Come sospinto da una mano invisibile, un ultimo raggio di Sole si insinua nel mio studio. Il cielo al tramonto rosseggia tingendosi d’arancio. Quel raggio, superstite di una luce che svanisce al crepuscolo, simile ad un dardo infuocato si muove guizzando, quasi fosse guidato da un’intelligenza misteriosa, anzi, quasi fosse lui stesso dotato di intelletto. Rischiara i libri e le carte che giacciono inerti sulla mia scrivania, crea giochi di luce e rifulge come una piccola stella che brilla nella penombra. Silenzioso descrive strane geometrie poi, così come era apparso si estingue, mentre fuori tutto è inondato d’azzurro e una sottile falce di Luna si affaccia nel firmamento. L’aroma dell’incenso permea ogni angolo della stanza e i residui di fumo, ballerini di una danza segreta, si contorcono al suono di una melodia arcana descrivendo forme impossibili. La mia mente, sgombra da ogni pensiero, fluttua nel nulla e l’energia sprigionata dal rito satura l’ambiente, permea ogni centimetro del mio essere. Ora non appartengo a me stesso, sono fuso con ogni espressione di vita, sono parte del Tutto, staccato dalle miserie della natura inferiore e immerso in una dimensione più alta. Affrancato dalla materia, dalle banalità quotidiane, percepisco realtà elevate, barlumi sfuggenti di regni di Luce… Vorrei che questo stato di grazia non avesse mai fine, che si fissasse in un istante infinito. Ma, poco a poco, i “sensi comuni” si risvegliano e la parte materiale reclama il suo dominio, l’archetipo femmineo, nella sua accezione più terrena si desta di nuovo e il “miracolo” della “luccicanza” - il mistero di cose invisibili - si affievolisce riportandomi nello stato di coscienza normale. Adesso mi sento solo, una profonda ed abissale solitudine, un vuoto che mi fa percepire la mia estraneità dalle orde profane, dalla ragione volgare. E’ notte, la luce di Selene invade l’ambiente, riflessa dai vetri promana un tenue chiarore e incanta con riverberi d’argento. Il silenzio è totale, reso meno intenso dal suono dei miei pensieri, dal mio dialogo interiore con la Luna, la pallida Signora amante di sempre… Contemplo il volto di chi amo, tenera visione nell’oscurità, mentre dorme e sogna, sospesa tra luce e ombra, tra Terra e Cielo, e mi sento impotente poiché vorrei trascendere tutte le leggi dell’Universo e regalarle l’eternità, perché vorrei donarle una parte della mia forza, quella forza che mi ha sostenuto nei momenti terribili del mio vissuto. Quel potere volitivo che mi spinge ad andare avanti, che mi esorta a cercare, a non farmi fagocitare da una realtà che spesso non rispecchia le mie intime aspirazioni e dai problemi, che mi dice di spingermi oltre i confini delle mie possibilità. Vorrei renderla partecipe delle mie debolezze e della mia fragilità, perché anche un iniziato è fragile. Sì. Anche un iniziato è preda delle paure, dell’ignoto che incombe, del mondo impazzito e mediocre. E ha bisogno d’affetto, di un amore senza limiti, esente da qualunque effimera caducità. L’angoscia gradualmente si dirada e la forza torna a sorreggermi. Penso agli amici di Elixir, e un sentimento d’unione si fa strada nel mio cuore e mi lega a questi fratelli di un cammino già noto. Percorro la Via del Guerriero Spirituale che non è un superuomo, ma un uomo con un punto di vista diverso rispetto alla consuetudine di chi non è un risvegliato, e che persegue un ideale luminoso, che lotta contro il buio che è celato in lui, espressione del lato oscuro della Luce. Egli si sacrifica per affermare le sue idee, per difendere ciò che è Sacro e puro dalle contaminazioni di forze profane e ottenebranti.

