Eleusi e l'Incontro col Divino - Dionisismo e "Stregoneria"

di Pier Luca Pierini R.

Pubblichiamo con piacere questa serie di notevoli e interessantissimi saggi intitolati “Mysteria”, riuniti e curati per uno speciale progetto unico dedicato ai Misteri dal noto studioso Luca Valentini e tratti dal sito ereticamente.net, che ringraziamo sentitamente. Con il saggio su Eleusi di Pier Luca Pierini R., storico Editore delle Edizioni Rebis di Viareggio, al quale seguiranno vari altri, inizia il nostro viaggio nella Misteriosofia Antica.

I Misteri di Eleusi rappresentano probabilmente il più noto dei culti misterici dell’antichità. Traggono la loro origine dall’omonima città della Grecia nella quale si celebrarono per quasi duemila anni, a partire dal 1500 a.C., per estendersi successivamente alle colonie e a Roma. I riti, incentrati principalmente sulle divinità Demetra e Persefone, si articolavano su due livelli: i Piccoli Misteri, a carattere prevalentemente propedeutico e purificatorio, che si svolgevano all’inizio della primavera greca, tra febbraio e marzo, legati alle Antesterie o feste dei fiori celebrate in onore di Dioniso, ai quali seguivano i Grandi Misteri[1], di consacrazione e celebrazione solenne delle cerimonie cultuali. Questi avevano luogo in autunno (Boedromione), tra la seconda metà di settembre e la prima di ottobre, periodo durante il quale si svolgevano le feste dedicate ad Apollo Boedromios.

Le stesse cerimonie erano caratterizzate da due aspetti distinti: il primo di impronta parzialmente essoterica, al quale potevano accedere le migliaia di fedeli che partecipavano alla sacra ricorrenza; il secondo era invece assolutamente precluso ai profani da una struttura rigorosamente esoterica, interna, alla quale erano ammessi i soli iniziati, vincolati ad un segreto inviolabile, peraltro sostanzialmente mai tradito da alcun affiliato[2]. Al culmine della festa notturna, che avveniva tra il sesto e il settimo giorno delle celebrazioni relative ai Grandi Misteri, veniva somministrata agli adepti una misteriosa bevanda detta kikeon, le cui componenti conosciute si limitano all’orzo, alla menta e all’acqua.

Tuttavia, secondo un’ipotesi formulata da alcuni studiosi, tra i quali Robert Graves nel saggio Le due nascite di Dioniso, Kàroly Kerènyi nelle sue opere su Eleusi e successivamente dall’etnomicologo Gordon Wasson, dall’etnobotanico Carl Ruck e dal celebre ricercatore Albert Hofmann (The road to Eleusis, Harcourt, 1978), pare che alla formula della bevanda fosse aggiunta una sostanza psicoattiva[3] che avrebbe consentito ai sacerdoti di controllare e coordinare contemporaneamente centinaia di iniziati, secondo tempi e dinamiche di un rituale preciso, guidandoli alla rivelazione della verità suprema, all’incontro col divino, in una condizione di estasi mistica e visionaria.[4]

Occorre notare a questo punto che, come scrive Hofmann (I misteri di Eleusi, Viterbo, 1995), non è mai stato possibile sollevare nel corso dei millenni il velo arcano frapposto dalla severa regola della segretezza. Possiamo soltanto farci un’idea delle caratteristiche e del significato spirituale che l’insegnamento eleusino rivestiva per ogni singolo individuo, sulla base delle testimonianze dei grandi iniziati. A Eleusi non veniva annunciata una vera e propria nuova religione rivolta a una cerchia ristretta, poiché gli iniziati, una volta ritornati dai Misteri nei loro luoghi nativi, rimanevano fedeli al culto della religione locale. Doveva trattarsi piuttosto di rivelazioni circa la natura dell’esistenza umana, circa il significato della vita e della morte che gli iniziati là ricevevano. Siamo a conoscenza delle preghiere che i mistici, gli iniziati rivolgevano alla dea della memoria, Mnemosyne, affinché questa potesse risvegliare e mantenere vivo il ricordo della sacra visione, che una volta impresso nelle loro vite avrebbe potuto trasformarle radicalmente. La partecipazione ai Misteri rappresentava un’esperienza il cui carattere straordinario era da ricercarsi in una modificazione nell’anima dell’iniziato piuttosto che in un evento esteriore.

