche’ di un ‘osirideo’, possano senza indugio apparire ‘bizzarri’ se non ‘aberranti’ e indice certo di “manifesto squilibrio”, in specie se osservati con l’occhio degli anni ’40! Credo inoltre non vorrete ignorare l’incarico direttivo di Ricciardelli nel comitato scientifico della Società Italiana di Parapsicologia, un’istituzione illustre ormai dimenticata, riconosciuta e sovvenzionata dallo Stato, della quale fecero parte Francesco Egidi, E.Servadio, G. De Boni, V.Perrone e altri benemeriti pionieri della ricerca in ambito psichico e paranormale. In quella squadra di rigorosi specialisti, il Nostro si distinse per un buon numero di affollate conferenze, perfino all’università “La Sapienza” di Roma, delle quali si conservano le interessanti relazioni. Notevole poi il suo saggio “Ermetismo alchimico” pubblicato sulla rivista di cultura internazionale ‘Ulisse’ e l’intera sua produzione letteraria, che non possono certamente definirsi frutto di uno "squilibrato mentale". La sua biografia di Kremmerz, certuni errori cronologici a parte, è da ritenersi inoltre fra le più credibili e meritevoli di attenzione, proprio perché non lesa da alcun interesse devozionale. Ma non vorrei spingermi oltre. Ritornando, per concludere, alla sua introduzione, mi permetta ancora di aggiungere un’ultima nota che mi sovviene al momento: nonostante quanto adombrato, e ritenuto assodato per alcuni, né il Manzi, né altri briganti della cricca ‘gallo-pugliese’, subirono mai alcun provvedimento disciplinare, né sospensione, da parte del troppo buono e indulgente Kremmerz, come invece sarebbe stato immaginabile e fors’anche auspicabile, dinnanzi a conclamati reati di tal portata. I miei saluti cordiali a lei e ai Lettori. V.A.V.”.

Cristian Guzzo:
“Caro Apleio, mi complimento per la lucida analisi e per le critiche puntuali che ha saputo esprimere, cosa rara di questi tempi, con cortesia ed imparzialità. Non è stato facile per noi condensare un caso giudiziario talmente ricco e sfaccettato come quello che vide coinvolto il Barone Ricciardelli, elle pagine introduttive del Processo del Mago. Abbiamo però deciso, dopo avere preliminarmente elaborato una versione più ampia ed approfondita della nostra premessa, di limitarci ai fatti, senza esprimere giudizi di valore, nè entrare nel dettaglio delle problematiche psichiche del Ricciardelli che, come lei ha correttamente osservato, riguardavano precipuamente il suo approccio alla materia ermetica. Del resto il nostro intento non era quello di indagare i presunti squilibri mentali del nostro personaggio, bensì di evidenziare come tutti i buoni propositi e gli ideali del Kremmerz ebbero, in tempi non sospetti, ad essere deflorati da personaggi che poco o nulla avevano a che fare con la vera essenza di una ricerca spirituale. Del resto al giorno d'oggi l'oscurantismo magico sembra essere definitivamente tramontato grazie anche alle numerose pubblicazioni a stampa ed on line (fra le quali mi piace ricordare quella a firma di A., apparsa sul sito […], assai ricca ed interessante) che hanno tentato di fare chiarezza su ciò che l'ermetismo kremmerziano rappresentò sia da un punto di vista spirituale che storico. Noi non possiamo fare altro che augurarci che i lettori del Processo del Mago( pubblicato con coraggiosa onestà dal nostro amico Pierluca Pierini) possano farsi un'idea chiara di chi furono le vittime ed i 'carnefici' in tale incresciosa vicenda, tenendo sempre a mente che le colpe dei pochi non devono essere mai fatte ricadere sui tanti che con dedizione ed amore per il Pricipio Divino (che, per citare il Kremmerz, la parola imperfetta chiama Dio), percorrono la strada dell'ascenso, liberi dagli esiziali lacciuli della materia più bruta ed informe. La saluto caramente e le rinnovo i miei ringraziamenti”.

Luca:
“Stimato Cristian, io ho trovato il testo molto interessante, ben articolo ed avvincente, nonostante i retroscena esoterici non mi abbiano mai appassionato più di tanto...un merito in più al tuo libro quindi. Da quanto so, vi è stato un sincero successo di pubblico...ti rinnovo i complimenti!”.