La Zona d’Ombra: l’Alveo Astrale Superiore

Questo lato privo di luce potremmo definirlo la Zona d’Ombra o Alveo Astrale Superiore. Si tratta di una parte nascosta, segretamente custodita nei recessi più profondi dell’essere. E’ in questo luogo buio che avvengono i processi alchemici (o alchimici) interiori. E’ qui che riposa l’Uomo Universale. La Zona d’Ombra rappresenta l’utero primigenio dal quale dopo lunga gestazione vengono partoriti Angeli o Demoni. Ed è qui che le idee prendono forma, si concretano e la materia inerte prende vita. Nel feto primordiale respirano le forme non ancora definite che attendono di essere sbozzate e scolpite fino ad assumere contorni finiti. Sono i fantasmi della mente, creazioni emozionali scaturite dai desideri e dalle passioni istintuali. Essi fluttuano in quello che viene definito impropriamente subcosciente il cui vero nome è Alveo Astrale Superiore, luogo illimitato e indeterminato dove avvengono le trasmutazioni dell’essere. Nella dimensione astrale sorride beffardo Mister Hyde, pronto a venire fuori mettendo da parte la personalità equilibrata del dottor Jekill, poiché Hyde risiede in ogni uomo. E’ la parte animale, priva di freni inibitori, soprattutto sprovvista di coscienza ed è la bestia che giace addormentata nell’intimo dell’animo umano. Quando si risveglia si impossessa dell’uomo, lo domina, e appena la sua autonomia è divenuta palese è troppo tardi, giacché nessuno può fermare Hyde e le sue azioni esecrabili, come nel Ritratto di Dorian Grey, di Oscar Wilde. Il dipinto eseguito dal giovane Basic Hallward per eternare le fattezze supreme del giovane Dorian, diviene vivo. Una sorta di processo alchemico che rende palpitante di vita la materia cromatica, conservando Dorian Grey giovane e trasformando l’immagine del quadro in un simulacro decrepito, specchio fedele delle sue iniquità: l’ombra di Hyde carica di disumano cinismo (allegoria che ben si attaglia agli orrori dell’Inquisizione). Ma nell’Alveo Superiore prendono vita anche le Grandi Anime, gli iniziati, i Santi, coloro che per mezzo della volontà hanno dominato la materia, educato i sensi senza estinguerli, ricacciando l’abominevole mister Hyde nelle profondità della psiche. La loro forza li guida, la loro coscienza è giusta giacché è esente dalla sete di potere perché in essi risplende la Luce universale. Questa astensione dal desiderio di potere è una delle mete del Guerriero Spirituale il quale deve coltivare esclusivamente il potere personale, come ci viene detto anche da Castaneda in uno dei suoi libri. Nell’Alveo Astrale Superiore il genio di Leonardo da Vinci si è manifestato in tutta la sua ecletticità, regalandoci capolavori di imperitura bellezza e invenzioni straordinarie che hanno precorso i tempi. Allo stesso modo, il Grande Michelangelo ha estrapolato dalla dimensione astrale la visione divina (ermeticamente concepita), poi magistralmente eternata nell’affresco imponente della Cappella Sistina. Mirando questo capolavoro riesce difficile pensare che un essere umano abbia potuto realizzare un’opera di queste dimensioni in soli quattro anni, trasferendo la vita nella materia cromatica. Profeti e Sibille assumono consistenza reale, trasudano vita, ci appaiono veri. Ricordi, emozioni, pensieri, conoscenze segrete sono custoditi nell’Alveo e vengono utilizzati da tempi remoti dagli artisti, dagli scrittori, dai grandi uomini e dagli oratori i quali chiamano questa fonte inesauribile ispirazione.

