Questo scritto non è indirizzato a nessuno in particolare; pertanto, chi dovesse prendersela vorrà dire che sta agitando una grossa coda di paglia

Non è cosa nuova, ma mentre alcuni ricercatori desiderosi di conoscenza danno la caccia al documento per capire e accertare eventi non ancora chiari, per altre persone la caccia è aperta non soltanto al documento, ma anche al timbro e altre simili amenità: i cacciatori sono megamaestri, ipermaestre e semidei scatenati nel tentativo di trovare, o forse sarebbe meglio dire inventare, documenti che sanciscano la loro unica discendenza dalla Schola del Kremmerz e svergognino i "rivali" quali figli spuri e usurpatori, per poi diffondere, con arroganza, su siti web o in pubblicazioni a stampa questi "reperti" accompagnati da storie fantastiche, dalle quali traspaiono frustrazione e odio, ignorando completamente o etichettando come "falsi" altri documenti che non giustificano le loro pretese o sono palesemente contro le loro millanterie. Tali esaltati e stolti personaggi credono che l'evoluzione individuale si misuri con timbri, documenti e citazioni e non avendo niente da dire da un punto di vista dottrinario, se non ripetere a pappagallo ciò che ci ha lasciato Kremmerz, tentano di affermare la loro supremazia basandola su testi manomessi, su presunte quanto improbabili investiture da parte di maestri ormai morti da decenni, sulla loro iniziazione in astrale (ovviamente!) da parte di Kremmerz, o su mandati ricevuti da delegati generali che, guarda caso, sono occulti, non si manifestano che a loro e, per giunta, sempre in ambiente astrale.

Quanto parlare! E quante poche opere! Ci viene da chiederci: qual è il loro contributo verso i Fratelli che cercano e non trovano? Il loro iper-ego, che da sempre insegue il sogno ambizioso di farsi chiamare "maestro" o "preside" o, ancora peggio, "gran maestro", imperversa e porta fuori strada, o peggio travia, chi si avvicina alla dottrina ermetica nella speranza di trovare una via che gli consenta di realizzare la propria individualità mentale in piena libertà di pensiero e senza le interferenze o imposizioni di sciocchi mistificatori. Invece, questi "grandi maestri" fanno di tutto per tenere legati a sé i malcapitati, arrivando finanche alla minaccia di terribili, quanto improbabili, punizioni e sventure se solo pensassero di allontanarsi dalla loro "parrocchia", dimenticando che su questa strada soltanto l'amore, e non la forza o la paura, può essere produttivo di bene e realizzazioni.
Quanta differenza col vero ermetista! Egli non vanta il possesso di inutili oggetti, guarda con distacco le miserie umane, fa tesoro di quanto ha conquistato con le sue esperienze, mette in pratica quanto ha realizzato ed è prodigo di spunti di riflessione, senza mai dire una parola di troppo, con chi a lui si rivolge per avere un consiglio su come investigare, sperimentare e provare. L'ermetista possiede il magnetismo che attira e trasmette senza l'intermediazione della parola e la sua sola presenza è fonte di conforto per il ricercatore che vuole avanzare e non essere costretto ad ascoltare vuote e farneticanti elucubrazioni di ignoranti ciarlatani.
Ricordate: chi sa, non parla; chi non sa, non smette mai di parlare. E infatti, tutti i grandi ermetisti hanno sempre raccomandato il silenzio. Dice Filalete che se hai fatto l'oro è bene che tu non lo dica in giro e non lo mostri a estranei, perché lo Stato potrebbe condannarti a pene severissime. Per Filalete, dunque, il silenzio è necessario.
Ma non solo per lui. Fulcanelli chiude Il Mistero delle Cattedrali con una raccomandazione:

"Con l’esercizio costante delle sue facoltà d’osservazione e di ragionamento, con la meditazione, il neofito salirà i gradini che conducono al

SAPERE.

L’imitazione ingenua dei procedimenti naturali, l’abilità unita all’ingegnosità, le luci di una lunga esperienza gli assicureranno il

POTERE.

Divenuto realizzatore, avrà ancora bisogno di pazienza, di costanza, di volontà incrollabile. Audace e risoluto, la certezza e la fiducia nate da una solida fede gli permetteranno di

OSARE.

Infine, quando il successo avrà consacrato tanti anni laboriosi, quando i suoi desideri saranno esauditi, il Saggio, disprezzando le vanità di questo mondo, si accosterà agli umili, ai diseredati, a tutti coloro che lavorano, che soffrono, lottano, si disperano e piangono quaggiù. Discepolo anonimo e muto della Natura eterna, apostolo dell’eterna Carità, resterà fedele al suo voto di silenzio. Nella Scienza, nel Bene, l’Adepto deve, per sempre,

T A C E R E."

Hahahiah pone alla fine di una sua pagina bellissima questa esortazione:
Silenzio, dunque, e lavoro.
Silenzio ed amore.
Silenzio e preghiera.
Nelle chiese e nei chiostri: silentium.
E il divino riaffiora.
Nei campi tranquilli: silentium.
E il Gran Pane sussurra.
Nella vasta solitudine del mare: silentium.
E l’anima spazia nell’infinito.
Nelle altezze dell’atmosfera: silentium.
E l’arcano degli abissi si svela.
Nelle passioni turbolente: silentium.
E l’equilibrio dell’animo si dischiude.
Silentium... Silentium... Silentium...
E palpita il murmure del Nume Rivelatore.

E sono tanti altri gli adepti che hanno sempre raccomandato il silenzio. Perché, allora, questi personaggi che si autodefiniscono grandi o unici maestri non fanno altro che parlare? Perché non riflettono sulla loro condizione e sul loro stato (invero meschino) di evoluzione? Forse, così facendo, potrebbero capire che l'evoluzione non consiste nell'andare in giro dicendo "Io ho tale timbro", "Io ho tale rito", "Io possiedo 400 carmi", "Io sono l'unico e solo depositario"; "di che cosa?", verrebbe da chiedere loro; di timbri, documenti, carte (spesso false), foto e quant'altro; sì, va bene, ma che cosa hai realizzato?
Risponditi, megamaestro e, soprattutto, confessa a te stesso "se un incendio distruggesse tutte le carte, i timbri e le altre bagattelle che ho raccolto nel corso di un'inutile vita, non sarei più nessuno, visto che il mio potere e il mio stato di presunta evoluzione provengono direttamente da tali oggetti".
Buon lavoro!
(Tratto dalla rivista ELIXIR con il permesso delle Edizioni Rebis).

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