Cristian Guzzo risponde a Luca, ringraziandolo e augurandosi che “il testo possa essere letto e meditato”, e di seguito riprende la discussione Apleio:
“Egregio Guzzo, grazie a lei; non le nascondo che auspicherei la pubblicazione, eventualmente in rete, della vostra prefazione nella sua integralità, ma su quanto scrive non ho niente da eccepire. Mi unisco anzi alla sua speranza, che i lettori ‘possano farsi un'idea chiara di chi furono le vittime ed i 'carnefici' in tale incresciosa vicenda’: tutto fuor che facile, ancora ai giorni nostri. Mi dicono caro Guzzo che è ancor giovane, beato lei, e pertanto mi permetterà, credo, di indirizzarle un consiglio dettato, con paterna bonarietà, dai miei passati intensi trascorsi all’interno delle fucine della spiritualità nostrana, comprendenti le varie appendici kremmerziane e il cenacolo dell’amabile don Ricciardo. Le vorrei suggerire, senza pretesa di insegnarle nulla, di dimostrarsi leggermente più cauto, quando con signorile altruismo segnala spazi gestiti da personaggi lugubri che, evidentemente a sua insaputa, trattano il suo nome con la stessa cordialità di una vespa in gola. Non aggiungo altro per non foraggiare con fertilizzante agli ormoni una polemica senza costrutto, eppure non posso ignorare, né tampoco tacere, che ancor oggi, a conferma di quanto già scrissi tempo fa, si ergono su pulpiti di cartastraccia novelli saggi venerandi che ritenendosi investiti direttamente da Ea di poteri divini ormai senza limiti, si credono unici detentori del Verbo Kremmerziano, e pontificano e sentenziano con ostentata protervia e sibaritico disprezzo all’indirizzo della massa orante e belante, comminando invettive e contumelie sprezzanti all’incauto interlocutore che, seppur con civile rispetto, la pensa diversamente e ignaro del destino che lo attende si pone in fatale contraddittorio col Nume guardiano del Sacro Soglio, in agguato nel pronao! Sempre nel nome, come ella pertinentemente osserva, ormai “deflorato” di Kremmerz! Palesando in tal guisa tutti i perniciosi sintomi di turbe neuronali e sottaciute isterie da prolungata astinenza, probabilmente attribuibili a reiterate indigestioni di quell’uva infetta, già sottoposta ad accurata analisi tossicologica in una mia precedente. Cosa aggiungerle in più, caro Guzzo? Che presto o tardi ci troveremo a leggere in qualche forum, senza stupirci: Kremmerz è Grande e il Saggio Venerando di passaggio, il suo Profeta! I miei cari saluti anche a lei e ai lettori. V.A.V.”.

Cristian Guzzo:
“Carissimo Apleio, la ringrazio infinitamente per le sue parole cortesi e paterne. I consigli sono sempre ben accetti, specie quando provengono da persone degnissime quale lei ha dimostrato di essere. Sono abituato alle punture delle vespe nostrane ed ho imparato ad accettarle con socratica ed umana rassegnazione, rimettendo ogni mia azione (degna o indegna che sia) alla volontà dei Numi e non a quella dei Papi. La saluto caramente e le auguro felicità e fortuna immense in questa e nell'altra esistenza”.

