Quando Cristoforo Colombo sul punto di essere ucciso dagl'Indiani, annunziò loro un’ eclisse e conquistò così il loro rispetto, egli aveva predetto l'avvenire a quelli che lo minacciavano. Quando un chimico predice che mischiando due liquidi incolori, nel fondo della provetta precipita un solido rosso, per un ignorante non è ciò la reale profezia di un miracolo? Prendiamo un caso più complesso: quando un medico, all'esame di un malato che gli mostra la sua gola, indovina la scarlattina e annunzia, per il terzo giorno, l'eruzione che andrà a coprire tutto il suo corpo, non fa egli una vera predizione? Tuttavia, perché il chimico o il medico possano dare, secondo le teorie del giorno ed il linguaggio dell'arte, la spiegazione delle ragioni che han fatto concludere all'apparizione del fenomeno consecutivo, noi non dobbiamo qui parlare di predizione, di profezia; dobbiamo impiegare la parola: previsione, e subito il nostro spirito soddisfatto non vedrà che qualcosa di assai naturale in ciò che è passato. 

Ma se il medico, e il caso si verifica spesso, non avesse avuto i dati caratteristici per la sua diagnosi, forniti dall'esame della gola o dalla temperatura del malato; se, nonpertanto, per una di quelle intuizioni speciali che rischiarano lo spirito, egli avesse tratto lo stesso pronostico, non avrebbe potuto dare ad un collega alcuna ragione plausibile della sua predizione, tuttavia rispondente ad esattezza. La parola previsione sarebbe ancora applicabile in questo caso, o si verrebbe fuori dal dominio scientifico per ondeggiare nel mondo della profezia?

Un sentimento l'ha diretto; una convinzione ingiustificabile, si è fatta in lui. Quale è dunque questo sentimento? Di dove nasce questa convinzione? Non è la percezione confusa di qualche sensazione vaga, venuta da quel mondo di forze che ci circonda e di cui la maggior parte sfugge alla nostra povera coscienza? Senza criterio per classificarle, senza linguaggio per tradurle, il medico ne ha tuttavia provato una impressione sufficiente per determinarne una convinzione. L'intuizione dei «veggenti» non è dello stesso ordine? Essi pure non possono spiegare, né giustificare la loro convinzione, ma la sentono profondamente; essi affermano e spesso, lo si sa, le loro predizioni si verificano. Scacciamo dunque dalla nostra immaginazione l'illusione che vi è antitesi fra predizione e previsione; questi termini, sinonimi, esprimono entrambi l'applicazione del sapere, quale che sia la forma di questo sapere, alla determinazione della successione dei fatti. Perché la previsione sia possibile, è necessario che esistano dei rapporti costanti che uniscano uno stato A di un sistema di forze a un altro stato ulteriore B, C o D, dello stesso sistema; e basta conoscere esattamente: 1) lo stato A; 2) la legge che unisce lo stato A allo stato B, C o D. Nei casi semplici, di cui il calcolo delle funzioni in matematica la esperienza in fisica sono gli esempi, la previsione è facile; è ciò che noi chiamiamo la determinazione scientifica.

Se il fatto si complica, la risoluzione dell'equazione diventa più difficile; ma essa resta sempre possibile se abbiamo dei dati sufficientemente precisi e numerosi per poter trasformare le incognite accessorie in quantità cognite, riportando così progressivamente il problema a un tipo più semplice (equazione a varie incognite, problemi di dinamica in matematica; analisi dei corpi organici, dei miscugli in chimica).

Per i fatti biologici (individuali o sociali) la complicazione diviene così grande che i problemi son considerati, il più spesso, come insolubili; i rapporti fra i numerosissimi dati, più o meno chiaramente percepiti, più o meno esprimibili, ci sfuggono e non possiamo più giungere a una conclusione. Tuttavia si concepisce che il problema è assai complesso e non comporta insolubilità d'ordine logico. Se la nostra facoltà di previsione viene a difettare in questo caso, non è per l'apparizione di una spontaneità che smentisce la legge di causalità generale con una soluzione di continuità insuperabile tra i fatti, ma unicamente per la povertà, per la insufficienza del nostro sapere iniziale sui dati del problema. Perché le leggi che incatenano i fatti in una serie continua di causa a effetto, i rapporti costanti fra le cose, si manifestano ovunque, ove ci ponessimo a ben cercarli.

 L'Universo è un tutto; la stretta solidarietà degli esseri, la loro partecipazione a una stessa vita universale in cui ogni individualità, principio sintetico di un gruppo di unità inferiori, è elemento costitutivo nei riguardi dell'unità superiore, crea fra di essi un tale legame sì che nessuna azione è isolata, che nulla giunge a caso (1).

Un essere, per infimo che sia, non può subire una modificazione senza che il mondo intero ne risenta il contraccolpo, come ogni azione generale ha la sua ripercussione sulle minime particelle dell'universo. La vita dell'uomo è legata a quella del suo ambiente. Un uomo richiama certi avvenimenti intorno a lui come una crisi sociale evoca l'uomo necessario alla sua soluzione; un paese determina la sua flora e la sua fauna; il medio ambiente non modifica forse gli esseri che l'abitano, fino al punto da determinare le loro forme e i loro colori? (2).

