ERMETISMO E TERAPEUTICA IN GIULIANO KREMMERZ di Piero Fenili

Visite: 4003

Si può tranquillamente affermare che la terapeutica costituisce un incontestabile fondamento dell’ermetismo kremmerziano, considerando che il Kremmerz la pose al centro delle modalità operative dell’organizzazione iniziatica da lui creata, la Fratellanza terapeutico-magica di Myriam. In tal modo egli venne a rapportarla, seppure con due importanti “distinguo” di natura rispettivamente dottrinale ed operativa, al grande movimento rosicruciano sviluppatosi in Europa soprattutto nei secoli  XVII  e XVIII.
1) “Distinguo” dottrinale: mentre la Rosa+Croce  europea si muoveva prevalentemente entro gli orizzonti del cabalismo ebraico-cristiano, pur con qualche  significativo accostamento ad una numerologia che si fa risalire anche a Pitagora, la Rosacroce  kremmerziana travalicava i limiti della Tradizione biblica, nelle sue due forme di Antico e Nuovo Testamento, per prendere a modello le antiche Fratellanze isiache, intese come veicoli di un esoterismo magico egizio-caldeo.
2) “Distinguo”operativo:  la Rosa+Croce europea, specialmente nella sua corrente manifestatasi all’esterno come  Rosa+Croce d’Oro (nota in Germania, dove fu particolarmente attiva, come Gold u. Rosenkreuz) prestò particolare attenzione all’alchimia operativa di laboratorio, della quale apparvero sulla scena europea alcuni misteriosi Adepti (si pensi al caso dell’enigmatico Federico Gualdi ovvero Friedrich Walther, attivo anche in Italia).
Tale alchimia operativa di laboratorio mirava alla confezione di un farmaco universale (cioè “cattolico”) capace di guarire ogni male e di prolungare, come elixir di lunga vita, indefinitamente la durata della vita umana, beninteso nei limiti concessi dal Creatore. Realizzazioni, queste, che comportavano in taluni sviluppi anche  una decisiva efficacia trasmutatoria, in senso spirituale, sulla persona dell’iniziato. In corso d’opera, poi, si mirava anche alla trasmutazione dei metalli vili in oro, che era però ritenuta un’acquisizione di livello inferiore, sebbene fosse proprio quella che scatenava maggiormente la cupidigia umana ed inquietava le Autorità, timorose da un lato di possibili disordini finanziari collegati a tali pratiche, ma non di rado desiderose di accaparrarsene  le più o meno mirabolanti ricette. Di tale trasmutazione metallica il Kremmerz volle in parte utilizzare il potente simbolismo che, applicato all’ermetista praticante, ne suggeriva, come da piombo in oro, la trasformazione in una sorta di semidio.

Giuliano Kremmerz non fu comunque indifferente ai richiami dell’alchimia di laboratorio, sebbene si limitasse, per quanto ne sappiamo, a tentare un processo che nel  gergo di laboratorio sarebbe definito come “particolare”. Ci riferisce egli stesso del tentativo, riuscito solo in piccola parte, di ottenere il mercurio specifico, mediante il “trattamento continuo del fuoco o fornello a dodici lampade, per triplice saturazione sofica…”1 (Opera Omnia, vol. II, pp.192-194).
Bisogna dire che il Kremmerz, per la sua inclinazione verso un’alchimia che ponga direttamente l’uomo a soggetto-oggetto delle relative pratiche trasmutatorie, appellandosi alla “materia cosmica ed eterea che fa [sostanzia] l’anima dell’uomo” (ivi), non si discostava  dalla dottrina  dello spiritus mundi che, nell’alchimia di laboratorio, presiede ad ogni fase dell’Opera minerale.
Il Kremmerz doveva avere ricevuto alcune informazioni circa le tecniche di laboratorio da un alchimista “italianissimo”, malgrado il temperamento di costui da “arpagone avarissimo”, che in genere si attribuisce agli alchimisti detti “gelosi”. Doveva tuttavia essere un ermetista molto avanzato, un vero Adepto di altissimo grado, se rivendicava il privilegio di attraversare i secoli senza rinascere “da un utero di donna”, ma “cangiando approssimativamente la figura esterna”, cosa che  fa supporre un modo di eternarsi diverso da quello cosiddetto per Avatar, sul quale ho già scritto  sul nr.1 di Elixir e  che  veniva intesa dal Kremmerz come acquisizione di un nuovo, diverso corpo, per cui la figura esteriore dell’Adepto sarebbe  necessariamente cambiata, venendo sostituita da un’altra differente (O.O., III, pp.146-147).
L’alchimista italianissimo sembrava invece avere  acquisito una tale potestà del suo corpo solare da potere provocarne un  addensamento capace di “corporificarlo” a volontà e reiteratamente in un corpo saturnio. Tutto questo mi richiama alla mente alcune acquisizioni degli alchimisti cinesi della corrente esoterica del Taoismo.  Non voglio, al riguardo, privare il lettore di una stupefacente quanto inattesa poesia che lessi da ragazzo in un racconto di fantascienza, dove non ci si aspetterebbe di trovarla, se non  per chissà  quali balenamenti di insospettate intuizioni. Essa sembra infatti evocare un conseguimento iniziatico che oggi riconosco simile a quello rivendicato dal  misterioso alchimista interlocutore del Kremmerz :