Apleio:
“Evidentemente, caro Guzzo, la sua indulgenza trae esempio da quella incommensurabile di Kremmerz, il che non può farle che onore. Non ci resta che sperare che il suo gesto riscuota migliore accoglienza della predetta vespa in gola, ma per ragioni fondate che ella stessa ben troppo conosce, mi permetta di dubitarne. Ritengo, d'altronde, sia convenientemente edotto circa la guerra delle non più due, ma svariate ‘rose’, sfiorite come nel noto epitalamio di Catullo, in atto da anni senza esclusione di colpi tra specie e sottospecie dello zoomorfismo kremmerziano, che ormai ha superato ogni limite, men che il ricorso alla rivoltella. Per adesso beninteso. Purtuttavia, per quanto attiene a quei loschi figuri cui intendevo riferirmi, non stia a disturbarsi oltremisura scomodando papi di ruolo e ribaldeschi tentativi di muliebre omologazione che reclamerebbero il più acconcio epiteto della dantesca Taide. Qui tutt’al più possiamo discorrere di presuntuosi sagrestani e di qualche insulso chierichetto, autoinvestitisi per intercessione dello Spirito Santo della sacrosanta missione di dar vita a periodiche crociate con brancaleoniche armate di Myriam. Chissà che non sentano anche le voci! Un tempo ormai lontano, fra i rispettivi concorrenti della Schola vigevano sentimenti mirabili, che abbracciavano l’intera gamma dei raggi dell’Amor Divino, dall’antipatia al ribrezzo, dall’odio incontenibile al disprezzo reciproco. Quest’idillio di fronte al quale un Cecco d’Ascoli sarebbe impallidito, si estrinsecava ‘pubblicamente’, in spiccioli, in un glaciale ma dignitoso silentium, che in periodi di giubileo raggiungeva perfino i vertici di una parvenza di formale disinteresse, se non rispetto. Oggi, mutati i tempi e l’etica sulla spinta del canone televisivo, vessillifero della mediatica cialtroneria, si aggrediscono, querelano e calunniano come in una lotta fra cosche abiette, per spartirsi, oltre all’’audience’, il dominio del ‘territorio’, id est lo spaccio incontrastato del coca-kremmerzismo indirizzato al sordido dominio sulle menti delle già citate, comatose, masse oranti e belanti.
Perdipiù, dalle ultime ‘news’ del gossip kremmerzese abbiamo la conferma che ciascun ‘cantastorie’ ama raccontarla e raccontarsela come più gli aggrada, inserendo e omettendo quanto più consono e confacente al proprio tornaconto, discrepanze palesi e anomie afilologiche incluse. Da siti nati con l’acribico intento ‘di rimanere fuori da sterili polemiche e da inutili rivendicazioni’, si inveisce e si sbraita su tutto e su tutti, men che sui propri campioni di un torneo tutt’altro che cavalleresco: scopriamo così, rimanendo di stucco, che quelli che fino a ieri credevamo ‘maestri’, o al minimo ‘dottori’ della patristica kremmerziana, hanno perduto l’aureola e sono d’un tratto degradati al subumano livello di mentecatti, rimbambiti, millantatori, impostori e circonventori d’incapaci! Apprendiamo poi, con rossiniano smarrimento, che i percorsi alchemici della ‘via secca’ e della ‘via umida’, sono declassati a puro oggetto di diatriba iniziatica vertente sul simbolismo e sul valore maggiore, sempre rigorosamente in ambito di alto magistero, dei comunissimi timbri a secco e timbri a umido! Ma ormai timbri, lettere, foto, dediche, scarabocchi e appunti di Kremmerz, o di qualche rara eminenza grigia del suo seguito, non ancora retrocessa, sono venerati come oggetti di culto feticistico. Pensate che in una delle tante scalpitanti consorterie, si è aperta una sezione intitolata ‘Reliquiario’ (sic!), con foto e descrizioni di una penna stilografica utilizzata da Kremmerz per vergare le sue ‘pagelline’! Di tal passo non tarderemo a provare il deliquio estatico, quando vedremo apparire sul web il miracoloso pitale di Kremmerz!
Mi chiedo: dove sta e cosa c’entra con questa confusa e compassionevole fiera delle vanità, l’amabilità, la bonaria comprensione, la tolleranza e lo stile di un Kremmerz, che malgrado le afflizioni, i drammi familiari e le nefandezze dei discepoli ‘più progrediti’, riusciva sempre a mantenere una serafica imperturbabilità, ad avere una parola buona per tutti, a dimostrare sempre, in ogni frangente, la discrezione e l’equilibrio propri del riserbo, della serietà e del distacco dell’iniziato?
Ma ritorniamo a noi, caro Guzzo, e scusandomi con lei e i lettori per essermi dilungato assai oltre i miei propositi, voglio ringraziarla delle espressioni che mi ha gentilmente rivolto, lontane da ogni mio merito e ancor più degli auguri finali, che mi tengo ben stretti per ciò che mi resta della vita presente. Per quel che attiene alla postuma, mi perdoni se in segno scaramantico ricorro immantinente agli apotropaici ‘attributi’! Nell’’altra’ vita ho scarsa fiducia, né fretta di ricredermi, e comunque, come amavano ripetere con lodevole insistenza i nostri Padri, multi homines inconsulti sunt: spe maiorum rerum, sed incertarum, etiam quae in manibus habent saebe ammittunt!
Vorrei conchiudere allacciandomi all’incipit, ovverossia al suo socratico disinteresse verso gli Aristofane della situazione. La comprendo, e non mi sfugge il calzante parallelismo con il nobile intento del Filosofo di porre in severa discussione tutto quel che si pretenderebbe imporre per verità assoluta. Ma, sempre per mantenermi nell’alveo socratico, la esorto di nuovo, sempre benevolmente, a non eccedere e a tenere sempre a mente che chi troppo Socrate si fa, cicuta si sorbisce! I più calorosi saluti e auguri, a lei e ai Lettori del Forum. V.A.V.”.