In un Inno omerico dedicato ai Misteri di Eleusi si legge inoltre: Felice colui, tra gli uomini viventi sulla terra, che ha visto queste cose! Chi invece non è stato iniziato ai sacri misteri, chi non ha avuto questa sorte non avrà mai un uguale destino, da morto, nelle umide tenebre marcescenti di laggiù…

E ancora a proposito della visione eleusina, punto cardine dell’intera cerimonia, possiamo citare l’importante testimonianza di altri celebri iniziati al culto, come Pindaro, il quale non esita a sottolineare eloquentemente la propria esperienza:  Felice chi entra sotto la terra dopo aver visto quelle cose. Conosce la fine della vita, conosce anche il principio dato da Zeus…

Lo stesso Cicerone, profondamente colpito dallo splendore che illuminò la propria vita dopo l’esperienza di Eleusi, si esprime in questi termini: Abbiamo conosciuto i principi della vita, e abbiamo ricevuto la dottrina del vivere non solo con letizia, ma anche con una speranza migliore nella morte…

Nelle sue ricerche, Hofmann prende in considerazione la possibilità che alla sacra pozione fosse aggiunta polvere di segale cornuta, una escrescenza parassitaria del fungo claviceps purpurea contenente ergotina (una miscela di potenti alcaloidi dai quali si ricava l’ LSD), che cresce nel frumento e in altre erbe selvatiche, fra le quali la varietà detta Paspali disticum, della quale abbondavano i dintorni di Eleusi.

Più recentemente Terence McKenna (Il nutrimento degli dèi, Milano, 1995) ha invece sostenuto che l’ergotina potesse essere troppo pericolosa come ingrediente da somministrare indiscriminatamente a un così elevato numero di persone, ritenendo dunque verosimile la possibilità che la componente allucinogena presente nel kikeon fosse da identificarsi nel Claviceps paspali, una specie contenente una quantità maggiore di alcaloidi più psicoattivi e meno tossici, che infetta preferibilmente l’orzo e non la segale.

Queste ipotesi sono da ritenersi senza alcun dubbio affascinanti e ben sostenute nelle opere dei rispettivi autori da elementi altamente probanti. Ciò che tuttavia sembra non sia stato tenuto in debito conto è la componente dionisiaca presente nel culto. Lo stesso Hofmann afferma: I Misteri di Eleusi erano intimamente legati ai festeggiamenti e alle celebrazioni in onore di Dioniso. Essi conducevano in modo decisivo alla guarigione e al superamento della scissione tra uomo e natura, e possiamo anche dire all’annullamento della separazione tra creatore e creatura: era questo in realtà il grande compito dei Misteri. La loro importanza storica e culturale, la loro influenza sulla storia della civiltà europea, possono essere difficilmente sopravvalutate. Qui l’uomo separato e sofferente a causa del suo spirito razionale e oggettivante trovava la guarigione nell’esperienza mistica della totalità e questo era per lui motivo di credenza nell’immortalità di un essere eterno.

Dioniso, detto il nato due volte, figlio di Zeus e di Semele, era una divinità complessa, libera, multiforme, selvaggia: tra i molti attributi che ne caratterizzano il mito, è celebrato quale dio della feconda fioritura e della fertile libertà, della sensualità senza limiti, della bellezza incontaminata e dell’animalità divina, dell’ebbrezza estatica, della giovinezza eterna, dell’energia e della forza sublime della natura. Considerando che la bevanda sacra a Dioniso era il vino e che i greci ben conoscevano i molteplici effetti ottenuti unendovi le radici e altre parti della mandragora, pianta dalle estese proprietà psicoattive ben conosciuta in ambito teobotanico, perché non considerare la possibilità che proprio questi – o anche questi – facessero parte degli ingredienti del misterioso kikeon?

