Che senso ha mantenere in vita il Concetto del segreto in un'epoca in cui tutto tende a stanare dalle zone d'ombra ogni aspetto della vita collettiva, a cominciare dal clan familiare per finire alle multiformità cromatiche della vita societaria, sia pure nei suoi aspetti più differenziati? Che senso ha questa puntigliosa punteggiatura che accompagna ogni tappa della vita massonica, nelle sue forme tradizionali (rituali) che contraddistinguono le simbologie dei vari gradi della piramide, questo riferimento che ci appare più come un emblema che come raccomandazione effettiva, ad un non parlare, ad un tacere, ad un silenzio, insomma, che, inteso in senso assoluto, può essere interpretato come volontà di occultare? 

Questi, in sostanza, i termini di una proposizione sapientemente programmata da chi oggi esercita professione di antimassoneria con finalità non certo in armonia con quelle libertà individuali che sono sacre, se nel rispetto della legge e della morale, e con quel diritto alla riservatezza che è sommo bene dell'uomo e di quegli agglomerati umani che aspirano a definirsi civili. Un'analisi valida di questa tendenza non può prescindere da alcune considerazioni su taluni aspetti della nostra società. Cominciamo con l' argomentare che il concetto di privato viene accettato sempre meno nel discorso comune.

La pudicizia nel rapporto uomo-donna, la riservatezza nei legami familiari, elemento corroborante dell'unità del clan più semplice, la esclusività del divieto di custodia del patrimonio ideale di ognuno, le idee, i pensieri, le aspirazioni, e poi ancora i tormenti, le passioni nascoste, le frustrazioni anche, le gioie piccole o grandi, le soddisfazioni, gli aneliti a voler essere, i contraccolpi delle pugne quotidiane, amarezze e nevrosi comprese, tutto ciò che appartiene all'esistenza di ogni uomo e che gli è pertinente per il solo fatto che è un essere vivente e pensante, tende a subire un processo esplorativo. Tutto deve essere pubblicizzato, tutto deve. essere costantemente sottoposto all'esame degli altri, attraverso una verifica che è finalizzata alla classificazione, all'intruppamento, alla massificazione. Le nevrosi si curano con terapie di gruppo, le esigenze si schematizzano e si sintetizzano con ogni sorta di analisi a .campione, le ansie si quantificano materializzandole in istanze sociali, la verecondia e la riservatezza nella gestione anche del proprio corpo sono, poi, considerate fra gli isterismi più sterili e retrivi. In un clima siffatto il riservato va prima demonizzato e poi inquisito e colpevolizzato come oggetto di pericolosità sociale. Il segreto perciò, per il solo fatto che la parola che lo identifica va bandita dal vocabolario, non può esprimere se non un'idea caina. Questo è l' orizzonte che ci condiziona in linea generale, e che finisce con l'iniettare gran parte della sua forza, attraverso le porte dei Templi massonici, nelle coscienze di molti fratelli che tendono a rimuovere i punti d'attrito con le concezioni profane. Riconsiderando l' aspetto rituale delle nostre cerimonie, pur non sottovalutando la ragionevolezza delle spinte innovative che giustamente caratterizzano la nostra istituzione al pari di qualsiasi altra comunità umana, devesi innanzi tutto investigare sulla ratio del concetto di segreto e sulle motivazioni che hanno determinato l'inserimento della parola nei rituali massonici. Come sappiamo (o dovremmo sapere, visto che spesso lo dimentichiamo), la ossatura dottrinaria della Massoneria trae origine dai filoni culturali trasposti con dovizia dagli antichi Ordini iniziatici di marca Templaria e Rosacruciana. Tali correnti sapienziali, pervenute quasi integre attraverso simboli e ierogrammi, furono innestate nelle corporazioni muratorie che sono le matrici dirette della massoneria moderna, ma ereditano, a loro volta, tutto un corpo di dottrine di provenienza egizia e caldaica, rinverdita nelle operatività di questi Ordini che, nati come Ordini Cavallereschi, avevano in sostanza la funzione di perpetuare la Tradizione Classica adattandola alle singole tradizioni culturali del mondo occidentale, laddove in oriente le tradizioni buddiche si muovevano su filoni culturali più congeniali alle strutture psico-fisiche del mondo orientale. Le finalità di siffatte tradizioni incapsulano, in via di estrema sintesi, la possibilità offerta agli umani di realizzare, in corpo vivente, uno sviluppo evolutivo accelerato, rispetto ai consueti ritmi offerti dalla natura, tale da consentire, attraverso stati di essere sempre più perfetti, la rimonta, dopo la caduta adamica, verso uno stato di numificazione e di restaurazione dello stato edenico che renda l'uomo simile a Dio. In tal senso parlano i simboli muti non a caso disseminati nelle Logge massoniche, a cominciare dalle due colonne che simbolizzano l'armonia degli opposti nella concezione duale della natura e dell'uomo, per finire alla sfinge che raffigura la composizione quaternaria di tutto ciò che esiste, nella visione aristotelica. Ne discende, come logico corollario, che tale percorso è costellato da tappe che si manifestano in stati di essere sempre più perfetti (di diversa intensità vibratoria, dicono gli studiosi di queste scienze) e che, anche a volerli descrivere, sono intraducibili nel linguaggio umano perché non esistono parole che li qualificano, come non esistono parole che possono tradurre in lingua parlata l' intensità dell 'amore o gli abissi dell'odio. Il segreto, pertanto, che veniva prescritto ai discepoli nelle scuole Pitagoriche verteva unicamente sul significato di tali stati di essere, sulla conoscenza delle Leggi che governano la natura, sugli arcani che presiedono alla Vita e alla Morte, sui misteri del mondo iperfisico e su tutte quelle altre idee che fecero dire a Shakespeare, per bocca di Amleto, “esistono tante cose fra terra e cielo quante non ne contiene la tua filosofia” ...

