“La natura solare ed aurea in te allora potrà rompere l'equilibrio ed
essere più forte: l'altro - il tuo io, i tuoi sensi, la tua mente -
sarà sotto di te. E potrai anche sospenderli: renderli inerti,
neutralizzati, fissati: è il Silenzio, « l'estinzione della mania», il
dissiparsi della nebbia. Allora nel tuo occhio rischiarato,

lampeggerà la visione ciclica, integrale:
vedrai la tua essenza trascendentale, il destino degli esseri
e delle cose tutte e il regno di « Coloro che Sono»”1

Nell’ambito delle diverse civiltà, un’analisi antropologica alquanto superficiale ha sempre inquadrato le tradizioni d’Oriente come caratterizzate dalla via della Contemplazione, spesso al limite del misticismo se non del fideismo,e le tradizioni d’Occidente come caratterizzate dalla via dell’Azione, spesso in un rapporto quasi irriducibile. Al contrario, è importante ricordare come i segni di entrambe le vie di realizzazione, depurate dalle false interpretazioni moderniste di stampo religioso o scientista, siano riscontrabili sia in Oriente quanto in Occidente. A chi, soprattutto, ravvisa nelle civiltà orientali una specificazione di stampo puramente contemplativo e sacerdotale, non possiamo non ricordare l’illuminante dottrina guerriera dello Zen, ma anche le virili epopee dell’India vedica:”il Brahman crea una forma più alta e perfetta di se stesso, che è l’aristocrazia guerriera e la serie delle divinità guerriere.....non vi è nulla di superiore all’aristocrazia guerriera, e il sacerdote venera umilmente il guerriero quando ha luogo la consacrazione di un re2.

Dalla presenza simultanea in tutte le forme tradizionali di orientamenti diversi, ma organicamente unitari, possiamo intuire come ciò non sia altro che il retaggio di una realtà superiore, di una realizzazione che primordialmente riuniva in sé le due vie dell’Estasi Filosofica e dell’Azione, dell’Ermetista e dell’Eroe, la casta originaria di Hamsa, l’epopea primigenia dei Sapienti e dei Sovrani, che esisteva nel Krita-yuga, nell’Età Saturnia, che allo stato indifferenziato conteneva i quattro varnas successivi, quando il Rex era tanto Imperator quanto Pontifex. Vi è sempre stata, pertanto, al di là di mutamenti storici, religiosi e civili, una Radice Una, una Fonte, un’Origine del Divino nel Mondo, un centro di luce che permea interamente il manifestato non accusando mutamenti nella sua natura unitaria, che è presenza simultanea nella Natura e nell’Uomo, come Sole Spirituale e come Egemonikòn, come Sovrano Interiore, quindi un percorso iniziatico strettamente aristocratico che regalmente ed eroicamente dal Divino si diffonde ed allo stesso riconduce, prismaticamente, superando attivamente ogni divisione, ogni parzialità, ogni ottica settaria, perché tale il viatico che conduce non alla propria terra, non alla periferia, ma al Centro e sulla Vetta:”…la Tradizione è un Albero, del quale non si può pretendere salvare a piacimento questo o quel ramo abbandonando alla distruzione il resto: la morte del tronco trascinerà con sé fatalmente anche quella del ramo che si è tentato insensatamente di salvare staccandolo dal tutto cui organicamente appartiene3.

Ciò a cui facciamo esplicito riferimento è quella dottrina ermetico-alchimica che in forme alquanto simili è stata presente in moltissime civiltà, nel Taoismo nelle sue forme esteriori e in quelle più esoteriche, in India, ma anche nell’Islam e nella Cristianità, anche se tra molti e “salvifici” camuffamenti: all’ermetismo si è potuta associare la parte più speculativa dell’Arte,  mentre all’alchimia è necessario abbinare la parte più strettamente operativa. Il fine, però, del presente articolo è un inquadramento generale e per quanto possibile sintetico di come tale dottrina si sia “occultamente presentata” nell’ambito della Tradizione d’Occidente, che per noi è Tradizione eminentemente Classica.4 Un primo elemento su cui una chiarezza cristallina si deve assolutamente affermare è la nozione di dottrina, di un corpus unico di insegnamenti iniziatici, che tramite vie sotterranee si è perpetuato nel corso dei secoli, come è possibile ritrovarlo in autori greci, arabi, fino a giungere al Medioevo ed alla Rinascenza; la sapienza ermetica la ritroveremo dai simboli più alti della Romanità pagana fino alle espressioni della più sensibile metafisica cristiana. Sull’unicità dell’arte ermetica, poi, varie ma non equivocabili sono le espressioni:”Notate che, quale pur sia il modo con cui [i filosofi ermetici] hanno parlato, natura è una sola, ed essi sono tutti d’accordo, e dicono tutti le stesse cose…sappiate che noi siamo tutti d’accordo, qualunque cosa diciamo… Accordate dunque l’uno con l’altro e studiateci; poiché l’uno rischiara ciò che l’altro occulta, e chi veramente cerchi, può trovare tutto5.