Apleio:
“Chiamato indirettamente in causa da un Saggio Venerando in transito terreno per unirsi a un dibattito dai toni salottieri, in onda in uno spazio che sta a Kremmerz come una cozza alla Venere di Milo, raccolgo la sfida e rispondo divertito a cotal personaggio protetto da un altisonante pseudonimo che richiama la cenere di una fenice, che evidentemente oltre la cenere non è andata, e che tuttavia ben conosco. Il tema è sempre la ‘storia’, la ‘vera storia’ beninteso, redatta da un altro personaggio pirandelliano e gran saggio venerando anch’esso, che sull’onda anomala di un entusiasmo visionario e rivelatore, sostenuto da una claque compiacente e pilotata, ha creduto potersi spingere ben oltre i propri limiti, per giungere fin là dove osano le quaglie, per “vendicare” Kremmerz e ‘rivendicare’ la veridicità appunto, assoluta s’intende, della propria ‘storia’. Premesso che non ho da difender né da far pubblicità a niente e nessuno, essendo estraneo a qualunque bicocca kremmerzese, chiarisco e ribadisco che la presenza di una “interpretazione” in più riesce sempre utile, per quei motivi elementari che ho già esposto in altra mia. Ma le cose si complicano quando da semplice ‘versione’ della storia, con tutte le omissioni, i supplementi, le pispole e i ricami di pedestre prammatica che possono renderla più o meno gradita e stimolante, si passa alla pretesa di una Storia scritta con la maiuscola. Lati positivi e virgulti di un certo interesse ve ne sono, è innegabile, in quel poco di nuovo che propone, per altro già in parte noto o annunciato da altri. A meno che certe magagne tramandate per di più oralmente si vogliano considerare uno scoop, o che i limiti e il rimbambimento di un Lombardi, con tutto quel che ne consegue, si intendano far passare per il quarto segreto di Fatima. I difetti e le pecche sono invece molti di più: oltre quanto anteriormente elencato in modo succinto e lo scivolone finale di stile, che trasforma la narrazione in un becero pettegolezzo che non ha niente da invidiare ai ‘colleghi’ di altre congreghe, potrei suggerire una documentazione scarsa e frammentaria, inattendibilità delle fonti e delle testimonianze, mancanza di irrefragabili elementi probanti a sostegno plausibile delle ipotesi formulate e delle tesi adottate, eccesso di impressioni personali e deduzioni viziate dal ruolo di parte…e mi fermo per non proseguire con più consona ma tediosa terminologia giuridica. Se si vuole, possiamo passare pur’anche alla disamina dei singoli dettagli, ma alle mie contestazioni formali giunge, in soccorso inaspettato, giustappunto l’autore e curatore della storia sullodata, il quale, messo alle strette da un interlocutore misuratamente critico, candidamente e testualmente ammette e conferma: ‘perché io non sono nè ho mai preteso di essere uno storico che descrive una situazione da fuori, ma sono un kremmerziano attivo’ (verrebbe spontaneo il chiedersi sgomenti a questo punto qual sia l’inquietante differenza fra kremmerziano ‘attivo’ e ‘passivo’, ma trans..eat!) – e ancora – ‘io non sono e non ho mai detto di essere uno storico neutrale bensì un kremmerziano’. Signori della Corte, mi verrebbe spontaneo il dire, dinnanzi a “confessione” di tal fatta, ogni commento appare pleonastico e il caso è risolto! Contraddizioni comprensibilissime e umanissime, è pur vero, ma condannate senza possibilità d’appello dai sacrosanti e rigorosi crismi della