Molte persone che come me sono approdate in gioventù allo studio e alla ricerca dell’Arte Regia, hanno prima fatto la conoscenza della straordinaria personalità e dell’opera di Julius Evola, Questo profondo Maestro della Dottrina Tradizionale e variegato studioso di numerosi domini della cultura, traduttore, saggista, artista, filosofo, guerriero dello spirito, pensatore vibrante e attiva tempra di igneo horo, libero da discepoli, aristocratico coraggioso interprete della Luce Solare, ha per noi il grande merito di avere delineato nelle nostre menti, attraverso la sua produzione libraria, il filo d’oro che nel labirinto esistenziale della cultura materialistica e contro-iniziatica dell’Italia degli anni ’70 ci guidò alla negazione prima e al superamento poi, dei dogmi oscurantisti imposti dal pensiero egemonico clerico-borghese.

Ma a questa impressione “energizzante” si accompagnava l’attenta lettura dei suoi volumi, che svelavano all’occhio della mente la natura illuminante della “teoria evoliana”.

Dagli anni venti agli anni quaranta, il barone Giulio Cesare Evola aveva scritto la più matura speculazione intellettuale del suo pensiero, acquistando, poco più che trentenne, una considerevole notorietà nell’Italia dell’epoca. Come un lampo dardeggiante, dalla Roma Arcana ove prendevano vita le sue idee, si stava manifestando nella presenza di quest’uomo una voce imperatoria dei segreti maestri del patriziato magico dell’Urbe. Ancora nel dopoguerra, pur ostracizzato dalla cultura ufficiale, cosa che peraltro non sembrava preoccuparlo o riguardarlo, le sue pubblicazioni vennero lette e diffuse da molti giovani.

Alcuni di loro approfondiranno in seguito il pensiero hermetico in modo serio, senza nulla concedere a mode, pseudo-valori e correnti irrilevanti dello spiritualismo moderno. Lo stile, l’intelligenza lucida realistica e sicura di Evola “come tagliente spada che vada recidendo dalle radici la fitta vegetazione della retorica” (L. Grassi), animavano in noi un livello di analisi e si interpretazione della società moderna talmente penetrante e lineare che difficilmente la narcosi venefica del mondo anti-tradizionale avrebbe potuto far breccia nelle coscienze dei suoi lettori sinceri.

L’opera che più di tutte ha influenzato la formazione del suo pensiero è stata sicuramente “rivolta contro il mondo moderno”, profondo esame critico, e innovativo nel metodo, della civiltà tradizionale e dei principi involutivi che sul piano storico e metastorico hanno determinato l’avvento dell’anti-tradizione.

È un fatto che da questa lettura si ricostruiscono nella loro permanente attualità, con pezze d’appoggio di vasta erudizione, i valori del sacro e dell’eternità e si apre l’occhio distaccato, sovrano e libero dagli aspetti profani, materialistici e anti-trascendenti dei nostri tempi.

Anche i miti dell’Iniziazione Antica, sia occidentale che orientale, vengono assunti nel loro valore simbolico e anagogico, e nei punti di riferimento di verità e forza dimostrativa egli rettifica e corregge le menzogne della scienza, della religione e del pensiero oscurantista del kali-yuga. Giustamente è stato detto che “vi sono punti di forza magica nel libro”. Non possiamo ovviamente trascurare di citare l’esperienza di Evola nel Gruppo di Ur (all’interno della quale si firmava con la sigla Ea), un gruppo di vari studiosi e praticanti della realizzazione esoterica, costituitosi a Roma nel 1926 e che si era proposto di trattare le discipline iniziatiche dando particolare rilievo al lato operativo e sperimentale di esse. Sotto la direzione di Evola uscì quindi dal 1927 al 1929 una serie di fascicoli mensili tra loro coordinati, sotto il nome di Ur e poi Krur, “rivista di indirizzi per una scienza dell’io”.

Questa summa di considerevole valore sapienziale e dottrinario accolse diversi importanti esoteristi
 del tempo oggi identificabili attraverso gli pseudonimi con i quali firmavano gli articoli. Statura e valore del loro contributo, soprattutto in quella esperienza, furono alti e quasi tutti i collaboratori si discostarono dal cristianesimo.