Tale linguaggio, inoltre, si caratterizza per la sua enigmaticità, essendo appunto ermetico, esprimendosi con simboli, allegorie e metafore che si ricollegano alla natura dei metalli, che assurgono ad una valenza essenzialmente spirituale, di trasfigurazione, di occultamento quanto di regale solarità: il senso rigenerativo dell’alchimia è nel suo principio di Verità Trascendente, come processo trasmutatorio delle componenti organiche e psichiche dell’Uomo. La lavorazione della pietra grezza, di cui parlano i testi, è in realtà il superamento cosciente ed attivo della razionalità ordinaria e di veglia ed in questo lavoro il senso simbolico dell’Artista, delle sue mutazioni, dei suoi combattimenti, esplicita il viatico di ascesa alla dimensione profonda del Sacro, di come egli stesso sia stato non un semplice rappresentatore, ma un realizzatore nel Mondo di realtà conquistate in sé. Sono allegorie le favole, le parabole, i miti del mondo egizio, greco e romano, utilizzate spesso dagli alchimisti per  descrivere  le  loro trasformazioni, ma anche le figure fantastiche riprese dal mondo animale e soprattuto dal mondo cavalleresco, giustificandosi anche da ciò l’aggettivo “eroico”, che noi applichiamo al percorso di rigenerazione ermetica.6

Si ritiene, infatti, che solo una conoscenza rara ed acquistata con un lavoro metodico possa garantire alle persone dignificate, preparate ad orientarsi dopo numerosi e faticosi tentativi nel proprio labirinto animico, predestinate per le loro doti intrinseche, l’accesso ai segreti o meglio ai “secreti” dell’Arte:”Se voi dunque siete un uomo imbevuto dello spirito sacro della religione, se nutrite sentimenti di pietà, se credete senza essere sfiorato dal dubbio, se siete tale a cui l’autorità delle cose sacre e la natura abbiano conferito la dignità che le divinità non disdegnano, voi potrete pregando, consacrando, sacrificando, invocando, attrarre le virtù spirituali e celesti e…dare anima e vita a qualunque opera magica7. Tutti gli altri sono sviati intenzionalmente per impedire che  s’impadroniscano di un potere e di una conoscenza che la loro indole non evoluta non può  che volgere al nulla: non casualmente la Bhagavad-Gità recita che “Ciò che è giorno per il saggio, è notte per l’ignorante”. A tal punto, è chiaro che il concepire l’Arte Alchemica come una spuria antesignana della chimica moderna, è sintomo di una forma mentis di natura scientista e modernista, che non riesce a cogliere la profondità trascendente del Magistero, dei suoi simboli, degenerandoli nelle fantasticherie e nelle ciarlatanerie dei cosiddetti soffiatori o bruciatori di carbone, che stoltamente ricercavano la trasmutazione materiale dei metalli:”Se l’alchimia fosse una mera questione da ciarlatani, il suo linguaggio sarebbe improntato all’arbitrio e alla stoltezza; al contrario, essa possiede tutti i caratteri di una genuina tradizione…una dottrina organicamente coerente8.

L’Ars Regia, designazione caratteristica della conoscenza ermetico-alchemica, deve, per i motivi che abbiamo summenzionato, essere considerata una filiazione diretta della Tradizione Primordiale ed Universale, significando un processo di ascensione spirituale che presenta quei tratti di eroicità, di qualità virili che ne riportano la dottrina alla Regalità Divina delle origini. Si manifesta una via realizzativa che si esprime nei miti di tutte le forme assunte dalla Tradizione, che si prefigge il fine di riconquistare lo stato noetico assoluto, di “fabbricarlo” – da qui l’accezione di Opera -, secondo una visione della vita che non mira ad una devozionale adesione all’universale, ma ad una luciferina e titanica sfida contro il cielo, per il suo dominio, per la sua riconquista:”Così è lecito dire che un uomo terrestre è un Dio mortale e che un Dio celeste è un Uomo Immortale 9

A tal proposito, crediamo sia illuminante evidenziare la valenza simbolica dei miti greci e romani legati alla figura eroica di Ercole e dell’iniziazione solare di Mithra, in cui le virtù eroiche e virili possono maggiormente esprimere la propria significazione ermetica. E’ fondamentale operare un’iniziale separazione tra la figura dell’Ercole, greco o romano che sia, da quella dell’Ares greco, mentre un’assimilazione col Marte romano è più che accettabile. Mentre la divinità greca della guerra è associabile ad una natura violenta, ad una virilità selvaggia, Heracles e Marte rappresentano la “fissazione”, la sublimazione di tale furor, una virilità eroica, che manifesta la vittoria, simboleggiata dalle fatiche erculee, come cammino iniziatico di purificazione e di reintegrazione, che vede nel numen di Apollo il Principio immutabile e solare, a cui, appunto, tende l’azione sacrificale:”in Roma come in Grecia con Eracle, si “conosce” la necessità (per la Via Eroica) di sublimare l’elemento guerriero con tratti ancora titanici (Ares, Marte “volgare”), si può vedere quanto sia univoca la Tradizione Occidentale, ritrovandovi la stessa legge presente nell’ermetismo alchemico, dove, esotericamente, essa definisce la “Via al Cielo” degli Eroi, cioè la stessa Tradizione di Roma”10.

Similmente nei misteri mithriaci si realizza un’impresa eroica, con l’uccisione del toro, simbolo dell’animalità microcosmica da superare, da vincere – nell’Opera ricorre spesso l’immagine di un mostro da abbattere ed è emblematica l’espressione “tagliare le ali al drago”-; al grano germogliato dal sangue dell’animale caduto in Terra si avvicinano, in seguito, animali selvatici pronti a cibarsene, che, nel percorso iniziatico-simbolico, è importante allontanare, a conferma che le scorie combustibili non sono ancora del tutto esaurite: la fissazione regale si realizzerà con la vittoria di Mithra sul Sole stesso, esplicitando quella “violenza ai cieli”, di cui si accenna nei Vangeli. E’ questo lo stesso ciclo eroico di Achille, di Odisseo, sempre tutelati da Athena, l’Intelligenza Divina ed Armata, figlia senza madre, indi che supera l’aspetto generativo, del Principio Uno, Zeus, che permette di conquistare quella nobiltà e quella grandezza d’animo che trasforma, nella Grecità, il myste, il neofita, il profano alle soglie del Tempio, nell’anèr omerico, l’uomo risvegliato quanto più simile agli Dei11.