canonica ricerca storica, quella vera! Sarebbe come se un partigiano convinto pretendesse di scrivere la “vera” storia della guerra civile in Italia, o viceversa. E allora, perché chiamarla con quell’inadeguato, fallace e pretenzioso titolo, quando con più confacenti onestà e umiltà, bastava definirla ‘La mia opinione personale sulla storia della Fratellanza di Miriam ad uso e consumo dei Devoti Confratelli’? In questo modo ci saremmo trovati davanti a un rispettabile e decoroso “punto di vista”, coi suoi pro e i suoi contro, da aggiungere ai già bypassati mélanges delle altre contemporanee camarille kremmerziste, perché questo in sostanza rimane nel piatto alla fine della festa. Niente di più, ma anche niente di meno. Soprattutto, come altri hanno fatto notare, sarebbe stato doveroso per chi si qualifica kremmerziano serio, evitare drasticamente come peste bubbonica, di vomitare rabbia, risentimenti e rancori che evidentemente covava da anni e che, purtroppo, lo pongono immediatamente e automaticamente sullo stesso riprovevole piano di coloro che hanno fatto terra bruciata di ogni residuo di serietà nel già malconcio parterre postkremmerziano, ovverosia “altre” ed “altri” burbanzosi sottoprodotti dell’albagia storiografica kremmerzese. Come si può, per esempio, basare una ricostruzione che velleitariamente pretende di passare per “storia” – ripeto, in parte comunque interessante e condivisibile – sulle testimonianze presunte e verbali di persone decedute, peraltro discusse e discutibili, alle quali è possibile far dire di tutto e il contrario di tutto, o lanciare accuse infamanti a individui altrettanto e ampiamente defunti, che non hanno alcuna possibilità di replica o di difesa? Che se poi andiamo a inoltrarci nel circo delle pulci testimoniali, cosa troviamo? Che dopo ‘I Sette Samurai’ di Akira Kurosawa, finalmente anche noi possiamo vantare la gloria e le gesta dei ‘Sette Osiridei’! Sì, perché i supertestimoni dell’intera vicenda sono, udite udite, non uno né due o tre, ma ben ‘sette osiridei’(sic!), tra i quali spiccano almeno due nomi della famigerata banda Bassotti che ordì la truffa magico-nummaria ai danni di Ricciardelli. So che il paragone può apparire blasfemo (per Kurosawa), ma sempre di registi e sceneggiate si tratta. Mi fermo poi attonito quando leggo che uno di questi “osiridei”, tal sora Prudenzina (sic!), ‘discepola strettissima di Borracci’ passata al ruolo di cara estinta anch’essa, conosceva la storia miriamica più dell’autore, dell’interlocutore e di tutti gli altri cantastorie esistenti “messi insieme”! Incredibile. E noi, che per decenni abbiamo dovuto ricorrere al mercato nero delle solite sparute biografie circolanti sottobanco! E quale inusitata costernazione per il mondo accademico, rimasto orfano di cotale e cotanta conoscenza, della quale non si vagheggiava nemmeno l’esistenza! Non mi rimane a questo punto che suggerire all’autore di utilizzare un po’ più di osiridea ‘prudenzina’, allorché si accingerà a scrivere le future eventuali appendici! 
E per il momento fermiamoci qua. Avrei alcune altre riflessioni di un certo rilievo da aggiungere, ma essendomi dilungato fin troppo, a carico della pazienza dei Lettori di questo Forum – che ringrazio sempre per l’ospitalità concessami senza ombre di mannaie censorie – e del tempo mai troppo, che come in Otello reclama il suo tributo, rimando anch’io alla…prossima puntata. V.A.V.”.

