GLI ARCANI INIZIATICI DEL TAROT
di Pier Luca Pierini R.

Invito chi può a studiare i tarocchi dal punto di vista filosofico e di tutte le combinazioni diverse risultanti dai colori e dai numeri nella disposizione delle serie diverse (…..) I tarocchi (dopo i tarocchi le carte da gioco ordinarie) formano un libro sacro di tutte le idee assolute contemplate dalla cabala e dalle scienze sacerdotali, e il loro studio è una intima e profonda considerazione delle idee assolute e vere, e ogni combinazione dei tarocchi è un responso filosofico e numerico capace di rendere manifeste le più ascose verità…

Con queste parole, tratte dalla storica rivista Il Mondo Secreto (1897-99, ristampata dalle Ed.Rebis nel 1982), l’insigne ermetista Giuliano Kremmerz (Portici 1861 – Beausoleil 1930), esortava gli studiosi e i cultori della Grande Arte ad affrontare e approfondire, oltre le ‘semplici’ apparenze, il senso e il significato più profondi dei tarocchi, di questo meraviglioso e sorprendente Mutus Liber figurato, o Libro di Immagini senza parole, nel quale è racchiusa in simboli o Arcani l’intera conoscenza della scienza dell’Anima.
Attualmente, dopo vari lustri di cosiddetto revival dell’occulto, o risveglio d’interesse e di curiosità per tutto ciò che ha sapore di magico ed esoterico – soprattutto in ambito occidentale – può apparire scontato e persino banale parlare dell’importanza dei tarocchi nella nostra cultura, dalla letteratura alla poesia, al cinema al teatro e all’arte in ogni sua espressione, come dimostrano le opere di Guttuso, Dalì e Jodorowsky, cui possiamo aggiungere autentici capolavori dell’editoria, come il Duchesne (Paris, 1844), il D’Allemagne (Paris, 1906) o I Tarocchi di Italo Calvino, pubblicati da Franco Maria Ricci (1969). Ma occorre considerare che almeno fino a buona parte degli anni Sessanta del secolo appena trascorso, questo affascinante mazzo di carte, oggi ormai ampiamente conosciuto e assai popolare, risultava diffuso e apprezzato unicamente all’interno di circuiti elitari di rari appassionati e collezionisti, o circoscritto entro aree non foltissime di cartomanti in grado di conoscerne significati e tecniche divinatorie. Certamente i tarocchi hanno vissuto in passato momenti di maggior gloria, in particolare dalla seconda metà del XIX secolo ai primi decenni del XX, grazie soprattutto ai contributi determinanti di occultisti eruditi che hanno restituito dignità e spessore a discipline ancora in gran parte permeate di pregiudizi, superstizioni, ostracismo e persecuzioni. Possiamo attribuire a personalità di primo piano, come Eliphas Levi, Stanislas de Guaita, Papus, Wirth, Picard, Van Rijnberk, Mathers, Waite, Zanne, Marteau e molti altri, il merito indubbio di aver riportato i tarocchi allo splendore di una luce iniziatica che sembrava spenta o oscurata dal fumo dell’ignoranza e dei roghi sinistri dei secoli bui.
Precedentemente, stando a quanto afferma Eliphas Levi (il quale tuttavia basa le proprie deduzioni su elementi alquanto discussi) si erano distinti filosofi di rilievo come Raimondo Lullo (Ars Magna) e Guillaume Postel, con la sua opera Absconditorum a constitutione Mundi Clavis del 1546 (la cui riedizione di Amsterdam del 1646 reca una Chiave, o tavola simbolica, che secondo il Levi proverebbe la conoscenza del Tarot da partedell’autore), o come Court de Gébelin, appartenente all’ordine degli Eletti Coen, discepolo di L.C. de Saint-Martin e maestro di Fabre d’Olivet, che sul finire del Settecento dedicò una buona parte del primo volume del monumentale Le Monde Primitif (Paris, 1775-1784, 9 voll.) all’esame dei tarocchi, descritti come il libro più antico del mondo, d’origine egiziana, la cui paternità va attribuita a Ermete Trismegisto o Thot; senza ignorare l’influenza di personaggi pittoreschi come la celebre cartomante Lenormand, o il bizzarro Alliette, in arte Etteilla, divenuto famosissimo alla vigilia della Rivoluzione Francese in seguito a una capillare e astuta gestione pubblicitaria della propria immagine e di una serie di predizioni mirabolanti, sostenuta dalla pubblicazione di testi basati su un’interpretazione decisamente personale dei tarocchi e delle alte scienze, ricamata peraltro sulle teorie di Court de Gébelin.