Inoltre, come abbiamo accennato all’inizio, l’Opera alchemica utilizza un linguaggio criptico che, nella maggior parte dei casi, fa riferimento ad una simbologia minerale, che sarà molto utile approfondire sinteticamente, essenzialmente in quelli che sono i tre elementi costitutivi e principali, che elenchiamo in ordine di trattazione: Mercurio, Zolfo e Sale. Essi sono i tre aspetti della Natura, mediante i quali si sviluppa il Divino nella Manifestazione, secondo la tripartizione dello Yoga Sutra di Patanjali12

ovvero secondo la tradizionale tripartizione microcosmica: sattva, con una direzione ascendente, corrisponde allo Zolfo, allo Spirito; rajas, con una direzione orizzontale, corrisponde al Mercurio, all’Anima; tamas, con una direzione discendente, corrisponde al Sale, al Corpo. Il Mercurio è la designazione ermetica e metallica della “materia prima”, dell’indifferenziazione primordiale, del mare originario, espressione dell’anima mundi; nella tradizione indù è la manifestazione di Prakriti, della Sostanza Universale, di Gea, della Terra Madre, il grande mistero dell’ έν τό πάν, del Tutto, della Fons Perennis della Natura:”il mercurio viene chiamato anche “sangue materno”(menstruum), poiché se non sgorga verso l’esterno guastandosi, esso nutre il germe nel grembo materno alchimistico, cioè nell’athanor13.

Esso, anche denominato Acqua Mercuriale, Veleno, Solvente Universale, essendo essenza psichica, media tra la grossolanità del corpo e la trascendenza dello spirito, potendo, una volta attivato, agire da liberatore:”L’essere si libera dalla morte con un’agonia, che si compie nella grande angoscia dell’impressione, la quale è la vita mercuriale…Questo spavento viene dal Mercurio, o angoscia della morte14

Tale associazione non può non ricondurci alla funzione della Donna nell’occulta poetica stilnovista, come alla potenza della Shakti nel Tantrismo. Un’ultima considerazione si rende necessaria su questo elemento: il Mercurio assume la valenza di “doppio”, maschile-femminile, a seconda che sia allo stato “fissato”, cioè “ignificato”, sotto il segno del Sole, con le corna della costellazione dell’Ariete, quindi prossimo allo Zolfo, oppure allo stato “volatile”, sotto il segno della Luna, quindi più vicino alla corporeità del Sale. Da quanto detto, il lettore arguto ha potuto intuire che lo Zolfo rappresenta l’essenza luminosa nell’Uomo, come è possibile riscontrarla nelle diverse forme che la Tradizione ha assunto nel corso della storia, presso i più diversi popoli. Nella tradizione ebraica il termine Luz designa il nocciolo d’immortalità, cioè la Presenza Divina, la Shekinah nell’interiorità, l’Atma della tradizione indù; nella Cristianità tale è il significato simbolico dei passi evangelici sul “granello di senape15, sul “Regnum Dei intra vos est16  o su “όti Egώ eϊpa qeoί εstέ”17.

Esso lo accostiamo simbolicamente al Sole, nella versione volgare o di purità spirituale: nella prima si realizza uno stato di totale passività, in cui Saturno, Re splendente dell’Età Aurea abdica per divenire un numen ctonio e sotterraneo; nella seconda una riconquistata autorità regale lo manifesta come Oro incombustibile, Zolfo spirituale. Il Sale, infine, rappresenta il mondo della corporeità, della solidificazione, la roccia o la prigione, che abbisogna del velenoso Mercurio per liberare il tesoro aureo, che possiede allo stato di sonno. Esso, inoltre, assume una valenza ignea e fondamentale, avendo una funzione di "innesco" del fuoco potenziale contenuto nello Zolfo, che non si accenderebbe e resterebbe allo stato di latenza, e similmente nella componente Mercurio, che viene anch'essa risvegliata dal Sale. Per esprimere i tre elementi analizzati in maniera organica, possiamo riferirli astrologicamente e simbolicamente al Sole (Zolfo), alla Luna (Mercurio) ed alla Terra (Sale), non dimenticando mai la loro relazione dinamica,  che permette di comprendereil senso realizzativo di un noto insegnamento alchemico:”Il mercurio filosofico è un’acqua e uno spirito, che dissolve e sublima il sale (…) Il solfo è un fuoco e un’anima che lo guida e lo colora (…) il sale è una terra e un corpo che si congela e si fissa e il tutto si fa mediante il veicolo dell’aria18