Inizio, Iniziazione, principio e fine. L’Alfa e l’Omega

Quando ero poco più che un ragazzo, immaginavo di indossare un’armatura lucente e di cavalcare un destriero bianco. Nella mano destra stringevo una spada scintillante che pareva infuocata quando il Sole si specchiava sulla lama perfettamente sagomata. Così immagino ancora oggi il Guerriero spirituale, colui che intraprende il lungo viaggio alla ricerca di se stesso per raggiungere le regioni spirituali. Non a caso in una iscrizione presente nel tempio di Delfi (o Delfo) era scritto: “Conosci te stesso e conoscerai l’Universo e Dio”. Un cammino che si snoda lungo i percorsi ermetici – alchemici, magici e operativi. Un lavoro iniziatico mirato a rinvenire gli strumenti utili per scoprire il continente inesplorato dell’inconscio, il luogo dove avvengono le mutazioni interiori capaci di rafforzare il tempio dello Spirito - da non confondere con il concetto cattolico di spiritualità - purificandone la struttura. In tale contesto viene suggellato un legame con le dimensioni arcane e si attua il contatto per mezzo delle simbologie, delle tecniche e della pratica sostenuta dalla perseveranza. Lo Jerofante (sapiente), al pari del pellegrino si incammina sulla via celeste per ritrovarsi e riconoscersi (conoscersi nuovamente), e per farlo si serve di tutte le sue risorse, nei limiti del suo sviluppo e delle sue potenzialità. Si concreta così l’autentica trasmutazione: l’uomo di conoscenza percorre i sentieri della vita incurante di quanto gli accade intorno. Ma, incurante non significa necessariamente non partecipe. “Vivi nel mondo, ma non secondo il mondo”, affermava il Maestro (il Cristo Iniziatico – universale o Cristo cosmico). E’ indispensabile rendersi inaccessibili al fine di fortificarsi. E ciò è necessario se si vuole creare un edificio solido e incrollabile nel quale scorra inarrestabile il flusso divino, l’energia primaria o motore universale. Le fondamenta di questa costruzione sono costituite dalla mente (o zona interiore dell’essere umano), l’edificio invece è rappresentato dal corpo. Una mente salda e un corpo sano (non solo in senso fisico), rendono possibile l’edificazione del Tempio Spirituale; l’Atanor dell’Ars Magna (o Magnus Opus) all’interno del quale si sostanziano i processi arcani e le mutazioni volte a sopprimere le scorie della personalità, la parte rozza e grossolana dell’uomo – iniziato. Mi riferisco alla Nigredo della Grande Opera in cui la materia vile si decompone (Nigredo) e da essa rinasce la materia prima o Pietra Filosofale (Albedo o perfezionamento dell’essere), che si trasforma nell’Oro dei Filosofi (Rubedo). Anche l’iniziato subisce l’identica sorte: muore per rinascere mondato, rinnovato, purificato, pronto a proseguire il suo cammino alla conquista delle sue vere origini. In questo modo potrà ricongiungersi con la sua parte cosmica e divina dalla quale è stato “partorito”: la Mente infinita, il Logos, Dio. La Magnus Opus, l’Ars Regia, infatti, non è disgiunta dalle dinamiche divine e divinizzanti. Secondo Pitagora, fondatore della Scuola Filosofica di Crotone, tutto è basato sui numeri, anche l’ordine Celeste. E’ la dottrina degli opposti, finito e infinito, pari e dispari. Secondo i Pitagorici la metempsicosi è il fulcro della filosofia divina che viene rappresentata a titolo simbolico dal silenzio sacro (Silentium est Aurum), osservato scrupolosamente dagli adepti e base del loro percorso inizatico. L’armonia numerica di Pitagora si trasfonde nelle geometrie sacre che sono alla base di tutte le forme in Natura (pensiamo ai frattali matematici). Attraverso il silenzio interiore si percepisce uno stato di elevazione che in alcuni casi sfocia nell’illuminazione, nel Nirvana. Qualcosa che sembrava sopita per sempre inizia lentamente a risvegliarsi. Una nuova consapevolezza pervade l’animo e nuovi stati coscienziali affiorano dal profondo partorendo squarci di verità sepolte, frammenti del grande mosaico che sono andati perduti, dispersi nell’assoluto. Questi stadi percettivi scaturenti dall’espansione della coscienza sono paragonabili a porte dimensionali, mondi riflessi in uno specchio, parti di una realtà virtuale. In questa rete dimensionale deve interagire il Guerriero Spirituale spingendosi verso quella che Castaneda definisce una Realtà separata, una realtà virtuale per l’appunto (intesa come realtà in embrione non ancora manifesta, invisibile).

