Nell’intricato mondo dei simboli e delle iniziazioni si cela il segreto di uomini e personaggi di alto lignaggio i quali, ricercando le radici dell’essenza magico-ermetica e di una tradizione millenaria, si sono avventurati nei meandri della sapienza secretata.

Tra questi il sommo poeta e iniziato ai Misteri, Dante Alighieri, che militò a lungo  nella cerchia ermetica dei Fedeli d’Amore, il cui maggiore esponente e Gran Maestro era il poeta Guido Cavalcanti. Non a caso, in una sua prosa contenuta all’interno dell’immortale Divina Commedia, Dante afferma: “O voi che avete gl’intelletti sani, Mirate la dottrina che s’asconde Sotto il velame delli versi strani”. 

Il riferimento ad alcune verità nascoste di ordine ermetico celate nell’opera dantesca appare evidente. Il poeta allude alla simbolica che egli stesso ha inserito nel suo capolavoro, per nulla profano o semplicemente stilistico, bensì  compiutamente iniziatico. Le valenze occulte e sapienziali dunque, vanno rinvenute al di là del velo arcano che serra la Verità a chi non è pronto a sollevare i sette veli isidei i quali, una volta discostati, lasceranno intravedere (ma non ancora vedere), l’essenza più intima del Sapere. Spiega il grande esoterista e studioso francese Renè Guenon che il testo dell’Alighieri, lontano dall’essere totalmente compreso, abbisogna di una competenza fuori della norma: “Coloro stessi che hanno intravisto questo lato esoterico dell’opera di Dante si sono molto ingannati quanto alla sua vera natura, dato che, il più delle volte, non avevano capito la reale comprensione di queste cose, e dato che la loro interpretazione risentiva dei pregiudizi che era loro impossibile evitare. Così Rossetti e Aroux, che furono tra i primi a segnalare l’esistenza di questo esoterismo, credettero poter concludere all’ ”eresia” di Dante, senza rendersi conto che così mischiavano delle considerazioni riferentisi a dominii del tutto differenti; la verità è che pur sapendo certe cose, ve ne sono molte altre che essi ignoravano e noi cercheremo di indicarle, senza avere affatto la pretesa di dare un’esposizione completa di un soggetto che sembra veramente inesauribile” (Renè Guenon – L’esoterismo di Dante – Atanòr, 2004).

E’ noto che Dante fosse un Adepto rosicruciano, e come vedremo più avanti anche Eliphas Levi, il noto occultista autore di importanti testi sulla dottrina magica, lo sostiene. Come è palese, questo ordine occulto era di impronta ermetica e la sua storia rientra in quella tradizione legata agli ordini cavallereschi. Nell’epoca che ci interessa questa filosofia ermetica era custodita all’interno di organizzazioni iniziatiche come quelle della Fede Santa e dei fedeli d’Amore, della Massenia del San Graal (Massoneria ascetica i cui appartenenti si chiamavano Templisti), dei Templari e delle numerose confraternite di costruttori preposti allora a rinnovare l’architettura del Medioevo. Non dobbiamo dimenticare, da questo punto di vista, che la Massoneria moderna discende, a quanto consta, proprio dalla Massenia del San Graal, nata dalla leggenda Arturiana e dalle gesta del profeta Merlino, costruttore di un tempio in cui è conservata la Sacra Coppa. La denominazione di Fraternitas  Rosae-Crucis si concretò per la prima volta nel 1374 (qualcuno opta per il 1413), e la figura leggendaria di Christian Rosenkreuz, presunto fondatore dell’organismo iniziatico, non fu costituita che attorno al XVI secolo, anche se il simbolo della Rosa-Croce è molto più antico. Levi, come accennato, nella sua Storia della Magia (Histoire de la Magie), descrive una sua interessante teoria circa le connessioni tra Dante e i Rosa-Croce : “Si sono moltiplicati i commenti e gli studi sull’opera di Dante, e nessuno, a nostra conoscenza, ne ha segnalato il vero carattere. L’opera del grande Ghibellino è una dichiarazione di guerra al Papato con la rivelazione ardita dei misteri. L’epopea di Dante è gioannita (Giovanni è stato considerato come il capo della Chiesa interiore) e gnostica; è un’applicazione ardita delle figure e dei numeri della Kabbala ai dogmi cristiani e una negazione segreta di tutto ciò che vi è di assoluto in questi dogmi. Il suo viaggio nei mondi soprannaturali si compie come l’iniziazione ai Misteri d’Eleusi e di Tebe. E’ Virgilio che lo conduce e lo protegge nei cerchi del nuovo Tartaro, come se Virgilio, il tenero e malinconico profeta dei destini del figlio di Pollione, fosse agli occhi del poeta il padre illegittimo ma vero…”.