                                   Io sono la faccia di famiglia, perisce la carne ma io sopravvivo, proietto attraverso i tempi dei tempi i miei tratti immutabili e balzo da un luogo all’altro più forte dell’oblio.

            Tornando alla terapeutica, ritengo di potere affermare che quella insegnata dal Kremmerz si distingueva da quella propugnata dalla Rosacroce mitteleuropea poiché, a differenza di questa, non si concentrava sulle ricerche di laboratorio, rivolte oltre che ad ottenere il Farmaco Cattolico, anche  alla pratica di  processi particolari miranti alla guarigione di singole malattie, secondo i dettami di una vera e propria farmacopea  alchimica.
L’interesse del Kremmerz, risultato limitarsi, come si è visto, ad uno solo di questi processi particolari, ci conferma che il suo modus operandi terapeutico si muoveva in altre direzioni.
La terapeutica del Kremmerz si collocava in un'altra dimensione e precisamente in quella della teleurgia (medicina a distanza) che si esplicava nelle manipolazioni di forze sottili, sia che agissero direttamente sul malato, sia che si avvalessero di un qualsiasi supporto farmacologico appartenente alla farmacopea ufficiale, tanto allopatica che omeopatica (quest’ultima era in genere preferita per certi suoi postulati non lontani dall’ermetismo) o addirittura servendosi dei rimedi semplicissimi ed innocui offerti dalla natura, come è il caso di molte cure connesse alle lunazioni nelle quali, come dice il nome, l’efficacia terapeutica veniva rimessa ad impalpabili influenze lunari.
Quindi nessuna “invasione di campo” da parte della teleurgia nei confronti della medicina ufficiale, verso la quale il Kremmerz esortava al rispetto, mentre essa  non si poteva certo allarmare se l’ermetista avesse reputato, ad esempio, che un particolare farmaco risultava potenziato dalla virtù di un salmo davidico che su di esso venisse recitato, anche a distanza! Il medico laureato e positivista era sempre libero di giudicare il caso con una semplice alzata di spalle, senza che il teleurgo si perdesse d’animo.
A  grandi linee la terapeutica kremmerziana si articolava, come subito si vedrà, in due grandi partizioni, una di magia naturale e l’altra di magia divina.
Il ruolo della magia naturale veniva, nel progetto kremmerziano, egregiamente svolto dal magnetismo di catena. Riteneva il Kremmerz, ed i fatti gli diedero spesso ragione, che se si collegava in una catena magicamente orante un certo numero di persone, recanti ciascuna di esse il contributo del proprio potenziale indicato da una specifica personale “cifra”, la risultante magnetica di  tale collegamento non sarebbe consistita nella semplice somma aritmetica delle singole cifre, ma di tale somma aumentata di una certa “x” che ne accresceva l’efficacia terapeutica complessiva. In tal modo la catena si trovava a disposizione un potenziale energetico che veniva indirizzato verso la guarigione dei malati che si fossero rivolti alla Fratellanza  per averne aiuto: ideale nobilissimo e sapiente, non di rado incompreso, che abbinava allo scopo totalmente altruistico di un dono che non chiede compenso il beneficio, concesso al donatore, di poter trarre indirettamente dal circuito magnetico della catena i fattori equilibranti necessari alla realizzazione del proprio Ermete, ovvero di uno stato in cui gli squilibri astralmente latenti in ogni essere umano e simboleggiati dalle coppie di opposti planetari (Sole-Luna, Giove-Saturno, Marte-Venere)  si compongono nell’ermafrodito Mercurio, rendendo in tal modo possibile lo sviluppo equilibrato dell’ascenso magico.
L’accumulo di questo magnetismo di catena costituiva  il necessario presupposto affinché la catena dispiegasse con successo la sua azione terapeutica. Questo risultato veniva realizzato quando il circuito magnetico della catena era in grado di generare o attirare (sono due ipotesi ben distinte) le forze terapeutiche operanti.
Tali energie venivano dal Kremmerz distinte a seconda che fossero di generazione umana oppure esistenti  di vita propria. Appartengono alla prima categoria “I geni [che] sono inferiori all’uomo. Quindi geni da 'generati' sono esseri vitali, vitalizzati di determinato sviluppo, di creazione umana”(O.O., III, p.245).2