La conoscenza di questi rapporti che vanno dal minerale all'uomo, dalla materia al pensiero, costituisce il sapere. Le scienze, quali noi le possediamo, non sono che delle classificazioni parziali, delle empiriche raccolte di fatti. La previsione che dà il sapere sorpassa la previsione scientifica, come il sapere stesso sorpassa una scienza particolare, la botanica o la linguistica per esempio. Per il sapere, l'apparizione di un eroe, l'estinzione di un sole, l'uragano che devasta una contrada, la scoperta di una nuova forza non sono degli accidenti particolari, ma la conseguenza di altri fatti assai lontani in apparenza; la loro realizzazione è necessariamente segnata per la tal epoca di tempo e per il tal luogo.

Non vi sono dei fatti isolati senza filiazione con quelli che precedevano, senza rapporto con l'insieme; nessuna parola sfugge da una bocca, nessuna pietra rotola e va al torrente senza che una causa abbia ciò determinato; colui che può percepire queste cause può anche prevedere l'avvenimento. Ma è dato all'uomo di conseguire questa intera conoscenza della vita, di aver coscienza dì tutti questi rapporti? Sì, rispondeva Cagliostro con i Saggi di ogni tempo; lo sviluppo delle sue facoltà è illimitato; l'uomo microcosmo può trovare in lui i cieli e i loro abitanti; la terra e le sue forze. Egli deve giungere a tutto conoscere, a tutto prevedere. E Cagliostro, non contento di affermare questa verità, ne dava le prove: questo sapere egli lo possedeva; s'egli indovinava le malattie più segrete, le pene morali celate, s'egli annunziava gli avvenimenti a cento leghe di distanza al momento in cui si producevano, s'egli potette prevedere, anni prima, la carriera di un uomo o il destino di una società, fu perché questi fatti non erano isolati per lui e che la loro realizzazione si presentava come la conseguenza necessaria di stati presenti, di cui il suo spirito abbracciava i multipli rapporti. Giungendo alla precisione in quest'ordine di fatti, Cagliostro dimostrava ad un tempo il non senso della parola “caso”, la connessione logica e perfetta dei fenomeni in apparenza meno determinati e la possibilità di un sapere di cui le nostre conoscenze tecniche e i nostri metodi scientifici non sono che dei poveri abbozzi.

L'uomo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, è la più perfetta delle sue opere; finché conservò la sua innocenza, comandava a tutti gli esseri viventi, anche agli angeli, forse intelligenti, ministri di Dio, intermediari fra le creature e il Creatore. Ma dopo la caduta (3) l'armonia dell'Universo fu corrotta e l'uomo fu inabissato nella materia. Il suo lavoro, per ritrovare l'originale purezza e la potenza che erano il suo appannaggio, è divenuto, così, considerevole, e lo scopo della iniziazione è quello di portare l'uomo decaduto alla riconquista della sua dignità perduta.

Questa rigenerazione dev'essere doppia: morale e fisica (4). Perché un profano ridivenga figlio di Dio, è prima necessario che il desiderio di ciò si svegli in lui, ch'egli cominci ad orientare la sua vita in tal senso, ch'egli ne risolva gli errori. Se è sincero nei suoi sforzi (5), Dio pone sulla sua strada uno dei suoi Eletti per soccorrerlo. Egli apprende da tal maestro che il lavoro consiste nel glorificare Dio (rigenerazione spirituale), nel farsi l'apostolo e il sacrificatore della sua onnipotenza, nel penetrare nel santuario della natura (rigenerazione intellettuale), e nel purificare gli elementi in sé (rigenerazione sociale e fisica).

Glorificare Dio in sé è riformare il proprio io interiore, mortificarsi non attraverso austerità esteriori ma attraverso lotte interiori. L'opera è lunga, e necessaria la pazienza; non vi si perviene senza molte pene. Praticare la carità, vivificare in sé la fede pura, senza far sì che si sviluppino superstizioni, ecco le due virtù fondamentali. Penetrare nel santuario della natura è acquisire la conoscenza, non quella dalle scienze umane, ma la nozione diretta degli esseri, il pieno possesso dei soggetti, il che va di pari passo con la pratica della carità. Infine, la trasformazione dell'uomo vecchio in un uomo nuovo non può aver luogo se non per una condotta interamente opposta a quella precedente; bisogna vivere impenetrabile e nascosto, giungere a essere libero nei riguardi dei pregiudizi e dei beni del mondo: giungere a poter dire la parola di passo dei compagni: SUM QUI SUM. La rigenerazione fisica del corpo segue queste preparazioni; essa è destinata a fornire allo spirito una forza vitale esente dalle tare, ereditarie o acquisite, che la cattiva igiene, le abitudini, le passioni, l'influenza dell'ambiente circostante, imprimono profondamente in ogni essere. Quando l'uomo, triplicamente rigenerato, possiede un'anima sana in un corpo sano, Dio consacra in lui il maestrato con l'influsso della SUA grazia(6). Egli diviene allora un maestro, un eletto, gode delle conoscenze, di tutto il potere che Dio, in principio, aveva accordato all'uomo, e li conserva finché si conforma scrupolosamente alle leggi della sua nuova carica. Egli non ha più bisogno della protezione né del soccorso di alcun mortale e lo si riconosce dalle sue opere (7). Egli possiede il potere della visione beatifica e dell'evocazione degli spiriti superiori (sono i due modi, attivo e passivo, di una stessa facoltà, quella che conosce il mondo spirituale).