Virtus – Virtualis: i segreti dell’Imago

Questa dimensione parallela può essere paragonata alla superficie riflettente di uno specchio in cui tutti i raggi convergono allo scopo di concretare l’immagine speculare, l’imago, il Doppio. Un accesso segreto che conduce in un regno sconosciuto e impalpabile, ma non per questo meno reale e tangibile della nostra quotidianità: essa è la Realtà. Il ruolo dello specchio all’interno del pensiero esoterico, mistico e religioso ha origini lontanissime, nebulose e non facilmente esplicabili. Nel suo arcano fascino è celato il potere di pervenire alla visione di ciò che normalmente non è possibile scorgere ma solo immaginare. Sotto questo aspetto lo specchio diviene il simbolo della conoscenza e della verità. Ci offre una ineffabile testimonianza dell’invisibile, dandoci la possibilità di verificare quanto è negato ai naturali e limitati sensi umani. Il tema dello specchio, quale strumento sapienziale, è presente anche nell’ambito della tradizione cristiana e nelle parole di San Paolo che così scriveva: “Noi tutti, che a viso scoperto riflettiamo la gloria del Signore, siamo trasformati nella stessa immagine” (II cor 3.18). Nel contesto ermetico, invece, lo specchio assume valenze e connotazioni più vaste, come testimonia l’opera Ars Magna. Lucis et Umbrae, scritta nel 1646 dall’alchimista Padre Athanasius Kircher: “Tutte le cose create, altro non sono che specchio in cui si riflettono, per noi, i raggi della sapienza divina…”. Nella sua specularità, in poche parole, rinveniamo l’autentica essenza – influenza del soprannaturale che interviene nella composizione dell’immagine, alla stregua di una concezione virtuale che sfrutta il fertile terreno del riflesso quale spazio atto a comunicare con i comuni mortali. Nell’esegesi simbolica proposta da Kircher, inoltre, l’osservazione della luce divina mediante rifrazione speculare è utilizzata quale mezzo volto a penetrarne e conoscerne l’essenza, il contenuto: “Dio è la fonte della luce, l’Angelo lo specchio della prima luce, l’uomo il secondo specchio”. Lo specchio, pertanto, è paragonabile a una soglia (il portale delle grandi cattedrali) che permette di interagire e comunicare con altri spazi, con l’Universo necessariamente negato al profano. Questo varco simbolico introduce nel regno silente delle cause, nel Tempio dei Misteri. Tale concetto è ben espresso nell’opera Lo specchio Maggiore del domenicano francese Vincent de Beauvais (XIII secolo): “La natura nel suo complesso, esprime la ricchezza della creazione esplicatasi a partire dall’immaterialità degli Angeli della luce, per definirsi nel mondo sensibile, negli elementi e nei corpi della Terra, tra cui i metalli e le pietre, in ogni genere di piante e di animali. E, infine, l’uomo dotato di anima, che Dio a voluto fosse il signore della natura”. Esclusi alcuni passaggi, per esempio quello che vede l’uomo come unico possessore della scintilla divina, dell’anima, Beauvais esprime un concetto molto vicino all’Ermetismo. In ogni caso, il riferimento all’immanente sottoforma di sostanza unica che permea ogni cosa è palese. Ma l’allegoria dello specchio contiene al suo interno anche delle connotazioni negative, in base all’assunto che in natura ciascuna cosa possiede un suo contrario. Per esempio, in alcune raffigurazioni del Dottor Faust, colto nell’atto di stipulare il patto con il diavolo, l’ermetista si serve dello specchio quale strumento volto a metterlo in comunicazione con le forze oscure. Ciò è testimoniato anche da un’emblematica acquaforte di Rembrandt (vero alchimista, autore della famigerata e misteriosa Ronda di notte), dove il Faust è raffigurato mentre osserva il testo del contratto attraverso uno specchio sorretto dal demonio sul quale riverbera una luce accecante, insostenibile all’occhio umano. Faust, inoltre, è raffigurato nel momento in cui sta compiendo una sorta di rituale magico nel quale il famoso circolo evocativo non si trova a terra, bensì fiammeggiante tra le vetrate dell’occultum. All’interno del cerchio, nella parte centrale sono iscritte parole imperscrutabili: “Amrtet, Algar, Algastna”, mentre a fianco dello stesso, riflessa in un secondo specchio, si muove una mano