Rientrano nella seconda categoria,  precisa il Kremmerz, gli “Eoni [che] invece sono esseri di ordine superiore e non di creazione umana(p.246). Per darne un’idea il Kremmerz cede la penna  ripetutamente al platonico (più precisamente: “medioplatonico”) Apuleio (O.O., I, pp.116 -118 e II, p.249), il quale, oltre ad avere lasciato dietro di sé la fama di mago, si dimostra assai al corrente  del retroscena iniziatico del platonismo, roccaforte fino ad oggi inespugnata di una modalità del conoscere che non si fonda esclusivamente sulla testimonianza dei sensi fisici, per quanto assistiti dai potenti strumenti offerti dal progresso tecnologico .
Occorre in proposito chiarire un punto, affinché non  nascano  malintesi. La concezione moderna del sapere come di una scienza che virtualmente possa essere comunicata a tutti, ha origine da una erronea ed arbitraria contaminazione tra un criterio sociologico ed uno gnoseologico. La  Conoscenza è conoscenza e basta, indipendentemente dalla sua comunicabilità ad una cerchia più o meno estesa di persone. Questa  verità peraltro viene di fatto sottintesa dalle élites che si collocano ai vertici della ricerca scientifica (matematici, fisici, ecc.), le quali sono perfettamente consapevoli del carattere elitario del loro sapere, comunicabile soltanto a coloro che hanno percorso il medesimo severo iter di studi.
Questa concezione elitaria del sapere appartiene in modo eminente all’Ermetismo, al quale tuttavia non è estraneo il criterio di verifica legato ai risultati obiettivamente sperimentabili che la pratica produce. È il caso, ad esempio, delle operazioni terapeutiche, nelle quali è la guarigione del malato, se non riconducile ad altre cause, a certificare il successo della terapia ermetica applicata.
Ma, oltre a ciò, nell’ermetismo viene postulata una realizzazione più alta che  attinge direttamente a una Verità invisibile agli occhi umani a prescindere da un qualsivoglia riscontro sensibile, nemmeno se affidato ai più potenti telescopi astronomici.
In Occidente una buona mappa del mondo eonico venne disegnata, come si è visto, dal medioplatonico Apuleio e per questo il Kremmerz vi fa reiterato riferimento (O.O., I, pp.108 -110 e II,  249), senza per questo pretendere alcun atto di fede ma rinviando alla pratica ermetica per averne diretta esperienza
Se così stanno le cose, si deve onestamente ammettere che gli orizzonti della scienza moderna vengono travalicati dalla conoscenza iniziatica, che alla scienza non si oppone, ma la trascende.
Sorprende quindi che vi siano persone che si sforzano di trovare nei dogmi e perfino nelle superstizioni3 della scienza contemporanea i criteri per verificare la validità o meno del sapere ermetico senza accorgersi  che, così facendo, lo costringono in una sorta di letto di Procuste, dal quale viene snaturato e falsato.
Molto più consono a fungere da cornice si presenta invece il platonismo che, travalicando i limiti temporali dell’Accademia antica, è venuto a costituirsi, anche con gli apporti del neopitagorismo, come l’intelaiatura filosofica deputata a sostenere, in Occidente, le varie forme di sapienza iniziatica e di quella ermetica in particolare. Ad esso appartiene la nozione centrale di Anima del Mondo, spiritus o anima mundi, denominata Mercurio Universale nell’ermetismo. Il platonismo, toccando con l’emanatismo plotiniano il suo più maturo compimento, ci descrive un mondo nel quale, senza soluzioni di continuità, da condizioni di esistenza  oscure, pesanti ed opache (ovvero “saturnie”, secondo il linguaggio kremmerziano) si ascende a modalità di essere sottili e luminose, ovvero “solari”, secondo il medesimo linguaggio. Una conseguenza dell’importante ruolo che l’Anima mundi svolge in questo contesto, è la concezione di una Vita che si partecipa ai  tre regni della natura, minerale, vegetale, animale, con al vertice  l’uomo. Non diversa è stata la visione dei grandi ermetisti occidentali, a partire da Paracelso per giungere fino al Kremmerz.     