Di ciò ad esempio, di questa Fortezza d’avanguardia di volontà magiche operanti, siamo debitori alla maestria di Evola che seppe dar vita e coordinare con coraggio e attento spirito indagatore di ricerca, il gruppo dei collaboratori e dell’attività della rivista. Insegnamenti, analisi, riferimenti, dettagli operativi, spiegazioni e ricostruzioni di antiche verità pagane, rimangono ancora oggi, per quanti seguono e sviluppano la Via della Tradizione Arcana, validi spunti di arricchimento, approfondimento e completamento dell’Opus Magicum.

Non dovendo in questa sede effettuare una disamina complessiva dei volumi di Julius Evola, ci terrei però a menzionare, oltre alle importanti opere filosofiche oggi studiate e approfondite nel loro vero livello speculativo, tra le quali spicca “Saggi sull’idealismo magico” (1925), gli studi orientali riferentisi al Tantra o al Taoismo (Il libro della via e della virtù, 1923 – L’uomo come potenza, 1925).

Del 1928 è il libro “Imperialismo pagano”, violentemente attaccato allora da ambienti zelanti del fascismo di corte e soprattutto dai cattolici. Anche questo testo, considerato talvolta un’opera giovanile e immatura dell’autore, riveste una grande importanza insieme ai tre volumi del Gruppo di Ur, per la vitalità ed il realismo attivo dell’idea anti-cristiana che sembrava voler sorgere in quegli anni attorno ad un nucleo di maghi ed hermetisti risoluti ad innalzare le radici della sapienza pagana classica e mediterranea nei simboli del fascio e dell’aquila, di contro all’egemonia religiosa e politica della tirannide vaticana.

“La tradizione ermetica” (1931) e “Il mistero del Graal” (1937) sono le due monografie su temi specifici della conoscenza tradizionale, l’una avendo il merito di investigare con un vasto sapere i riferimenti alla dottrina alchimica occidentale e al simbolismo magico rinascimentale della Grande Opera; l’altra di tradurre in linguaggio gnoseologico pre-cristiano la Via Ghibellina dell’Arte Regia nel contesto della tradizione imperiale nordica. Ma opera ancor oggi suggestiva e solo in parte superata fu “Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo” (1932): una valutazione acuta, circostanziata e poco indulgente della “spiritualità” moderna e delle sue principali correnti, dall’antroposofia alla psicanalisi; le quali, secondo l’autore, invece di elevare l’uomo oltre il razionalismo profano, lo portano ancora più in basso incatenandolo a condizionamenti inferi e sottili.

Nella prima metà degli anni cinquanta egli continuerà con “Gli uomini e le rovine”, ove si delineerà la sua dottrina “politica” in vista dei nuovi orizzonti della concezione del mondo uscito dalla guerra; e “Metafisica del sesso” (1958), interessante studio sul vastissimo argomento del risveglio dell’eros a fini iniziatici, sia nella tradizione occidentale che in quella orientale.

Negli anni cupi della seconda guerra mondiale aveva anche scritto “La dottrina del risveglio”, dal sottotitolo “saggio sull’ascesi buddhista” (1943).

Insomma si può parlare di J. Evola come di un maestro che, vero e proprio albero della tradizione sapienziale antica, ha rielaborato in linguaggio erudito e attuale la visione organica e integrale dell’uomo antico, del Vir e del Flamen, e di quella dimensione arcana e arcaica che lo univa sottilmente alla presenza numinosa, in tutti i domini dell’esistenza.

Il nostro autore ha saputo magistralmente descrivere ed indicare quale era il senso, l’essenza e la reale visione di quel mondo, delle sue élites e della sua continuità attraverso comuni simboli fino alle soglie dell’età oscura del mondo moderno. Ha riscoperto nella scienza sacra la via dell’azione hermetica nei testi alchimici dei nostri iniziati e dei loro miti vivificatori nell’età della rinascenza. Ha dato valore e fornito documentazioni inoppugnabili all’origine pagana e pre-cristiana del Mistero del Graal, facendo luce in modo serio e probante sugli ordini più segreti e guerrieri, come quello dei Templari; oltre che aver interpretato la cavalleria medievale secondo quel codice segreto che fu vero e proprio linguaggio esoterico della letteratura cortese europea.