il cui indice mostra una parziale interpretazione di quei caratteri arcani che esulano da qualunque spiegazione ragionevole. Hieronymus Bosch, il pittore fiammingo (iniziato ai Misteri), nel celebre dipinto I sette vizi capitali ripropone il tema dello specchio quale strumento di forze ottenebranti. In un particolare dell’opera, infatti, appare una donna di spalle che si specchia in una superficie riflettente sostenuta dal demonio. Il noto psichiatra Pietre Janet, uno dei maestri della scuola della Salpetrière, nelle sue indagini, orientate tra psicopatologia e modelli magici e religiosi, fa riferimento a dei frammenti memoriali, accompagnati da immagini indotte mediante l’autoipnosi eseguita attraverso lo specchio. Una conferma di come lo specchio sia parte integrante delle origini umane e dei suoi modelli archetipi. La teoria dell’autoipnosi e dell’autosuggestione è presente anche nelle pratiche degli sciamani Tungusi, all’interno delle quali lo specchio assume valenze incognite, e diviene lo strumento primario dei loro rituali. Nell’ambito del Giudaismo medievale e dell’Islam viceversa, lo specchio era considerato alla stregua di un elemento catalizzante, capace di trattenere lo spirito del defunto intrappolandolo in una realtà parallela. In qualche modo la lastra riflettente captava, cristallizzandolo, lo spirito che era in procinto di partire. Per questa ragione, e allo scopo di facilitare il transito dell’anima nell’oltretomba, secondo la tradizione era necessario capovolgere lo specchio nella casa dove era avvenuto il lutto. In questo modo lo spettro non era più incatenato alla dimensione riflessa. Dimensione nella quale il Guerriero deve intervenire per trasmutarsi. E’ interessante notare a proposito dello spettro che la parola spectrum (spettro) e speculum (specchio) hanno una radice comune. Anche nel caso del Giudaismo e dell’Islaismo si fa riferimento a un passaggio, un trasferimento. Questo ci riporta alla mente luoghi arcani che racchiudono una complessa matrice simbolica e che rappresentano un ponte tra la nostra realtà e la controparte dimensionale. La Porta Ermetica di Piazza Vittorio, a Roma, è uno di questi. Essa esprime in modo sorprendente il concetto di specularità e allude, in parte, alle metamorfosi o superamento della soglia mediante la quale l’iniziato può accedere al Corpus Sapienziale, onde pervenire alla conoscenza della sua identità più nascosta. Tra le iscrizioni che sono incise sulla Porta dei cieli, una è particolarmente allusiva: “Il Tau, i circoli, la croce, i mondi, non soltanto il mondo presiedono”. G. Gichtel riguardo l’Imago riflessa così si esprimeva: “Al sopraggiungere dell’aurora, il giorno si separa dalla notte, e di ciascuno è visibile la natura e la forza; perché senza opposizione, nulla si può distinguere. E non v’è immagine nel chiaro specchio, se un alto non è oscurato”. Nello spazio riflettente si affacciano silenti gli esseri dell’ombra o il volto luminoso della divinità e, forse, le immagini di un tempo non ancora conosciuto… Solo il vero iniziato è in grado di decifrare il senso autentico di quanto è celato nei molteplici riflessi dello speculum.
La Luna svanisce dietro i tetti ed io contemplo il cielo. E’ una notte chiara, una di quelle notti che non si dimenticano, che ti tolgono il fiato. Una notte in cui il cielo trafitto di stelle e le galassie lontane e pulsanti di vita sembrano riflettersi dentro gli occhi, scavando nel profondo, accendendo nel cuore mille emozioni. In questa notte il vissuto ti scivola addosso e riporta alla mente come un bagliore fulmineo, un istante infinito, i ricordi sepolti nello scrigno interiore, là dove i sogni si sostanziano. Così mi tornano alla mente le parole di Rudjard Kipling, lo scrittore esoterista, che sembrano scritte apposta per chi percorre il sentiero del Guerriero Spirituale: “Se saprai forzare il tuo cuore, ed i nervi, ed i tendini affinché ti servano, anche se già siano sfiniti; e così resistere quando non vi sarà in te più nulla, fuorché la volontà, che dice ancora: resisti!”.
Che la forza e la Luce vi accompagnino sempre.

(Tratto da Elixir 3 con il permesso delle Edizioni Rebis)

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