Analizzati gli elementi fondamentali, la nostra analisi si deve soffermare necessariamente sui 4 elementi della manifestazione, cioè Fuoco, Acqua, Aria e Terra. E’ possibile notare come essi si dispongano a forma di croce, essendo il fuoco l’elemento verticale ascendente, l’aria e l’acqua i due elementi orizzontali, la terra l’elemento verticale discendente. Nella dottrina tradizionale il Quaternario ha sempre rappresentato la condizione caduca, decaduta dell’Uomo. La stessa dottrina ci insegna, inoltre, come via obbligata per il superamento del Quaternario sia la realizzazione di ciò che nell’Ars Regia viene designata come Quintessenza, l’Akasha, il punto centrale della croce o della circonferenza, l’eterno presente: insomma, la realizzazione della morte iniziatica e l’inizio dei Piccoli Misteri; ciò si ricollegherà a quanto diremo in seguito sulle varie fasi dell’Opera. Un elemento, però, è d’uopo approfondire, ritenendolo di capitale importanza nella nostra trattazione, ed è quello del Settenario, nel quale si esprimono con più evidenza le corrispondenze organiche del Grande Mistero che stiamo trattando, esplicitando l’intima connessione magica che vi è tra la dimensione metallica con quella numinosa, con quella astrale e planetaria, con tutti i simbolismi che si riferiscono ai diversi e gerarchici piani del Cosmo e simultaneamente ai centri di vita dell’interiorità umana: infatti, i metalli dell’Alchimia sono associati al Sole, alla Luna ed ai cinque pianeti od ai quattro elementi più l’etere (Quintessenza) ed anche alle sette stelle della costellazione di Orione o dei due carri dell’Orsa, ai sette chakra, ai sette gradi dell’iniziazione mithriaca, alle sette note musicali, ai sette colori dell’arcobaleno. Queste similitudini numerologiche solo ad un osservatore distratto possono apparire fortuite e ci permetteranno di approfondire circa le grandi linee di quella che è l’Arte Metallica, sempre associata ad una corrispondente Arte Purificatoria, nel suo senso strettamente  palingenetico:” Bisogna purificare il Mercurio almeno sette volte. Allora il bagno per il Re è pronto19.

Dai tre elementi minerali primari ed essenzialmente dal Mercurio, secondo l’insegnamento di Paracelso20, vengono estratti i metalli, fatti maturare e cuocere, secondo la conoscenza di un buon fabbro, con un fuoco adeguato alla singola operazione, impedendo premature arsioni del materiale, della componente psichica, dello stesso operatore: rileviamo non casualmente come nel primo grado dell’iniziazione mithriaca vi sia, associato alla figura del Corax, la figura numinosa e la componente metallica di Mercurio, di Hermes, e come esso sia associabile al simbolismo dell’arcobaleno, la manifestazione che contiene in potenza tutti i colori, quindi tutti i metalli, proprio come la Kundalini, nella sua stessa localizzazione organica, cioè la regione sacrale, a sancire l’inizio dell’Opus Magicum, la risalita, la ricomposizione eroica del Caduceo che il medesimo Nume porta tra le sue mani. L’operazione di purificazione alchemica corrispondente è la calcinazione, la macerazione interiore, che conduca alla mortificazione di ogni forma mentale, che possa ricondurre a qualsivoglia aspetto moderno e caduco: se ci è concesso un cenno in relazione alla pratica, non possiamo non riferire la prima purificazione ad uno stile di vita stoicamente distaccato, sobrio, eroicamente spartano e romano, operando la chiusura non casualmente detta ermetica del vaso. A Mercurio segue Venere, associata al Rame ed al piano delle Acque interiori, che il colore Verde ben rappresenta e che nel microcosmo occupa la regione ombelicale: alla calcinazione segue la putrefazione in cui non si domina più il rapporto con il mondo esterno, ma si polverizzano le torbide influenze psichiche, annientandosi, comprendendo che nessuna salita è possibile senza una propedeutica discesa, si attua in tale purificazione la liberazione del volatile:  a tal punto, in maniera alquanto ovvia, non possiamo che rimandare il lettore all’approfondimento del significato iniziatico che hanno espresso nei miti e nella letteratura di ogni dove le discese negli Inferi, essendo state più direttamente riconducibili alla Tradizione Occidentale, quelle di Ulisse, di Enea e di Dante. Risalendo il Caduceo ci portiamo nella zona lombare, ove risiede il Nume della forza ancora allo stato violento, non controllata, Marte, associato al Ferro ed al colore Rosso, del metallo in lavorazione, che dal fabbro viene riscaldato, la cui fissità, tramite la soluzione, viene imposta alla volatilità del Mercurio estratto da Venere.

E’ sufficiente evidenziare come le qualità veneree siano rappresentate dalla Fides e dalla Charitas, intese in senso tradizionale, mentre le qualità marziali sono afferenti al necessario "furor" per il compimento della Grande Opera, essendo quel "quid" di "slancio amoroso" che solo Venere può dare: per questo si usa dire, in alchimia interna, che “Venere copula con Marte”. Nel quarto grado, nella regione cardiaca, ove inizia la spirale ermetica di J.G. Gichtel21, sede della Vittoria, della Sapienza e del Divino interiore, è possibile collocare Giove, associabile al colore Azzurro dei cieli ed allo Stagno, quale sinonimo di stabilità, di centralità: alchemicamente si è passati all’operazione della distillazione, ove numerose purificazioni dei “residui” tendono a far volatilizzare gli spiriti ed a produrre “la prima manifestazione del bianco”, cioè il superamento dello psichico per lo spirituale, essendo stata abbandonata la statua dell’Anima in direzione di quella del Nous. Con la progressiva e gerarchica conquista dei diversi stati planetari, con le loro diverse e simboliche colorazioni, il fabbro procede con fuoco lento alla purificazione dei metalli, giungendo a tal punto alla produzione dell’Argento, tramite la sublimazione, che libera dal corpo gli spiriti  per volatilizzazione: si ottiene, a tal punto,  un’acqua diversa rispetto a quella venerea, fonte eterna di giovinezza, acqua regale che disperde tutte le impurità, è l’”acetum acerrimum”, il Leone Verde dei Filosofi.