Per quanto riguarda in particolare il mondo animale, il Kremmerz scrive a proposito del contesto unitario nel quale esso deve essere considerato: “Se riflettete che l’uomo e un qualunque animale differiscono essenzialmente non pel valore morale, intellettuale, psichico, ma semplicemente perché l’uomo vivente ha la mano con le sue articolazioni che opera e la bocca atta a parlare, capirete facilmente che l’insieme bestiale che è in termini eguali nell’uomo e nell’animale, non può in modo eguale manifestarsi ed agire nei due tipi zoologici”(O.O., III, p.14).
Questa comunanza di natura spiega la condanna della alimentazione carnea che l’insigne neoplatonico Porfirio formulò nel suo De abstinentia, nonché la messa al bando dei sacrifici animali, bollata da Apollonio di Tiana, il grande Taumaturgo pagano, come perniciosa illusione di poter “lavare il sudiciume con altro sudiciume”.4
Concludo quindi riassumendo che la medicina a distanza proposta da Giuliano Kremmerz si sostanzia del potere magnetico della catena, di origine umana, senza escludere che in essa possa entrare un Eone, di creazione non umana, con conseguente possibilità di una “manifestazione superiore” (O.O., III, p.224). È precisamente quanto si apprende dagli scritti riservati del Maestro consacrati alla terapeutica, il quale non trascura di ricordare come la carità ermetica è la piccola chiave (clavicola) che dischiude l’accesso al mondo eonico.
Questi, a grandi linee, i principii della terapeutica kremmerziana che  assume un rilievo centralissimo nell’ermetismo del Kremmerz, il quale, nei suoi scritti specificamente consacrati all’argomento, fornisce preziosi chiarimenti ed approfondimenti.
Il grande ideale taumaturgico del Kremmerz, in ordine al quale egli dovette ammettere amaramente di aver creduto che “l’umanità [fosse] molti secoli più innanzi” (O.O., I, p.9), non è stato adeguatamente compreso ed in certi casi perfino ostacolato e tradito.5
Una delle cause di tale incomprensione è stata la fallace interpretazione di un’altra grande e fondamentale dicotomia formulata dal Kremmerz, che si aggiunge a quella, cui ho accennato, relativa alla distinzione tra magia naturale e divina. Si tratta della distinzione tra magia isiaca o lunare, detta anche eonica, e magia ammonia  o solare (O.O., II, pp.245-246).
Spiega il Kremmerz che la magia lunare è detta anche eonica, perché ottiene realizzazioni mediante gli Eoni. Nella magia solare o ammonia, invece, il mago tenta di imporre la trasmutazione in sé e fuori di sé. Si tratta di un compito estremamente arduo che  deve condurre il mago  a divenire esso stesso un nume, trasmutando la sua natura umana. Ma fra le due magie non vi è opposizione, bensì complementarità. Infatti, precisa il Kremmerz, al termine della via isiaca, peraltro non priva essa stessa di difficoltà e rischi, il mago incontrerà infallibilmente il suo iniziatore ammonio che gli consentirà di proseguire oltre nell’ascenso.
Non è quindi in alcun modo ammissibile alcun giudizio riduttivo nei confronti della Myriam, deputata sapientemente dal maestro Kremmerz a condurre il praticante lungo il  percorso isiaco, fino al punto in cui, come Maestro di Myriam, esso potrà constatare che la via lunare si trasforma  in solare, come la luce lunare, in magia come in astronomia, non è altro che un raggio riflesso di quella solare.
E’ inoltre mio personale convincimento che l’avere in alcuni casi sottovalutato e quindi trascurato la componente terapeutica dell’ermetismo kremmerziano possa avere contribuito ad innescare alcuni fenomeni involutivi verificatisi all’interno di esso.
Tale realtà spesso non è stata compresa e vi è stato perfino qualche sprovveduto che, accogliendo una distinzione discutibile in quanto trasposta arbitrariamente dalla alchimia di laboratorio, cui appartiene in proprio, ha cianciato di  via secca ovvero solare e via umida cioè mistica e lunare, affibbiando alla magia isiaca l’epiteto di mistica mentre invece si tratta di una via teurgica, come ben sapevano i Teurghi del neoplatonismo, a principiare da Giamblico.  
Concludo pertanto ricordando un versetto del Credo dell’ermetista  kremmerziano, di trasparente impianto neoplatonico:

