Dall'Uomo-Bestia all'Uomo-Dio, attraverso L'Uomo-Animale

di Q.A.D.

     Frequentemente, in cerca di un’improbabile trascendenza, si è soliti pensare che lo scopo ultimo dell’ermetismo sia quello di trasformare l’uomo in angelo, prima, e in dio, successivamente… Trascendere l’istintualità per condurre l’iniziato alla dimensione del puro pensiero dove solo le intelligenze separate possono vivere!!! Sebbene tali affermazioni possano avere un senso figurato (tutto da chiarire e da precisare!), il risultato per lo più è quello di perdere di vista la reale importanza della dimensione fisica. La conseguenza, purtroppo, è quella di una trascendenza sentita con un senso di disagio e di netta separazione, oltre che di frustrazione, da quelle che sono le possibilità umane. Questa deriva, purtroppo, è ancora legata al retaggio del monoteismo che ha creato una scissione tra il piano umano e quello divino non solo dal punto di vista morale, ma persino ontologico, presentando uno scarto tra uomo e Dio che il paganesimo classico non conosceva affatto. Giove si univa ai mortali e generava semidei o persino un dio, come nel caso di Dioniso, insegnandoci che non esiste alcuna soluzione di continuità tra gli archetipi divini e la vita che faticosamente ed imperfettamente conduciamo. Il politeismo classico non nega la trascendenza, ma la considera come il superamento delle barriere e degli schemi mentali (consci e inconsci) che secoli di indottrinamento ci hanno finito per imporre. Possiamo ancora sedurre Giove, o Afrodite, o Atena attraverso un’espansione della nostra consapevolezza che superi il dualismo esistente tra uomo e Dio e riscopra nell’analogia tra micro e macrocosmo una condizione di felice continuità tra noi e la natura.

Il superamento della nostra dimensione istintuale non può essere inteso come l’abbattimento della natura animale che ci è propria, quanto, piuttosto, come la perfetta integrazione della seconda. Immaginiamo per un istante di volere invocare un genio gioviano. Kremmerz ci dice che per farlo dobbiamo sentirci giusti e magnanimi. Ma cosa può significare tutto ciò? Come accostarsi ad un’idea di Giustizia che rischierebbe di essere percepita come un qualcosa di troppo ideale e lontano? La risposta potrebbe essere ricercata proprio nella letteratura greca e latina, quella stessa che il Kremmerz invitava continuamente a leggere. Uno degli animali-simbolo di Giove era l’aquila e lo sarebbe ancora se solo ci si sforzasse di intendere che questo nobile rapace non è soltanto la figura astratta della regalità, ma piuttosto incarna ed invera alcuni degli aspetti più importanti del padre degli dei. L’aquila è in grado di volare al di sopra degli esseri umani, sulle vette più alte ed inaccessibili e da lì è in grado di guardare gli uomini, gli altri animali e la natura tutta con equidistanza, più che con distacco. La giustizia è, infatti, più che una separazione emotiva rispetto alle vicissitudini umane, una vera e propria imparzialità che si può ottenere solo con la visione aerea dell’aquila. Immaginate per un istante, attraverso un vero e proprio GIOCO dell’immaginazione, di osservare dall’alto e in volo gli affanni umani, percependo non un senso di superiorità (aspetto negativo degli spiriti gioviani), ma l’equidistanza rispetto alle diverse componenti di ogni evento, affanno e cura. In quel momento, non appena il GIOCO stesso avrà trasformato questa semplice fantasia in una reale sensazione cinestesica, fisica… in quello stesso istante, dicevo, e a dispetto delle emozioni che ci porterebbero a privilegiare qualcuno o qualcosa in barba alla Giustizia, ci saremo trasformati in aquile capaci (unico animale al quale è possibile) di guardare direttamente il sole, simbolo di verità, senza diventare ciechi.

La letteratura sciamanica è piena di riferimenti all’animale totem, ma in questo caso ciò su cui vorrei porre l’accento è la necessità di riscoprire quella fauna interiore che nella mitologia greco-latina incarnava (cioè dava corpo e sangue) principi altrimenti accessibili solo dall’intelletto e dalla ragione e per ciò stesso per nulla trasmutanti. Ma questa è un’altra storia, dovrei dire con poca originalità.

Concludo questa riflessione con alcune citazioni celebri in difesa del mondo animale, la cui importanza iniziatica non esaurisce e NON DEVE ESAURIRE le ragioni per il rispetto dovutogli.

 

Come quell’enormi sfingi distese per l’eternità in nobile posa nel deserto sabbio, essi scrutano il nulla senza curiosità, calmi e saggi. [Charles Baudelaire].

 

I soldi possono comprarti un cucciolo delizioso, non lo scodinzolio della sua coda. [Henry Wheeler Shaw].

 

A forza di sterminare animali, si capì che anche sopprimere l’uomo non richiedeva un grande sforzo. [Erasmo da Rotterdam].

 

Se un uomo venisse sepolto nella stessa fossa con la carcassa di un animale, tutti deplorerebbero il fatto. Eppure, pensandoci bene, sarebbe un bel modo per manifestare l'unità di ogni vita. [Mahatma Gandhi].

 

La civiltà di un popolo si misura dal modo in cui tratta i suoi animali. [Mahatma Gandhi].

 (tratto dalla rivista "Elixir" con il permesso delle Edizioni Rebis)

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