Tale è il grado della Luna, nella regione laringea, relazionata appunto al colore Bianco, quello del vero Latte della Vergine, di Diana nuda. Le forze che abbiamo fin qui analizzato, nelle loro rappresentazioni simboliche e nelle loro relazioni astrali e metalliche, nella nota figura del Caduceo Ermetico, nell'Uomo, che ha il potere generante, si muovono appunto dalla base "come serpi", cioè dalle gonadi e dalle surrenali ed incrociandosi lungo la vertebrale, qualificando i diversi "arroventamenti" delle componenti sottili che sono state "accese" e purificate. A tal punto vi è il congiungimento di tali forze, quelle sulfuree con quelle mercuriali, nella regione frontale, nella figura del Rebis, dove risiede il Sole, che ha come metallo e colore corrispondente l’Oro, ancora non del tutto purificato, cioè reso incombustibile, ma esplicitazione della Cosa Una e quindi della conoscenza della propria vera natura, del proprio Genius, che nella via d’Occidente corrisponde al "separando mercuriale" (l’Uomo Alato, l'Uomo Storico), in quella dell'Astrum Argentinum di Crowley al “congressum cum Daemone”, nella Quarta Via di Gurdijeff all'acquisizione della "Terza Forza", della terza Stanza, che, pertanto, nella via della tradizione ermetico-eroica romano-mithriaca è l’acquisita condizione di Heliodromos, è l’Agape apollineo, il Pasto con gli Dei. Un ultimo stadio ci rimane per il completamento del Settenario ed è quello in cui regna Saturno, nella regione coronale, che presenta l’interpretazione più problematica. Infatti, ad esso sono abbinati il color nero ed il Piombo, che apparentemente possono entrare in contraddizione col valore iniziatico assoluto che tale grado assume nell’intera misteriosofia ermetica. Negli scritti dei vari Filosofi Ermetici non vi è un’univoca collocazione dei pianeti, come una certa successione metallica e numinosa, non per una confusione dottrinale, ma per le diverse prospettive operative che ogni Maestro d’Arte attuava nel proprio percorso di elevazione spirituale. Noi, in linea di massima, abbiamo assunto lo schema confacente a quella che era l’iniziazione mithriaca, il cui animus guerriero è maggiormente associabile alla via eroica d’Occidente e di cui la valenza ermetico-alchemica è ben conosciuta: in essa Saturno occupa il settimo grado, quello del Pater Patrum, il capo della gerarchia iniziatica, presentando delle connotazioni di Regalità, ove l’Oro diviene Incombustibile e Polare, non più solare come nel grado precedente. Quindi una duplice e confliggente natura simbolica? Tutto è rinchiuso nel potere di palingenesi dell’Arte e di coincidenza tra inizio e fine dell’operazione, tra Piombo e Oro, tra Tenebre e Luce:” Hora cotal Piombo, e Saturno, è detto Padre de gli altri Dei, cioè de gli altri magici metalli; conciosiacosa ch’eglino da principio sono tutti entro di lui celati: ma nella fabbrica del magico Mondo escono in luce, essendo dall’Heroe con arte spagirica fatti manifesti, e palesi.”22.

Non possiamo pertanto, esimerci dall’analizzare le fasi dell’Opera, come sono comunemente conosciute e suddivise, tappe di una vera e propria realizzazione spirituale, che condurrà l’iniziato fino alla conquista dell’Oro Saturnio, cioè quella sublimazione degli stati sovraindividuali che permetterà l’attuazione di quell’Identità Suprema, che è possibile raggiungere come ultimo stadio dei Misteri, e che completerà, sublimando il discorso, quanto abbiamo scritto circa l’Arte Metallica e le sue sette purificazioni. La trasmutazione alchemica ripete, nei suoi significati, il ciclo di morte e rinascita di Osiride così come tramandatoci da Plutarco23. Il senso di questi cicli misterici ed iniziatici consiste in un lavoro di ampliamento della coscienza; in alchimia ciò avviene attraverso una discesa (descensus) nel buio della materia informe, seguita da una successiva ascesa (ascensus, sublimatio) che libera la "anima del mondo" ("anima mundi", identificabile con "imago Dei","vinum ardens", "spiritus mercurialis", "quintessenza", ecc.):”le tenebre s’infittiscono, l'alba s'imbianca, la fiamma risplende”. Il senso originario dei cicli iniziatici consisteva nel superamento del timore della morte attraverso la partecipazione alla ciclicità della natura, soprattutto del grano (ostensione della spiga in Eleusi) che rinasceva verdeggiante dopo la morte (il seme nel terreno). L'iniziato conseguiva così una superiore comprensione del reale. Le fasi del processo alchemico sono diverse a seconda degli autori, anche se i significati analogici restano gli stessi sotto l'infinita varietà dei nomi. L'enorme nomenclatura è infatti da attribuirsi alla interiorizzazione della natura operata dagli alchimisti, che ha dato luogo a termini personalissimi e volutamente oscuri per alludere a fenomeni sostanzialmente sempre analoghi. Il numero di queste fasi è legato ai significati magici dei numeri stessi; esse sono, a seconda degli autori, 4 come gli elementi, 3, 7 le purificazioni metalliche di cui abbiamo precedentemente scritto, o 12. Si può tuttavia riassumere il processo in 4 fasi, che furono successivamente ridotte a 3. Le 4 fasi della dottrina ermetico-alchemica devono la loro origine all'importanza della tetrade in tutto il pensiero sapienziale greco e antico in generale (Roma era quadrata e rotonda24) e presero il nome dai 4 colori fondamentali della pittura greca (nero, bianco, giallo, rosso). Esse furono assimilate ai 4 elementi, alle 4 stagioni e alle 4 fasi del giorno; 4 erano anche i varna nell’istituzione castale dell’India vedica. Allo stesso numero, sempre nell’ambito della tradizione indù e di una più stretta attinenza iniziatica, sono associabili le diverse fasi dello sviluppo spirituale dell’essere umano25, alle quali, nell’ambito della Tradizione Classica, possiamo serenamente associare le virtù palingenetiche del neoplatonismo:”…le prime appartengono alla mente e sono le paradigmatiche e costitutive della stessa essenza mentale, le seconde appartengono all’anima che ormai guarda alla mente ed è piena di essa, le terze appartengono all’anima umana che si purifica o si già purificata dal corpo e dalle passioni irrazionali, le quarte appartengono all’anima umana che abbellisce l’uomo perché fissa una misura all’irrazionalità e ne stimola la moderazione nelle passioni26.

