LA TRADIZIONE HERMETICA

Giuliano Kremmerz e la Schola Italica

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LA TRADIZIONE HERMETICA

E. Cornelio Agrippa e la Tradizione Ermetica – Federico D’Andrea

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Il nome di Enrico Cornelio Agrippa (1486–1535) , per chi si avvicina alla Tradizione Magica ed Ermetica, è solitamente associato a quanto è stato diffuso su di lui dalle leggende popolari. Secondo queste leggende, Agrippa era un mago famoso, molto esperto nell’evocare i morti, nello scongiurare i demoni, nell’ammaliare e fare “legature”. Dal grosso pubblico è conosciuta un’opera, ricettario di pratiche magiche, dal titolo inquietante “Il libro del Comando, ovvero l’arte di evocare gli spiriti, di Cornelio Agrippa” ed un’altra falsamente a lui attribuita “Zibaldone magico dei misteri della bacchetta del comando”. Attorno a lui si formò dunque la fama di stregone, mentre era ancora in vita, e fu questo che generò una fioritura di dicerie e di scritti apocrifi a lui attribuiti. Non è perciò da meravigliarsi se molti seri studiosi della Tradizione Ermetica rifuggano le opere di Agrippa. Ma Kremmerz scrive in “La Porta Ermetica” – “La Scienza dei Magi” – II Volume – Ed. Mediterranee – p. 244: “Io mi sono domandato tante volte perché persone erudite e intelligentissime hanno guardato tutti i segni che stanno nelle opere di Cornelio Agrippa come delle sciocchezze grafiche che non hanno nessun valore. […] E se un valore l’avessero e grande?”

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La Sophia di Partenope e il tempio ermetico di Raimondo di Sangro – Luca Valentini

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A Napoli , dove l’Arte e l’Ermetismo sono dimore filosofali da secoli e nei secoli

 

“Vir mirus ad omnia natus quaecumque auderet“[1]

Ogni forma tradizionale od esoterica è sovente associata ad un simbolo, ad un monumento o ad un’opera d’arte che, seppur nella sinteticità della propria espressione, abbia la capacità evocativa di riaffermare l’archetipo spirituale a cui la data espressione sapienziale si riferisce. Come la piana di Giza o il Tempio di Luxor per la tradizione egizia, come il bosco di Eleusi per la misteriosofia ellenica o l’aedes di Vesta per la religiosità romana, similmente, la celebre Cappella di San Severo a Napoli, ove è ubicato la magnificenza dell’opera scultorea del Cristo Velato, è l’espressione artistica di una precisa corrente iniziatica e, nello specifico, della Scuola Napoletana, un insegnamento di natura magico-trasmutatoria, che dai primordi dell’antica Naepolis, pitagorica, nilense e greco-romana, tramite un fiume carsico che ha interessato personaggi come Giambattista Della Porta, Tommaso Campanella e Giordano, fino a giungere ai rappresentati più noti dell’ermetismo italico dell’800 e del ‘ 900, quali furono Giustiniano Lebano e Giuliano Kremmerz.

 

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Chimica, Spagiria, Alchimia: un percorso personale – Federico D’Andrea (*)

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«Che il lavoro del vasaio,
che consiste nel secco e nell’umido,
ti faccia vedere» (1)

 

DALLA CHIMICA ALLA SPAGIRIA

Quando, circa quaranta anni fa, decisi di iscrivermi alla Facoltà di Chimica Pura dell’Università, non lo feci per diventare un impiantista industriale o un esperto analista tecnologo, ma perché sentivo in modo imperioso la necessità, che si presentava quasi sotto forma di una “vocazione” ancora molto indistinta ma contemporaneamente imperiosa, di avere un contatto con la Materia. In particolare sentivo un fascino, quasi sacrale, per le trasformazioni intime della Materia, trasformazioni che mi facevano percepire un Moto Interno, vivo e reagente. Mi trovavo sempre più spesso in laboratorio a “perdere tempo”, cioè ad osservare i fenomeni in perfetta comunione con essi. Osservavo per tempi lunghissimi e senza apparente motivazione distillazioni, fusioni, cristallizzazioni, combustioni. Compresi allora che la Chimica, tecnica e meccanica, non riusciva a penetrare questo dinamismo della Materia e mi accostai alla Spagiria. Era per me divenuta necessaria la comprensione di questo profondo dinamismo e la compartecipazione – esultante e sacrale – con le Forze Vive della Natura. Scopersi Elemire Zolla e mi accorsi di vivere profondamente quanto scriveva nelle prime pagine del suo splendido testo Le Meraviglie della Natura (2):

“Come riacquistare la sensibilità e le arti alchemiche? Guardandoci d’attorno con esultanza. Soltanto a questo patto, sollevando una gleba odorosa, spiccando un frutto, contemplando le iridescenze di gioielli o di cascate, lo splendore d’un incarnato umano o d’una liscia pelliccia o d’una folgorante colata di metalli, forse si saprà sentire la presenza animatrice che ha plasmato e va plasmando queste materie, e ora le stringe e indurisce nel pugno, ora le sbriciola o fa scorrere liquidamene tra le dita, ora le accarezza e fa brillare. Il segreto dell’arte alchemica e d’ogni sapienza sta nella capacità di intuire con esaltazione questa mano solerte, invisibile ai distratti e ai tristi“.

 

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