Con questi simboli e nel loro significato “magico” Evola chiarisce la virtù e la via che l’Uomo della Tradizione deve ancor oggi percorrere per affrontare le prove e i limiti della natura inferiore e assurgere con coraggio heroico e intelligenza d’aquila, alla Corona dei Re, Sovrani dell’Imperial Conoscenza Superiore.

Qualcuno lo definì “rinoceronte sull’asfalto”; qualcun altro “plumbeo”; noi consideriamo il fatto che, durante le sue prime pubblicazioni e soprattutto nel dopoguerra, egli ha risvegliato con tale fermezza, tensione ideale e senza cedimenti né ambiguità i Valori hermetici ed heroici dell’ethos aristocratico, differenziato e anti-plebeo.

Utili per quanti cercarono la Fiaccola della Vera Spiritualità Iniziatica, tracce feconde e confortanti per andare oltre. Come se alla luce della fiamma del suo “focolare” l’orientamento dell’asceta si facesse più completo e definito nella solare perfetta chiarezza di un pensiero acceso e purificato. E invero Evola aveva scritto (G. De Turris, L’uomo di vetta):  “ciò che ho sentito di dover esprimere a affermare appartiene ad un mondo diverso da quello in cui mi sono trovato a vivere”.

Importanti sono, e sono stati, i suoi riferimenti alla Civiltà Sacrale dell’Antica Roma, al Paganesimo Misterico dell’Ellade, alla Magica Sovranità della Persia. Scrive in un passo di Maschera e volto dello spiritualismo contemporaneo: “Oggi, epoca dell’irrazionale e della demonia e del collettivo sono fin troppe le forze contro cui bisogna resistere e combattere, perché vi si debbano aggiungere i pericoli della ‘spiritualità’. Lo ‘spirituale’ valga come una conoscenza, non come una tentazione. Si faccia superare sia l’attitudine irrealistica religiosa, sia l’attitudine gretta scientista e positivista. Lo si senta come una realtà presente, non miracolosa ma evidente, nei quadri di una sensazione del mondo più completa, più vasta, più libera. Ci faccia leggere attraverso i miti, i simboli e i riti delle grandi tradizioni, ci faccia conoscere l’illusione e la relatività di tanti idoli e valori moderni. In più, e in fondo, è un ritorno alla visione ellenica classica della vita che si impone”.

Scrive a proposito dei temi trattati da Evola in Rivolta contro il mondo moderno, Adriano Romualdi (J.Evola, L’uomo e l’opera, Volpe 1971, p. 47): “… la vita come venne vissuta nell’ambito delle civiltà tradizionali, trae la sua luce da una sfera superiore dell’essere,  che sola conferisce un senso alla convulsa vicenda del divenire. Essa è ripetizione nel tempo di talune azioni  che si collocano fuori dal tempo – nel clima del mito e del rito – e che assicurano a chi le compie la partecipazione ad essenze non periture. Il rito, il sacrificio, la legge, sono i grandi pilastri dell’ordine tradizionale, l’iniziazione costituisce la seconda nascita, l’atto di transito tra il visibile e l’invisibile; la contemplazione e l’ascesi guerriera le due grandi vie della realizzazione di sé, quelle che allontanano per sempre dalla “via delle madri”, dagli “inferni” – il caos delle ombre originarie – per schiudere “la via dei padri”, dei germanico Asgard, dell’Incaica “casa del sole”, dell’immortalità eroica. La società tradizionale è ispirata dall’alto e rivolta verso l’alto; essa culmina in un’aristocrazia eroica e religiosa che esercita una funzione non soltanto politica ma pontificale, nel senso che stabilisce un “ponte”, un contatto tra mondo e soprammondo. ‘Chi è capo ci sia ponte’ sta scritto appunto in un’antica saga. Sono i Patres a Roma, interpreti di sogni divini (auspicia sunt patrum), gli aristoi elleni “alunni di Giove” (Diòtrefeis); bhramani e kshatriya in India; i “signori del fuoco”, i “signori del carro da guerra” nel mondo iranico. Anche la famiglia non è una associazione meramente naturalistica: il pater è un re e un sacerdote e la gens, il ghenos, la sippe è tenuta insieme da culti comuni”.