Interviene a questo punto L.Parente, il quale, rivolgendosi ad Apleio, scrive:
“Se lei avesse un minimo d’onore e di dignità, cosa che evidentemente non ha, verrebbe a discutere le sue questioni nell’apposito forum con i diretti interlocutori senza nascondersi vigliaccamente dietro un secondo pseudonimo. Certo è che se questi sono i suoi argomenti è facile spiegarsi perché abbia preferito non avere interlocutori al di fuori di se stesso. Credo che nessuno, al di sopra dei 15 anni, la prenderebbe minimamente in considerazione”.

Ribatte Apleio:
“Gentile Signor L. Parente, nervosetto anche Lei? Ma come mai tanta irritabilità e incontrollata reattività menopausale, in questi neokremmerzisti, quando li si punge dove usualmente non batte l’astro osirideo? Scusi tanto, ma non posso fare a meno di domandarLe incuriosito: che si tratti di altri effetti clamorosi delle supposte pratiche, autenticissime come le tavole mosaiche s’intende, dispensate dal circolo ricreativo cui Ella presumibilmente appartiene? O…non sarà forse – permettetemi un microgrammo di omeopatica insinuazione – che a ‘lor signori’ dia tanto, ma tanto fastidio dover constatare che qualcuno inizi finalmente a stancarsi dei soliti edulcoranti sermoni, reiteratamente smentiti dai fatti, di chi predica male e razzola peggio, o che si scopra il sudario che nascondeva e nasconde i tanti, troppi, cadaveri eccellenti nascosti nelle soffitte e negli scantinati pseudo kremmerziani, oppure che si cerchi di salvare le ingenui piume di quei fagiani ignari, che in piena ‘caccia’ aperta, rischiano di finire crivellati dai pallini di un piombo che non si trasmuterà mai in oro? 
Vede, Signor L.P., forse La stupirò, ma Le sono più che grato della Sua ‘risposta’, il cui tono amabile e affettuoso ricambio con sentito e veritiero trasporto, perché, come precedentemente accaduto, costituisce il più eloquente biglietto da visita, o per dir meglio, la più nitida fotografia del livello di bon ton interlocutorio adottato giusto in quel forum, verso chi azzarda critiche che travalichino la genuflessione. E veniamo allordunque alle Sue ‘critiche’, espresse in un raffinatissimo stile oxfordiano, del quale non posso che complimentarmi, ammirato, con tanto di chapeau. Non so se ‘L. Parente’, corrisponda al Suo vero nome o se con esso intenda accennare a un eventuale addentellato parentale con qualche saggio venerando, o con il Signor S.B, che ebbi l’onore immeritato di conoscere e apprezzare in questa stessa sede, ma non mi pare che quegli stessi saggi venerandi di quel forum, né, per quanto mi consta, la maggioranza almeno degli iscritti, si presenti con nome e cognome autenticati da relativo certificato di nascita ad uso legale. Estrarre da un inutile cilindro parole importanti e certamente serie, come ‘onore’ e ‘dignità’, non Le sembra, di conseguenza, appena imponderato e fuori luogo? Ma queste lo so, sono quisquilie. Forse La deluderò, Signor L.P., ma non sono iscritto a quel forum – i testi del quale mi sono stati trasmessi da due gentili amici – per motivi, come già ho tenuto a porre in chiaro, di inflessibile principio. Perché non vedo proprio la ragione per cui, per esservi ammessi, si debba sostenere un preselettivo esame d’idoneità e stilare un apposito compitino in bella copia, per sperare poi di superare l’agognata prova della sfinge (il vecchio trucco è sempre quello, e insito nel metodo: prima ti sottometti e poi ne riparliamo, tanto per chiarire)! E poi, per cosa? Per essere scrutato, testato, vagliato, soppesato e fors’anche istericamente redarguito, da codesti sommi giudici tribunalizi della parodia di Nergal? Ma per favore! E comunque, Signor L.P., se tali Signori – si fa per dire – intendessero ‘rispondere’, bontà loro, dall’alto dei loro pulpiti diocesani e interloquire in campo neutro, che si accomodino! Forum de (…) permettendo, io son qui, pronto e giocondo, come nella celebre romanza: non temo alcun confronto e anzi, mi s’invita a luculliani rinfreschi nuziali! E infine, Signor L.P., La prego, se decide di concedermi il privilegio di una risposta sensata – ad impossibilia nemo tenetur – abbia la bontà di addurre qualche elemento, non pretendo serio, ma utile almeno, a maggior conforto di quanto spero sia consapevole voler lucidamente sostenere, evitando magari, tuttavia, di venirmi a sussurrare sui clavicembali altre amene arie arcadiche da repertorio d’occasione, che immagino L’abbiano costretta a supplementi ingenti d’impegno neuronale, del tipo: ‘Credo che nessuno, al di sopra dei 15 anni, la prenderebbe minimamente in considerazione’, poiché la Sua, forse non se ne sarà accorto, è una contraddizione in termini, che fa solo sorridere di tenerezza. 
Ab uno disce omnes!... V.A.V.”.

La discussione si fa sempre più rovente e la risposta di L.P. ad Apleio è la seguente: “Lei non sta bene, si faccia aiutare. Saluti di pronta guarigione. Addio”. La replica di Apleio non si fa attendere:
“La Ringrazio di nuovo, e commosso da tanta premura ricorro testè, ancora una volta, ai collaudati apotropaici gioielli di famiglia. Vorrà dire che per farmi dare il colpo di grazia ricorrerò al circolo ‘terapeutico’ parrocchiale al quale Ella, con tutta evidenza, appartiene. Adieu.
Obsequium amicos, veritas odium parit! V.A.V.”