Come l'uomo ordinario, vivente nel mondo materiale, può percepirvi e agirvi, così l'uomo rigenerato può percepire e agire nel mondo spirituale in cui vive. Che la percezione si produca con l'intermediario di un soggetto, con o senza apparecchio, o direttamente allo spirito dell’Eletto, ch'essa sia resa percepibile a parecchi, simultaneamente o successivamente, provocata in altri, tutto ciò non costituisce che delle differenze di procedimento, di azione o di dettagli. Un astronomo può fare osservare a un giovane di laboratorio le fasi di un fenomeno celeste e farsele descrivere od osservarle lui stesso, con l'occhio al telescopio, e riferire ai suoi uditori ciò che vede; può, ancora, prendere una fotografia di ciò che registra il suo appareccchio, proiettare il cliché su uno schermo visibile a tutti e, d'un sol colpo, far vedere a un'intera sala l'immagine di quel che ha percepito; l'astronomo farà così per il mondo siderale ciò che l'Eletto può fare, ciò che Cagliostro faceva per il mondo spirituale.

Come i Maestri primitivi scelsero i loro adepti secondo il loro carattere e le facoltà sopite in essi per sviluppare queste personalità latenti al maximum della loro potenza, così l'Eletto sceglie e sviluppa un iniziato e gli trasmette, quando la sua evoluzione raggiunge il grado necessario, le conoscenze e i poteri che gli schiudono un mondo nuovo. Tuttavia bisogna notare che l'iniziato formato da un Eletto di Dio non ha, secondo il rituale di Cagliostro, che un potere limitato alla sua individualità spirituale; egli non è un adepto (8). Ha dei grandi scogli da evitare e può anche alterare queste facoltà e riperdere questi poteri. È salito solo al primo scalino; ma è fra questi iniziati di un grado inferiore che «per la grazia di Dio» e secondo i loro progressi, potranno rilevarsi gii eletti suscettibili di raggiungere il Maestrato assoluto.

Quegli che vive nel mondo spirituale, che vi vede, vi intende, vi agisce, ha — per questo — sul mondo materiale una potenza incomprensibile ai profani, che può applicarsi tanto alla guarigione dei malati che a quella dei metalli imperfetti; egli può penetrare facilmente tanto i segreti dei cervelli umani quanto i destini celati delle Nazioni.

Note:

1) Noi qualifichiamo “fortuita” la coincidenza di due fatti di cui ci sfuggono le cause; quando il rapporto ci diviene noto, il caso sparisce; il ricollegamento superstizioso di cui si rideva, diventa una previsione che si rispetta.

2) L’adattamento, il mimetismo, sono delle osservazioni banali in biologia,

3) Dopo che l’uomo degenerò per l'abuso che fece di questo grande potere, Dio lo privò di questa superiorità, lo rese mortale, e gli impedì fin la comunicazione con gli esseri spirituali.

4) Essere nato di nuovo, ecco ciò che richiede il Salvatore da colore che vogliono partecipare al suo regno, tanto ebrei come pagani (Giovanni, II, 23; II', 21). Gesù disse che questa nuova nascita deve essere doppia: dapprima  di spirito, poi di acqua (Spirito è principio di vita).

5) Raddoppiate i vostri sforzi per purificarvi, non con privazioni o con penitenze esteriori; non è il corpo che si tratta di mortificare e di far soffrire; è l'anima e il cuore che bisogna rendere buoni e puri.

(6) La grazia si ottiene soprattutto con degli atti, vivere della vita di tutti, nella società in cui il Cielo vi ha piazzato, rispettandone le leggi e soprattutto consacrandosi alla felicità e al sollievo del prossimo, ecco il primo dovere di un filosofo e l’opera gradita a Dio.

7) Lo sl riconosce dalla sua pazienza, dal suo candore, dalla realtà dei suoi fatti, dal suo successo e dalla sua maniera di operare che deve essere quella d'implorare il gran Dio e di comandare ai sette angeli primitivi, senza mai ricorrere a una via superstiziosa o idolatra.

8) Egli non può comunicare che con l'angelo il cui sigillo e la cui cifra esistono sul suo pentagono; egli non rileva il suo potere che dal suo Maestro.

 

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