Se analizziamo alcuni aspetti della Divina Commedia, in particolare la divisione in tre mondi dell’opera stessa, è comune a tutte le dottrine insite nella Tradizione. In base a tale assunto i tre regni sono i seguenti: gli Inferi, il Cielo e la Terra. L’infero è connesso con l’iniziazione, con la discesa nelle zone buie e terrigene. Qui, nell’utero primigenio, la Terra (Magna Mater), l’iniziando deve morire simbolicamente e, dopo avere subito la morte - della personalità profana - potrà risalire verso la luce (Cielo). Da questo punto di vista i Cieli rappresentano gli stati superiori dell’essere, gli Inferi, invece, gli stati inferiori, come ben spiegato nella Tavola di Smeraldo dove è scritto: “Ciò che sta in Basso è come ciò che sta in Alto, e ciò che sta in Alto è come ciò che sta in Basso, per creare il mistero della Cosa Una”. Così l’autentica iniziazione, alla stregua di un viaggio, viene simboleggiata come un’ascesa celeste cui le sublimi altezze sono configurate da una zona intermedia, il Purgatorio, la montagna sulla cui sommità Dante colloca il Paradiso. La conquista degli stati super-umani, in poche parole, è al centro della crescita iniziatica e della trasmutazione della natura più bassa. Le tre fasi a cui si riferiscono rispettivamente le tre parti (o mondi), della Divina Commedia sono riconducibili alla teoria Indù dei tre guna (le tre qualità o tendenze fondamentali mediante le quali si manifesta l’essere umano). I tre  guna sono: Sattwa - l’essenza pura dell’Essere, correlata alla luce della conoscenza, simboleggiata dalla luminosità delle sfere celesti, o stati superiori; Rajas - l’impulso che provoca l’espansione dell’essere mediante uno stato determinato; Tamas - l’oscurità commista all’ignoranza, radice tenebrosa dell’essere. In questa sintetica spiegazione e ripartizione, Sattwa indica la fase ascendente o gli stati superiori luminosi: i Cieli. Rajas è un insieme della Terra e del Purgatorio (mondo corporeo e fisico), e infine Tamas, chesimboleggia gli Inferi. Nelle tre parti dell’opera dantesca rinveniamo costantemente il termine stelle, con cui il poeta sottolinea l’indiscusso valore del simbolismo astrologico. Anche alcuni numeri assumono una certa importanza: il sette, per esempio, numero sacro dalle valenze magico ermetiche; il tre, che abbiamo da poco analizzato, e il numero nove, il cui valore occulto e iniziatico è ben conosciuto. La loro presenza è estremamente complessa e si ricollega direttamente alla scienza cabalistica. Lo spazio è scarso per poter approfondire questo aspetto. Tuttavia, alfine di fornire un valido esempio, possiamo dire che il sette è legato al numero ventidue, visto che è l’espressione approssimativa della circonferenza al diametro. In tal modo, il sette e il ventidue rappresentano il cerchio, la figura più perfetta per Dante, come d’altro canto per i Pitagorici. Non stupirà sapere a riguardo che la divisione di ciascuno dei tre mondi da poco menzionati possiede questa forma circolare. Dante compie il suo viaggio attraverso i tre mondi, nel periodo della settimana santa, vale a dire al momento dell’anno liturgico corrispondente all’Equinozio di Primavera. In questo periodo, secondo il parere di diversi ermetisti, si officiavano i riti d’iniziazione presso i Catari. Non meno interessante il fatto che nel medesimo periodo, tra i Rosa-Croce si celebrava la commemorazione della Cena del Giovedì Santo. La ripresa dei lavori di questo organismo iniziatico viceversa, avveniva il venerdì alle tre del pomeriggio, esattamente nell’ora in cui morì il Cristo.

La fine e il principio di questa settimana santa del 1300 poi, coincide con la Luna piena, fase durante la quale i Noachiti indicevano le loro assemblee. Nulla è casuale nella scelta dei numeri e dei cicli cosmici con cui Dante elabora la sua visione iniziatica e trascendente, trasfusa magistralmente nel suo capolavoro. Autentico iniziato, egli porta avanti un piano preciso volto a racchiudere nella sua prosa segreti e simboli di un cammino antichissimo, frutto di una Tradizione ancora oggi viva e interagente con il tessuto nascosto delle grandi iniziazioni. Come scriveva il poeta, l’Amore, non quello mistico o profano, ma l’amore che trascende i termini ridotti dell’essere è al centro di qualsivoglia realizzazione: “L’amor che move il Sole e l’altre stelle”. 

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