I massoni di oggi, eredi sia pure in via teorica e simbolica di tali misteriosofie, perpetuano nel loro linguaggio rituale l'idea di un segreto che va inteso solo come segreto iniziatico, segreto incomunicabile per la sua stessa essenza che rende, oltre tutto, inattuabile una qualsiasi forma di comunicazione verbale. La chiave spezzata, gioiello che decora la sciarpa di maestro segreto (4 grado del Rito Scozzese) simboleggia un mezzo perduto per la porta segreta del Tempio ove non esiste né passato, né presente, né futuro, perché la dimensione umana, limitata perché caduca, lascia il posto a quella divina, che è onnisciente. Se in tale direzione l'investigazione si orienta, la parola segreto perde la sua pericolosità, perde il contatto col significato che nel linguaggio comune si annette alla parola stessa, perde la fosca idea che i detrattori dell'Istituzione vogliono a tutti i costi attribuire al concetto. Come la parola concepire può significare partorire e nel contempo immaginare figurativamente, così la parola segreto può significare occulto, celato, settario, ma anche idea incomunicabile, arcano della natura. Le cose massoniche dovrebbero essere segrete nella misura in cui furono predisposte per il conseguimento di stati di sviluppo evolutivo dei singoli prima e dell' intera umanità dopo, in un concetto piramidale apprestato dalla stessa natura ed in cui tutto trovasi organizzato in ordine gerarchico. Ma poiché tale Idea Sociale, cioè involgente la parte più mobile dell'Uomo, quella che aspira alla Perfezione, è pressoché perduta nella sua necessaria articolazione pratica, nonché nell'insegnamento di quei Maestri che a tanto dovevano essere preposti, la parola segreto si confina nel simbolo, resta inerte e, con buona pace dei curiosi di professione, nulla nasconde che non sia pubblicizzabile su manifesti da affiggersi nelle pubbliche piazze.  

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