Dopo l’ultimo conflitto mondiale tuttavia anche i tarocchi, assieme ad altri settori o aspetti delle cosiddette scienze occulte caddero in un relativo oblio, dimenticati nelle soffitte del tempo e dei vecchi ricordi. Ma non per molto. Ripresi e rivalutati in ogni possibile sfumatura e variante, come mai prima, riapparvero infatti circa vent’anni più tardi, contemporaneamente a quella primavera di interessanti fermenti spiritualisti seguita dall’ondata di rinnovamento e di appassionanti ricerche alternative nelle dimensioni dell’anima, che assunse in breve tempo i tratti marcati di vero e proprio fenomeno di costume ed espressione di un nuovo stile di vita, da molti interpretato come l’avvento dell’Età dell’Acquario. Questa imponente corrente di pensiero di carattere filosofico, artistico, culturale e sicuramente esoterico, nel senso più ampio del termine, si è tradotta in seguito nel dilagante movimento New Age, all’interno del quale spicca, tra l’altro, la riscoperta e la valorizzazione dei leggendari, controversi, ma sempre attuali tarocchi.

Qualcuno potrà legittimamente chiedersi: ‘perché definire controverso questo libro allegorico delle conoscenze arcane’? Per una serie pressoché infinita di motivi, l’enunciazione dei quali richiederebbe un volume a parte. In effetti, da quando intorno alla fine del XIV secolo il nostro misterioso mazzo di carte si è affacciato sul palcoscenico dei tanti enigmi della storia, nella sua classica forma organica - corrispondente più o meno al modello che oggi conosciamo, tranne alcune temporanee varianti – per allietare le ore di svago di aristocratici e regnanti annoiati o di curiosi e appassionati al gioco senza distinzione sociale, come scrive Girolamo Bargagli nel suo Dialogo de’ Giuochi che nelle Vegghie Sanesi si usano di fare (Siena, 1572 – in questo testo troviamo il più antico riferimento esplicito ai tarocchi), o per offrirsi alle audaci meditazioni e alle ricerche speculative di filosofi ermetici e iniziati intenti alla soluzione dei più alti quesiti del percorso della Grande Opera, è sempre stato oggetto di innumerevoli tentativi di interpretazione: dalle analisi più suggestive del suo caleidoscopico simbolismo, alle babeliche spiegazioni dei suoi archetipi, dagli acrobatici voli nei cieli pindarici delle indagini misteriosofiche alle ardite elucubrazioni nei labirinti fantastici e surreali di un immaginario senza confini - non a caso una delle più felici e mirate definizioni è proprio ‘una macchina per
immaginare’- contribuendo talvolta a tramandare o perpetuare un’immagine incomprensibile di un mosaico irreale, in cui, in fin dei conti, si può ‘leggere’ di tutto e il contrario di tutto, rischiando dunque di perderne l’ineludibile impronta sacrale e l’originario codice interpretativo, vale a dire la doppia chiave di una porta secreta forse molto più complessa di quanto gli esegeti di questa divina opera dell’umano ingegno abbiano dedotto dalle loro accurate osservazioni e forse molto più chiara ed eloquente di quanto si potrebbe in-maginare (da in-mago, come direbbe l’amico Gabriele La Porta).