Subentra nella discussione Ulisse, il quale sottolinea “sportivamente” il “duello” in atto, in questi termini: Apleio: 4 - S.B: 0 / Apleio: 2 - L.Parente: 0 – Sotto a chi tocca.
Subito dopo, prosegue scrivendo: “Gentile Apleio, invece di perdere tempo con questi fessi di kremmerziani perchè non approfitta di questo forum per tratteggiare la bella e specchiata figura del compianto barone Ricciardelli? Mi piacerebbe conoscere la vera storia di questo autentico ermetista così tanto vituperato dal pecorume kremmerziano.Con simpatia. U.”.

Apleio:
“Gentile Ulisse, voglia scusarmi per il ritardo, ma gli obblighi professionali mi concedono un po’ di tempo libero soltanto al fine settimana. Sono lieto che abbia scelto, forse non casualmente, il nome dell’eroe di un poema iniziatico; un eroe-uomo con il cuore gonfio di vero pothos, come scrive Hillmann, e il più simile a noi mortali. Le sono particolarmente e doppiamente grato: in primo luogo perché ha avuto la bontà di citare il caro don Ricciardo, causa e motivo principali della mia presenza in questa sede, che in seguito mi hanno portato a spingermi oltre, disinteressatamente, per tentare di aprire gli occhi ai giovani che rischiano seriamente di rovinarsi qualche anno di vita, se non la vita intera, cadendo nelle reti affabulatorie dei kremmerzianti dalla bubbola facile. E poi perché scopro con chiaro piacere finalmente, che nonostante quel teatrino melodrammatico sempre più costellato di ipocrisia e seriosità faccia talvolta temere il contrario, in realtà non si è ancora spenta del tutto l’epicurea fiamma dell’ironia, che le fa onore e che tanto giovamento procurerebbe a quelle inacidite zitelle tronfie e bigotte, che impestano il così detto ‘ermetismo’ kremmerzese. Purtuttavia mi dispiace che voglia, anche se ne ha ben donde, definire ‘fessi’ tutti questi poveri kremmerzisti (definirli ‘kremmerziani’ comporterebbe un abuso di credito), ormai alla frutta, e per frutta intendo naturalmente quell’esopiana uva fogarina che si coltiva nelle serre della Val Brembana giustappunto per loro. Le assicuro che per taluni si adatterebbero epiteti assai peggiori. Specialmente per quelli e quelle che pur di evitare di apporre un definitivo cartello di fallimento sulla propria esistenza alla deriva, si ostinano con lucidità criminale e diabolica, nel senso strettamente etimologico della parola, a perpetuare nelle nuove generazioni i loro venefici errori e quelli dei loro irresponsabili ‘maestri’, come in una tragica catena di sant’Antonio diffusa da portatori consapevoli d’un’infida patologia virale. Ma non possiamo generalizzare. In verità, pensi che nella mia estesa e prolungata esperienza, ne ho conosciuti moltissimi, almeno tre o quattro, che con uno sforzo rischioso per l’incipiente lombalgia, potrei anche spingermi a definire ‘kremmerziani seri’. Parafrasando un’arcinota frase, parrebbe ormai che gli unici kremmerziani buoni siano quelli passati a miglior vita. Soprattutto i ‘testimoni’.
Ma lasciamo da parte gli scherzi e non dubiti, caro e simpatico U., che prima del suo ritorno a Itaca, le scriverò qualcosa di inedito e interessante, spero, sul buon Ricciardelli. I più cari saluti. V.A.V. 

P.s.: caro Guzzo, la ringrazio della bella lettera scritta in privato, delle sue parole e delle riflessioni che condivido in toto. Le risponderò entro domani, ma per aperitivo le comunico che quanto le avevo anticipato circa i rischi di una sua eccessiva indulgenza socratica, trova puntuale conferma in questo recentissimo commento, che non credo richieda didascalie né indirizzo del mittente: 
’Secondo Lei di fronte a tutto questo io sarei dovuto restare calmo e distaccato in maniera tale da dare alla ‘mia’ storia un tono di maggiore obiettività, così che magari possa venire citata e discussa su riviste patinate o nel prossimo squallido libro sugli arcani degli arcani degli arcani.’”.