La prima fase è quella dell’Opera al Nero, Nigredo o Melanosi, in cui l’obiettivo essenziale è la morte iniziatica e la successiva "Putrefactio", simboleggiata dalla semina, perché il seme, affinché fruttifichi, deve essere infatti sepolto nella terra per tutto l'inverno: è questo il "regime di Saturno", la fase "al Nero" che copre da sola la metà del ciclo, così come la notte copre la metà del ciclo solare giornaliero; il metallo di riferimento è il Piombo. La seconda fase è quella dell’Opera al Bianco, Albedo o Leucosi, fase animica e che non può essere considerata il termine dell'opera, ma che è, tuttavia, la fase fondamentale della resurrezione posta all'insegna dello "umido" e della primavera, dell’aurora:”L’elisir al bianco non è l’ultima perfezione, perché gli manca ancora l’elemento Fuoco27. Si può affermare serenamente che con l’Albedo si è vinta la morte: la trasformazione del Piombo in Argento significa che il Mercurio “agitato” nella Nigredo è stato “fissato” e purificato, ridonando all’iniziato lo status ontologico edenico, primordiale, un’immortalità che si manifesta con il corpo di luce o vivente:”La nostra Acqua mortifica, illumina, monda e purifica. Essa dapprima fa apparire i colori oscuri, numerosi e vari, e per ultimo la bianchezza”28. Tale processo è astrologicamente sotto il segno della Luna e miticamente sotto l’influenza di Diana: Evola ci riporta come la rinascita noetica fosse simboleggiata dalla visione della Dea “tutta ignuda”29.

L’immortalità acquisita con l’Opera al Bianco, però, è strettamente legata alla Vita, alle sue regole: dalle Forme e dai Ritmi si è giunti al Silenzio, ma non ancora all’Ineffabile! Ciò che occorre ora è un nuovo solve (Opera al Giallo) ed un conseguente coagula (Opera al Rosso), non più con la purificazione dell’Acqua, ma del Fuoco, come accrescimento intensivo, ove l’Argento è trasmutato in Oro, alla Luce sostituendosi il Fuoco. La terza fase è quella dell’Opera al Giallo, Citrinitas o Xantosi, che non ha praticamente una propria autonomia e scompare con l'affermarsi delle esigenze trinitarie; le tre restanti corrispondono, con analogia agraria, alla semina (inverno), alla germinazione (primavera), e alla raccolta (autunno). Essa dobbiamo intenderla come preludio al "Rosso": Evola, che pure limita la trattazione ai tre colori, nell’assimilazione dei colori e delle stagioni accenna, senza darvi seguito, a "rossa" estate e "aureo" autunno30, unendoli nella trattazione o identificati con la "Iosi", fase finale, la quale è appunto quella del "Rosso" autunno, nel quale si raccolgono i frutti. 

