La dottrina segreta, di Stefano Mayorca

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IL CULTO DEL CARRO DI FUOCO

di Stefano Mayorca

Il Sole è stato il simbolo principale del misticismo ebraico, culto conosciuto come la Tradizione segreta di Israele: la Kabbalah. Alcuni testi riportati alla luce dalle grotte di Qumran racchiudono un genere di liturgia angelica apocalittica, connessa ad Enok e parte integrante della via della Merkabah o visione della Luce e dello Splendore, del Trono di Dio e del suo Carro di Fuoco. La presenza a Qumran di questa somma dottrina, appartenente alla corrente più segreta della Kabbalah ebraica, quella riservata a pochi eletti, per intenderci, testimonia le valenze esoteriche ed èlitarie dell’insegnamento impartito dagli Esseni. 

Contemporaneamente dimostra l’universalità del loro tipo di Gnosi. Quanto asserito è confermato da tutte le religioni del mondo antico che ben conoscevano la simbologia correlata ad un carro che ruota producendo un enorme fragore (vedi il Carro di Zeus o del Sole). Il carro sovente viene associato al Sole nel culto di Cibele e Attis. Il Carro di Fuoco, in poche parole, è un simbolo riconosciuto universalmente quanto il Carro solare o il Carro psichico: Carro alato dell’anima. Chiara l’allusione a livello microcosmico ai centri eterici d’energia, i Chakras, vortici sottili dell’essere umano o ruote. Questi centri sottili, dinamizzati per mezzo dell’ascesi e mediante particolari tecniche, si aprono e si spandono per il mistico-iniziato all’esperienza del divino. Sotto il profilo simbolico, la ruota allude alla perfezione che viene suggerita dalla forma circolare e incarna i cicli, le ripetizioni, i rinnovamenti. Quale simbolo solare lo rinveniamo in numerose tradizioni in forma di ruote incendiate che discendono dalle alture nel corso del Solstizio d’estate, processioni luminose che si snodano sulle montagne nel periodo del Solstizio d’inverno, ruote portate sopra i carri in occasione di varie feste, ruote scolpite sulle porte, ruote dell’esistenza e altre connessioni che riconducono alla sua sfericità. Alcune di queste sono composte da credenze, formule, pratiche che ricollegano la ruota alla struttura dei miti solari. Nell’India, ad esempio, si parla della Ruota immortale (o ruota unica) alla quale viene attaccato un destriero dai sette nomi che muove la ruota dal triplice mozzo. In essa riposano tutti gli esseri e il suo movimento è inarrestabile. Presso i Celti era considerata un simbolo cosmico-solare. Mag Ruith nel contesto celtico era il mago delle ruote, magus rotarum. Con l’aiuto delle ruote Ruith pronuncia i suoi auguri druidici. Egli è anche Signore delle ruote, nipote del re universale, equivalente del Chakravarti ossia colui che fa girare la ruota. Il detentore della ruota in Cina possiede il potere dell’Impero Celeste. Per spiegare le valenze che rendono la ruota e il suo culto così diffuso in numerose culture, è necessario osservare il suo spetto a raggiera e il suo movimento. La struttura a raggiera della ruota fa sì che questa appaia come un simbolo solare. In effetti è associata ad Apollo (o Febo) come al fulmine e alla produzione del fuoco. Il chakra è un attributo di Vishnu che è un Aditya, un Sole. Nei testi e nell’iconografia indiana la ruota è raffigurata avente dodici raggi, numero zodiacale legato al ciclo solare. Le ruote del carro sono un elemento essenziale, costituente la raffigurazione solare, lunare e planetaria. 
Essa rievoca simbolicamente il viaggio degli astri, il loro movimento ciclico. I trenta raggi tradizionali della ruota cinese non a caso indicano un ciclo lunare. Grazie alle sue valenze universali la ruota simboleggia il mondo di cui il mozzo è il centro immobile, il principio, e il cerchio è la manifestazione che ne irradia il potere per effetto dell’irraggiamento. I raggi indicano il rapporto della circonferenza con il centro. La ruota più semplice ha quattro raggi che configurano l’espansione secondo le quattro direzioni dello spazio e ancora, il ritmo quaternario della Luna e delle stagioni. 
La ruota a sei raggi, invece, riconduce al simbolismo solare ed evoca anche il crisma, e può essere considerata come la proiezione orizzontale della croce a sei bracci. Tuttavia la ruota più diffusa possiede otto raggi: sono le otto direzioni dello spazio, egualmente incarnate dagli otto petali del loto con il quale la ruota si identifica. Gli otto petali o raggi, sono anche il simbolo della rigenerazione e del conseguente rinnovamento. 

La ruota è presente tanto nel mondo celtico che in quello indiano, passando per la Caldea. Non dobbiamo trascurare poi, che allude alla disposizione degli otto trigrammi cinesi. La ruota dell’esistenza buddhista ha sei raggi giacché esistono sei classi di esseri, sei loka. La ruota del Dharma, altresì, è composta da otto raggi perché la via comporta otto sentieri. Il significato della ruota si esprime nei testi vedici: la sua rotazione è permanente è rinnovamento, da essa nascono lo spazio e tutte le divisioni del tempo. E’ analogica alla Rota Mundi dei Rosa+Croce. Soltanto il centro della ruota cosmica è immobile, è il vuoto del mozzo che la fa girare, l’ombelico. In questo centro è posizionato il Chakravarti, colui che fa girare la ruota, il Buddha, l’Uomo universale, il Sovrano. Per tale ragione gli antichi re di Giava e di Angkor erano espressamente qualificati come Chakravarti.

Tornando ai centri sottili, i Chakras, è interessante notare che il percorso d’ascenso operato per mezzo di tecniche di espansione, nella Bibbia viene reso metaforicamente descrivendo l’ascensione al cielo del profeta Elia su di un carro di fuoco. Presso gli Esseni, il Carro di Fuoco o Merkabah (inteso anche come Trono), è raffigurato tirato dai Cherubini che l’accompagnano al suono di una brezza divina. Concludendo, parlando di Pitagora, del Monte Carmelo e delle sue tradizioni, abbiamo potuto accennare al simbolismo dell’ascia, dei culti solari e della dottrina del Carro di Fuoco in relazione agli Esseni. Abbiamo tracciato anche se per sommi capi, la storia della tradizione arcaica o parola perduta, giunta agli esseri umani dei due sessi più inclini ad accoglierla, attraverso raggi che risalgono sempre e comunque alla medesima fonte. Il cerchio, forma elettiva, grande archetipo, con i suoi raggi infiniti ci ricorda le varie espressioni del divino, ma il suo centro unico ci parla del dio interno, il Dio occulto e magico che si rivolge ai cuori di chi è pronto ad ascoltarlo, di chi è preparato a trascendere l’umana profanità per risalire verso le regioni luminose del Sole rifulgente ed Aureo, il Verbo di Luce.

Copyright Stefano Mayorca - Riproduzione Riservata

Nella prima foto in alto a destra un'immagina posta sul pavimento del Duomo di Siena