La stessa ricerca storiografica sulle sue origini risulta ampiamente controversa, nonostante gli ammirevoli sforzi di legioni di eminenti studiosi, occultisti più e meno accreditati e specialisti del settore, che nel corso degli ultimi secoli hanno creduto, sovente con interventi personali originali e apprezzabili o comunque degni di attenzione, più spesso decisamente improbabili se non addirittura frutto di pura fantasia, di poterne ricostruire genesi ed evoluzione. Lungi da noi dunque l’intenzione di immergerci nelle acque insidiose e incerte delle soluzioni forzate o delle vaghe supposizioni utilizzate per formulare ulteriori e pletoriche ipotesi sull’origine dei tarocchi, parafrasando scontati & datati riferimenti agli egizi, agli arabi, ai greci, ai cinesi, agli indiani o agli zingari, che ormai abbondano persino nella letteratura specializzata di quart’ordine.
La nostra idea in proposito rimane ancorata alla ragionevole convinzione che i semi iniziatici misteriosamente confluiti nelle lamine auree, siano fioriti nelle corti illuminate dei sovrani, filosofi, poeti e artisti più illustri della raffinata cultura rinascimentale. Tuttavia riteniamo opportuno riflettere sul significativo commento dell’autorevole esoterista francese Grillot de Givry, il quale nella sua stupenda opera Le musèe del sorciers, mages et alchimistes (Paris, 1929), scrive: La verità è più affascinante, e coloro che vedono dissiparsi con dispiacere l’ipotesi dell’origine egizia dei tarocchi devono consolarsi all’idea che la loro nobiltà possa essere ancora più eccelsa: i tarocchi non hanno origine! Tuttalpiù sono legati al simbolismo alchimico, altra dottrina inafferrabile che si è scavata un cammino sotterraneo attraverso la religione e la scienza, installandosi tuttavia nei loro domini, occupando le loro cattedre, insegnando principi la cui fissità e invariabilità sono quanto mai adatte per sviare qualsiasi ricerca storica e filosofica.
Tra le righe di queste parole, che nella loro sinteticità riflettono una profonda conoscenza della materia, possiamo cogliere un’indicazione importante sul punto focale intorno al quale ruota (Rota-Orat-Taro-Ator) e si sviluppa l’intero percorso iniziatico e simbolico delle 78 carte, riguardante la fondamentale componente alchimica, o meglio magico-alchimica. In effetti, già nel passato troviamo accenni di un certo rilievo o palesi riferimenti al rapporto esistente tra tarocchi e alchimia in opere esplicitamente consacrate a questa nobile disciplina. Solo per citarne alcune, possiamo ricordare Le Livre d’Abraham le Juif di Nicolas Flamel, Le Pilote de l’Onde Vive, pubblicato nel 1678 da Mathurin Eyquem, Le Livre des 22 feuillets hermetiques, dato alle stampe nel 1763 da Kerdanec de Pornic, fino ai più recenti Comment on devient Alchimiste di J.Castelot (1897), I Tarocchi dal punto di vista filosofico del Kremmerz (il progetto originario dell’opera non vide mai la luce e alcuni frammenti furono riuniti in un volume postumo nel 1944), o lo studio di P.Bornia La Porta Magica (1914, ristampato dalle Ed.Rebis)). Ma l’unico testo, o quantomeno il maggiore, interamente dedicato ai tarocchi, in cui appare accennata una chiara, ancorché parziale, interpretazione delle 78 lamine in senso iniziatico-sacerdotale o magico-alchimico è Le Tarot des Bohémiens del ben noto esoterista francese Papus (Gérard Encausse, 1865-1916), nel quale per la prima volta i simboli delle carte sono accostati a un itinerario scandito da elementi misterici di impronta calendariale. E’ noto l’antico concetto sacrale del calendario luni-solare pertinente al culto (cultum da colere, ovvero coltivare, attività strettamente connessa all’uso del calendario), com’è