La Rubedo è la fissazione finale e totale, ove si realizza la perfezione della Grande Opera: si ritorna alla Terra, ove si è estratto l’Oro come da una miniera, “il Diadema del Re”, Saturno ritornando sovrano primordiale. A questo punto è d’uopo un chiarimento essenziale, che investe tutte le componenti ermetiche, sia quelle metalliche, quanto quelle organiche. L’accenno ad una quadripartizione dello sviluppo spirituale potrebbe sembrare in conflitto con quanto precedentemente scritto circa la funzione del ternario Zolfo, Mercurio e Sale e le corrispondenti funzioni microcosmiche, Spirito, Anima e Corpo: non si tratta di una svista, ma la soluzione è in quanto scritto sulla duplice essenza del Mercurio, sull’astro o sull’elemento che su di esso agisce, come già accennato, condizionato dalla Luna-Acqua, quindi si presenta in forma volatile, quindi in forma indomita, o dal Sole-Fuoco, in forma quindi fissata. Se nel primo caso è Espero o Cautopetes che regnano tale stato, nel secondo è Lucifero o Cautes che regalano la sua funzione: è il travaglio e la vittoria di Dioniso, ma non ancora l’imperitura presenza di Apollo. Tutto ciò trova piena giustificazione nell’insegnamento interno della Tradizione Occidentale31, ove il microcosmo è quadripartito, essendoci quattro corpi che lo caratterizzano: il corpo saturnio (nel senso oscuro e duale che ha tale riferimento numinoso), quindi materiale e transuente, con riferimento all’elemento Terra, al Sale alchemico o al Piombo; il corpo lunare, quindi la sfera acquatica, della passioni, dei sentimenti, goccia di Anima Mundi, con riferimento al Mercurio non controllato o all’Argento; il corpo mercuriale, quindi la sfera dell’Intelletto, del Demiurgo, dell’Essere, con riferimento all’elemento Aria e con il Mercurio oramai controllato e con l’Argento, definito dai Filosofi Ermetici, Vivo, appunto perché fissato; infine, il corpo solare, cioè la sfera dell’Infinito, con riferimento all’elemento Fuoco, allo Zolfo Incombustibile, all’Oro del Re, ove non vi è differenza tra Essere e non-Essere, ove l’essenza solare è in sé, quindi non manifesta, quindi “essenza polare”.  E’ d’uopo da parte nostra una doverosa assimilazione: l’idea ermetica da noi argomentata circa la Quintessenza può essere intesa come l’approdo dell’iniziato ai Piccoli Misteri, che hanno appunto inizio con la morte iniziatica e si compiono con l’Opera al Bianco, conducenti allo status di un’edenicità primordiale; l’Opera al Rosso, inoltre, è assimilabile, all’ ultimo fuoco purificatore prima dell’Identità Suprema, cioè la via dei Grandi Misteri, in cui appaiono creature mostruose, draghi, serpenti come nel caso biblico, rappresentanti i guardiani della soglia, come ultimi fossili combustibili. Nella letteratura ermetica, infatti, si presenta una separazione del Magistero in “minore” e “maggiore”, come perfetta corrispondenza con gli insegnamenti tradizionali delle due vie, quella dei Padri e quella degli Dei. Non potremmo, infine, considerare il nostro approfondimento, se non completo, almeno sufficientemente sintetico, se non considerassimo l’ambito in cui tutta la Grande Opera si attua e si realizza. Gli alchimisti denominavano “athanor”, cioè fornace, il luogo in cui operavano le loro trasformazioni metallurgiche: ma cosa ha potuto intuire un lettore attento, che sa “vedere” oltre il linguaggio criptico di quest’arte misteriosa? L’athanor è la nostra interiorità: la sua radice etimologica deriva da un termine caldeo, Eth ha-nour, che designa il Fuoco, non quello comune e volgare ma quello Divino e Metafisico:”Principio dell’opera universa è anche il principio della loro Grande Opera, perché uno stesso è il Magistero della Creazione e il Magistero con cui, secondo l’Arte, l’uomo costruisce se stesso32.

Quindi, il segreto dell’Ars Regia è comprendere che i metalli, gli elementi, le trasmutazioni che arcanamente si dispiegano tra i testi ermetici, fanno riferimenti univocamente alle nostre componenti organiche, psichiche e spirituali, alla “lotta eroica” che in noi va intrapresa. La via ermetico-eroica, pertanto, non regala miraggi né promette paradisi desertici, essa è la trasmissione di vibrazioni, stati interni, è la loro conquista, della dimensione della “veglia perenne”.  Questo tipo di Opera non prevede affatto lo scatenamento di fenomenologie  psichiche tali da manifestarsi sul piano denso, e per denso abbia ad intendersi il piano materiale delle cose e quello fisico nell'uomo (qui non vi sono tavolini che ballano né fenomeni di alterità coscienziale), bensì solo maturazioni interiori  e tangibili sul "piano sottile" fino  allo  "stato" finale del conoscimento del Sé Superiore:”Poiché soprattutto importa che l’Ermete si manifesti, la Luce dell’Ermete vi porterà alla integrazione, perché comincerete a vedere il mondo esteriore ed interiore in un modo e con sentimento diverso da quello che voi stessi vedevate ieri, ed io ho detto che la nostra dev’essere Scuola Integrale, non setta, non chiesa, non sinagoga, non pulpito33. Nella Tradizione d’Occidente, che è essenzialmente Tradizione di Roma, la rigenerazione ermetica la “vediamo” e la “viviamo” come la Via Eroica di Marte, che lungo la Via Sacra, sconfiggendo tutti gli hostes, giunge Vittorioso al tempio di Giove, ove l’Eroe Divino riceve il lauro della Gloria, con il volto, similmente al Dio Supremo, dipinto di “Rosso”:”Nel “viaggio” verso la resurrezione ermetica, dunque, si conosce - cioè si esperimenta (esotericamente si diviene, identificandovisi) - l’ente sia come elemento che si trova nelle profondità dell’uomo sia come elemento distintivo i vari stati della natura, entrandovi con la coscienza, e questo proprio per quella corrispondenza non solo simbolica ed analogica, ma anche magica che vi è tra questi enti (nell’uomo) e la stessa natura…il secreto de’ secreti…Saturno si svela ed è il Ritorno, l’Età dell’Oro, la Luce del Nord, l’Impero, sigillo sacro di Vittoria sulle tenebre”.34

 

(Tratto da Elixir n° 7 con il permesso della Casa Editrice)


1 Abraxa, La Triplice Via, in Introduzione alla Magia, vol. I, p. 63, Edizioni Mediterranee, Roma, 1971.

2 Brhadaranyaka-Upanishad (I, IV, II).

3 Placido Procesi, Missione ed Avventure, in Vie della Tradizione, n.8, p. 198-9, Palermo 1972, in cui viene riportata una significativa quanto illuminante massima corporativo-mediovale: VINCIT CONCORDIA FRATUM!