            Credo nell’ascenso dell’uomo all’Uno infinito

che sigilla gli inesauribili orizzonti della Verità ermetica, che riconduce la infinita molteplicità degli esseri alla ineffabile e trascendente Unità da cui derivano.

(Tratto dal volume dell’AHKU-Accademie Hermetiche Kremmerziane Unite: “La Via Ermetica”, Ed. Rebis, 2011 – Per informazioni: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.).

 

1 Per comodità del lettore le citazioni vengono effettuate mediante un semplice rimando all’Opera Omnia degli scritti del Kremmerz, pubblicata in tre volumi dalla Editrice ”Universale di Roma” (1951-1957), secondo un’impaginazione mantenuta successivamente da altri Editori. Data la semplicità delle citazioni, mi limiterò ad indicarle tra parentesi come O.O. seguite dal numero romano del volume  ed  indicando quindi con numeri arabi le pagine da citare.

2 Anche i cosiddetti elementali sono di creazione umana. I Geni dell’antico Paganesimo erano invece realtà complesse, in cui l’apporto umano si univa ad Entità eoniche. È la terza ipotesi considerata dal Kremmerz (O.O., III, p.224).

3 Non finisce di sorprendermi come una parte della comunità degli scienziati, composta sicuramente di uomini intelligenti, continui a prestar fede all’assurdità di una evoluzione dovuta al sommarsi casuale di eventi favorevoli, laddove è chiarissima nella natura l’esistenza di un finalismo, anche se non così “provvidenziale” come i creazionisti cristiani antidarwiniani si illudono che sia. Ed anche mi stupisce che C.G. Jung, con la sua strampalata interpretazione dell’essenza dell’alchimia come di una interiorizzazione dei processi che l’operatore poneva in essere nel suo laboratorio ( inseguendo la “chimera” della Pietra Filosofale), sia considerato uno dei guru più competenti in  tale arcana disciplina!

4 Cit. in: I filosofi e gli animali, a cura di Gino Ditadi, Isonomia, Vicenza, 1994, p. 333.Un interessante confronto tra le virtù degli animali e quelle umane, a tutto vantaggio delle prime, viene sviluppato dal platonico Plutarco nel suo interessante e piacevole Le virtù degli animali, Marsilio, Venezia, 1995, con l’originale testo greco a fronte.

5 Oggi sembra che tali condizioni epocali sfavorevoli siano ulteriormente peggiorate, oltre che per il diverso Zeitgeist orientato massicciamente verso le conquiste tecnologiche, anche per la dispersione di una parte importante del patrimonio sapienziale trasmesso dal Kremmerz, dovuta  ad incomprensione, vanità, egoismo e perfino ad aperta ostilità, come nel caso delle avvenute profanazioni.