altrettanto noto che, evidentemente per gli stessi motivi, l’Arte Regia o Alchimia è altresì definita sovente Agricoltura Celeste. Se analizziamo i tarocchi nei loro valori numerico-cabalistici, possiamo osservare che le carte degli arcani minori dall’uno al nove sono esattamente 36, equivalenti dunque ai decani dell’anno, esclusi ovviamente i cinque giorni epagomèni; il numero 10 di ogni seme coincide invece con i quattro solstizi ed equinozi, mentre le figure del fante, del cavallo e della regina si riferiscono rispettivamente al primo, al secondo e al terzo mese della stagione. Il re si identifica infine tanto nella stagione stessa, intesa nella sua interezza, quanto nell’elemento occulto che la rappresenta (Fuoco, Aria, Acqua, Terra). Estendendo l’analisi agli stessi semi degli arcani minori, troviamo due elementi attivi-maschili-caldi (i Bastoni e le Spade – Primavera-Estate) e due elementi passivi-femminili-freddi (Coppe e Denari – Autunno-Inverno), le cui ulteriori corrispondenze analogiche, in ambito simbolico, sconfinerebbero necessariamente dai limiti di questa premessa. Per quanto concerne invece l’esame dei 22 arcani maggiori, probabilmente non a caso riconducibili alle 22 lettere dell’alfabeto ebraico, appare evidente il rapporto con l’alchimia e lo stesso testo sacro della cabala Sepher Yetzirah nella ripartizione in 3 + 7 + 12 (22), che sta ad indicare le tre materie dell’Opera (Solfo, Mercurio e Sale), le sette sublimazioni planetarie (piombo-saturno, giove-stagno, marte-ferro, venere-rame, mercurio-mercurio, luna-argento, sole-oro) e infine i dodici mesi zodiacali relativi alle 12 fasi dell’Opera dette moltiplicazioni. Secondo un’ottica strettamente operativa in senso magico-alchimico, possiamo infine aggiungere che in un gioco di parole enigmatiche, tanto caro agli iniziati di ogni epoca, le 56 lamine degli arcani minori del tarocco possono inoltre riferirsi alle molteplici combinazioni o possibilità offerte dal calendario dell’Opera, tradizionalmente definito Grande Arcano, mentre le 22 immagini degli arcani maggiori possono essere rivolte anche allo studio e all’elaborazione - e quindi ai possibili sviluppi offerti dai precisi accostamenti delle lamine – di quella pratica secreta riservatamente tramandata e conosciuta in ambito ermetico con il nome di Piccolo Arcano. Da questo schema sintetico, sovrapponibile in parte anche ai pentacoli originali delle antiche Clavicole di Salomone, non è difficile comprendere il motivo per cui l’ermetista S.U.Zanne (Auguste Vandekerkove, 1838-1923) nella sua opera La dottrina segreta afferma che Il Libro di Thot è diviso in due parti. La prima costituisce un’esposizione di ordine iniziatorio all’ermetismo in ventidue lame, volgarmente dette Arcani Maggiori, corrispondenti in realtà agli Arcani Minori. La seconda è un insieme di ordine realizzatorio dell’adattamento alchamico(‘alchamique’ nel gergo originale creato dall’autore, che può essere tradotto in ‘alchimico’) in 56 lame conosciute come Arcani Minori e che in realtà rappresentano gli Arcani Maggiori …
Con questo breve excursus sui magici tarocchi mi auguro in conclusione di aver potuto contribuire ad ampliare le possibilità di conoscenza e di approfondimento di una realtà velata (come l’Iside occulta) ancora disposta a rendere eloquenti le sue immutabili verità anche all’uomo di oggi, che con umiltà, sincerità e serena volontà intenda veramente comprenderne i più alti valori ermetici, i profondi significati divinatori, e il prezioso messaggio di Luce e di sapienza arcana.

Pier Luca Pierini R.

(Tratto da “Elixir n° 8 per gentile concessione delle Ed.Rebis)
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