Cristian Guzzo:
“Caro Apleio, ci tengo a ringraziarla per la bella pagina con la quale ha voluto replicare ad Ulisse ed ancor più per l' interessante punto di vista che mi coinvolge e nei confronti del quale (mi creda, lo dico senza alcuna ironia) nutro il massimo rispetto. Io continuo socraticamente a sorseggiare la mia cicuta e ad andare avanti per la mia strada, senza nutrire interesse alcuno per le diatribe interne al mondo kremmerziano, che non fanno altro che dividere ( e non 'separare') coloro che dovrebbero sentirsi seguaci della scienza dell'ascenso. La saluto caramente unendomi all'augurio di Ulisse di leggere qualcosa di suo dedicato alla figura di Ricciardo Ricciardelli”.

Cristian Guzzo:
“PS: Come ho specificato nel mio precedente post, rispetto le opinioni di tutti ma, senza volere sollevare alcuna polemica poichè non interessato a schermaglie di alcun genere, vorrei che il 'simpatico personaggio in cerca d'autore di pirandelliana memoria' che accusa il sottoscritto di squallore e che è talmente coraggioso e fiero da nascondersi dietro improbabili pseudonimi, riflettesse su quanto il caro Apleio ( nei riguardi del quale ho sviluppato un sincero sentimento di affetto e di stima) ha scritto a proposito del suo tono amabile ed affettuoso:
''che ricambio con sentito e veritiero trasporto perchè (...) costituisce il più eloquente biglietto da visita, o per dir meglio, la più nitida fotografia del livello di bon ton interlocutorio adottato (...), verso chi azzarda critiche che travalichino la genuflessione''.
Sono altresì assai colpito nel constatare che, dinnanzi ad un pianeta Terra popolato da feroci cacodemoni che stanno progressivamente divorando ogni residuo di Luce, in un mondo nel quale le aberrazioni (stupri, pedofilia, omicidi efferati compiuti per futili o inesistenti motivi, guerre, distruzioni sistematiche delle foreste, inquinamenti selvaggi dei mari, etc) sono ormai all'ordine del giorno tanto da non suscitare quasi più indignazione nelle masse oramai anestetizzate dalle cocaveline e dai ginnasti della lingua e dello sport, ci siano individui che hanno ancora il tempo e soprattutto la voglia di affannarsi ad inseguire e rivendicare primati iniziatici e spirituali. Del resto è giusto che coloro che si sentono la reincarnazione di questo o quel Faraone, di questo o di quel grande diplomatico o condottiero del passato, dopo avere preso ripetute lezioni di equitazione, dimostrino alle greggi di essere in grado di restare ben ancorati alle selle dei loro cavalli, con la lancia in resta e pronti a colpire i dissidenti dello Spirito. Di fronte a cotanta aristocrazia dell'anima, da eretico impenitente, io mi accontento (mi si perdoni la necrofora metafora), come scrisse il grande Totò, di una ''tomba piccerella, abbandunata, senza manco un fiore; pe' segno, sulamente 'na crucella. E ncoppa 'a croce appena se liggeva: "Esposito Gennaro - netturbino": guardannola, che ppena me faceva stu muorto senza manco nu lumino!''. 

Dopo quest’ultimo contributo al dibattito, entra in scena il curatore del sito, il quale con un lungo post evidenzia i motivi che lo inducono a decretare la chiusura ufficiale della discussione.
Riesce a inserire alcune ultime righe di risposta Cristian Guzzo: “Un sentito e sincero ringraziamento al (…), per avere giustamente chiuso una discussione che, purtroppo, sarebbe inevitabilmente degenerata in futili schermaglie”. Dopodiché interviene infine l’amministratore del forum, che, preso atto “che la tematica in oggetto si è esaurita e dunque non rimane altro da fare che chiudere”, formalizza il blocco e applica il “lucchetto”.
Da parte nostra, potremmo inserire lettere e messaggi molto interessanti, anche recentissimi, ricevuti in seguito, ma anche per non alimentare polemiche inutili, non aggiungiamo altro. Lasciamo ogni possibile giudizio, ogni eventuale commento, ogni libera interpretazione, ai Lettori.

(Tratto da “Elixir” n° 9 – Ed.Rebis, 2010, con il permesso della Casa editrice)