Ora, a parte le equazioni personali consentite e presenti nelle soggettività di ogni scrittore, e senza pregiudizi per le vicende storiche e politiche che Evola scelse di seguire, senza mai scadere nel conformismo o peggio ancora nella viltà e senza riceverne niente in cambio se non avversità e contrasti da parte delle camarille più allineate, egli è stata la voce più autorevole e importante che ha rinverdito il messaggio delle Idee-Forza della Verità Hermetica e dello spirito in un mondo di rovine. E rivestendo le sue riflessioni di un linguaggio moderno, di spessore, organico, di ampio raggio, ha consentito all’eredità della Filosofia Perennis o metafisica pratica, di utilizzare una sintesi magistrale e mai apparsa prima in così articolata esplicazione, di raggiungere i moderni lettori sensibili alla battaglia tradizionale.

È quindi incontrovertibile che J. Evola abbia colmato uno iato presente nell’Italia massonica e provinciale posteriore al primo conflitto mondiale e ridato linfa all’ininterrotta tradizione magica ed heroica della Roma Pagana.

Ed anche se talvolta le sue simpatie sono andate alla corrente nordico-celtica dell’Europa medievale, nella difesa degli Dèi di Asgard, del mito arturiano e del Graal di origine germanica, ha comunque avuto presente l’amore per quella luce del nord che, da lui situato nella sacra terra degli Iperborei, andava a coronare una nobilissima e un po’ fatata rivalutazione esoterico-pagana della Magia di Avalon.

Intorno agli anni ’70 si agitò in Italia una insofferenza demotica e ribelle per tutto ciò che riguardava la via e l’azione della milizia spirituale e quanti di noi erano e si sentivano tempestati dagli infimi tentacoli catto-marxisti, salutarono con gioia la difesa a tutto campo della weltanshauung evoliana.

Altro che “rinoceronte sull’asfalto”! Un mago runico fedele alla dea Roma aveva operato un vittorioso incantesimo del dio Ea e raccolto intorno alla sua cittadella gli irriducibili Cavalieri del Drago.

Oggi, mentre scriviamo, il personaggio Julius Evola raccoglie ancora ristampe, recensioni, studi specialistici, fondazioni culturali e opere critiche, le quali analizzano e trattano con innumerevoli metri di giudizio le singole parti e il tutto della sua vasta produzione. Pur tuttavia, ci sembra di osservare che, da un lato, il pensiero da lui profuso fra le generazioni giovanili sia stato eclissato a favore di un medievalismo cristiano cattolico e talvolta persino islamico, nella difesa quasi esclusiva di un’Europa carolingia e monoteista che porta acqua al conservatorismo teologico della Santa Sede. E dall’altro, nella critica erudita e particolareggiata delle attribuzioni politiche e pan-germaniche dell’Evola, si sia perso di vista, ingiustamente, il contributo importante e per certi versi unico che egli ha magistralmente dato a quei Valori Eterni e immortali della Regia Via dello spirito nell’oro della tradizione occidentale e orientale.

Un’ultima precisazione a coloro che, anche se rari, cercano di infangare la figura del nostro autore per le sue idee politiche” e le collaborazioni culturali con il fascismo e il nazionalsocialismo. Le posizioni di Evola nei suoi tentativi d’alto profilo e indiscussa buona fede sono state ampiamente investigate dai suoi biografi. A noi preme solo sottolineare che l’adesione di Evola a quelle esperienze storiche nulla toglie alla sua preziosa ricerca e alla validità dei suoi contenuti, anche per coloro che oggi pretendono di ritrovare l’Aurea Via del Cigno.

In ciò certamente aiutati anche sulla strada da lui tracciata con parole scritte nel Fuoco.

(Tratto da ELIXIR n. 7 con il permesso delle Edizioni Rebis)

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