4 Sarebbe un discorso molto interessante da affrontare quello sulle relazioni tra la Tradizione Ermetica e la Classicità: brevemente possiamo condividere quanto profondamente afferma il Casalino (Tradizione Classica ed era economicistica, p. 111 ss., Edizioni Icaro, 2006 Lecce), sul fatto che non vi può essere dottrina ermetico-alchemica al di fuori della Classicità e della Romanità, se non in forme depotenziate e misticheggianti, ma, allo stesso tempo la prima risulta essere la “sofia occulta” della seconda, la chiave disvelatrice dei suoi segreti, dei suoi misteri, della sua storia, senza la quale ci si ridurrebbe ad un fideismo, ad un’idolatria verso il passato non molto diverse da quelle assunte in varie forme nel cattolicesimo.

5 Turba Philosophorum in Introduzione alla Magia, cit., vol. II, p. 264-5.

6 Giorgio Sangiorgio, Il linguaggio simbolico dell’Alchimia, Camelot, Luglio-Agosto 2004, Numeri XXXII-XXXIII.

7 E. Cornelio Agrippa, La Filosofia Occulta, p.170-1 , vol. II, Edizioni Mediterranee, Roma 2004.

8 Titus Burckhardt, dalla Prefazione de L’Alchimia, Paolo Boringhieri, Torino, 1961.

9 Ermete Trismegisto, Corpus Hermeticum,  X, p. 105, Sear Edizioni, Borzano (RE) 1993.

10 Giandomenico Casalino, Il nome segreto di Roma, p. 50-51, Edizioni Mediterranee, Roma, 2003.

11 W. Friedrich Otto, Il Poeta e gli antichi Dei, Guida Editori, Napoli, 1991, p. 114 ss.:”Il rapporto di uomo e Dio, così come Omero lo raffigura in numerose immagini di azioni ed eventi, indica un sentimento della vita che ovunque accoglie l’infinito e l’eterno, e da esso non solo è afferrato, bensì eleva se stesso a quelle altezze spirituali dove diventano visibili figure divine“.

12 Renè Guènon, Studi sull’Induismo, p. 49, Edizioni Libritalia 1997:”I tre gunas debbono trovarsi in ciascuno degli elementi …essi si trovano in proporzioni differenti…stabilendo una sorta di gerarchia, che si può vedere analoga alla gerarchia che, da un punto di vista più esteso, si stabilisce tra i molteplici stati dell’Esistenza Universale”.

13 Titus Burckhardt, L’Alchimia, cit., p. 121.

14 Jacob Böhme, De Segnatura Rerum, III, 19, 20, p. 70, I Dioscuri Edizioni, Genova 1988.

15 Luca, XVIII, 6.

16 Luca, XVIII, 21.

17 Giovanni, X, 34.

18 D.A. Pernety, Rituale del Grado di Vero Massone Chimico dell’Accademia dei Saggi di Avignone, 1770, Ed.Rebis, 1977.

19 I. Filalete, Epistola di Ripley, cap.LI; Regulae V.

20 Paracelso, Il Tesoro dei Tesori, p. 178 ss., Edizioni Rebis, 1975: “ Resta fermo però che il mercurio vivo è la madre dei sette metalli ed è giusto chiamarlo così, poiché esso è un metallo aperto, e nello stesso modo come ha in sé tutti i colori, che cedono poi per l’azione del fuoco, così nasconde in sé tutti i metalli, che pure non cede se non nel fuoco”.

21 J.G. Gichtel, Theosophia Pratica, Biblioteca Ermetica, Edizioni Mediterranee, Roma, 1998.

22 Cesare della Riviera, Il Mondo Magico de gli Heroi, p. 177, Biblioteca Ermetica, Edizioni Mediterranee, Roma, 1986.

23 Plutarco, Iside e Osiride e Dialoghi Delfici, Edizioni Bompiani, Milano 2002.

24 Giandomenico Casalino, cit., p. 65-70 “Roma, dunque, nella sua forma urbanistica ideale, è un mandala, cioè rappresenta la “quadratura del cerchio”, sarebbe a dire la stessa Grande Opera, che nella terminologia ermetico-alchemica è proprio la fissazione del volatile (dove il fisso è il maschile ed il volatile è il femminile) dell’ultimo coagula, dopo l’ultimo solve nella fase del Rosso”.

25 Renè Guénon, L’uomo ed il suo divenire secondo il Védanta, Adelphi Edizioni, Milano 1992, in cui le differenti condizioni assunte da Atmà nel microcosmo umano vanno ad identificarsi con  le varie fasi dell’Opera: lo stato di veglia, condizione di Vaishwànara,  corrisponde alla manifestazione grossolana; lo stato di sonno, condizione di Taijasa, rappresenta il contatto con lo stato psichico e sottile; il sonno profondo,  condizione di Pràjna,  è lo stato informale, divino; infine, l’Atmà ritrova la primeva condizione di libertà, di Assoluto e di Eternità, libero da ogni vincolo e condizionamento umano, terrestre…e celeste.

26 Porfirio, Sentenza XXXIX, p. 109-10, Edizioni Garzanti,, Milano 1992.

27 Filum Ariadnae, 145.

28 I. Filalete, Introitus apertus, cap. XI.

29Julius Evola, La Tradizione Ermetica, p. 153.

30Julius Evola, cit., p. 97.

31Giuliano Kremmerz, Dialoghi sull’Ermetismo, varie ediz.

32 Abraxa, Conoscenza delle Acque, in Introduzione alla Magia, cit., vol. I, p. 21

33 Giuliano Kremmerz, La Porta Ermetica, cit., vol. II, p. 233

34 Giandomenico Casalino, cit., p. 77-78.

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