Del resto anche nei riti orgiastici consacrati a Dioniso, le Menadi, sacerdotesse del culto, cadevano in una specie di furore estatico durante il quale apparivano con occhi fiammeggianti e pupille dilatate a causa della sacra pozione che assumevano durante le cerimonie. Inoltre, le istruzioni pervenuteci, relative al periodo più propizio per estrarre la pianta dalla terra, ci forniscono ulteriori interessanti indicazioni: il Catelan (Rare et curieux discours de la plante appelée Mandragore, Paris, 1939) infatti scrive che non è possibile trovare questa radice se non un poco prima della levata Eliaca delle Pleiadi, ossia verso l’inizio di settembre, e non in altre stagioni dell’anno… Lo stesso Plinio riferisce che il tempo migliore corrisponde alla vendemmia, e Plutarco conferma che gli esemplari più belli di mandragore crescono ai piedi delle piante di vite, specificando altresì che il vino ottenuto da quelle vigne possiede meravigliose proprietà ipnotiche.

Vediamo dunque che gli antichi associano la mandragora alla vite, all’uva e al vino e, più significativamente, che il periodo maggiormente favorevole alla raccolta coincide con la vendemmia e con le celebrazioni dei Misteri. Questo concorso di eventi non può essere considerato una semplice coincidenza, o riferito unicamente all’epoca della fioritura della Mandragora Autumnalis, bensì spiegato con la necessità di usufruire non solo della radice, ma di tutte le componenti attive della pianta, foglie e bacche comprese, che in settembre raggiungono appunto il massimo sviluppo.

Da non sottovalutare altresì il fatto che uno degli animali sacralmente più vicini a Dioniso, probabilmente il più rappresentativo assieme alla pantera (forse non a caso nera come il cane sacro ad Ecate richiesto per la raccolta della pianta nei rituali più antichi), era proprio il caprone, verosimilmente lo stesso capro del sabba che presiedeva le periodiche riunioni delle congreghe e al quale le cosiddette streghe rendevano un simbolico omaggio, che volutamente quanto volgarmente i feroci persecutori dell’antica religione hanno inteso assimilare a Satana. Così come la figura di Pan, l’ipersessuale dio dei boschi dotato di corna e zampe caprine, non a caso strettamente legato a Dioniso, è stata scientificamente demonizzata sovrapponendovi l’immagine stessa del Maligno.


Ora, se analizziamo senza preclusioni concettuali le pur numerose e spesso fantasiose (o di parte) descrizioni del sabba, che il Noel, citando il Le Loyer (De Spectris, 1586), non esita a ricondurre non solo etimologicamente alle feste notturne in onore di Bacco Sabasio[5] (Dizionario d’ogni mitologia e antichità, Milano, 1809-1827), non è difficile individuare al di là degli aberranti particolari inseriti ad arte per giustificarne la “natura diabolica” e la conseguente condanna, la presenza di precisi riferimenti simbolici e rituali precristiani, che confermerebbero la sopravvivenza necessariamente clandestina di culti misterici legati a divinità come Dioniso e Diana[6], perpetuatisi segretamente soprattutto nelle aree rurali, ben oltre l’affermazione del Cristianesimo come religione dominante, con le relative persecuzioni e le violente repressioni scatenate nei confronti di ogni manifestazione riguardante preesistenti espressioni cultuali.

Questa possibile realtà apre una serie di inedite e suggestive ipotesi, certamente controverse, tuttavia sostenute da varie fonti[7], tra le quali spiccano i classici J.Michelet (La Sorcière, 1862), Charles Gofrey Leland (Aradia, Etruscan Roman remains, Legends of Florence), gli autorevoli saggi di Margaret Murray, Il Dio delle Streghe e La stregoneria nell’Europa Occidentale (ma possiamo aggiungere anche Witches still live, di Theda Kenyon) e, per una serie notevole di riferimenti preziosi, La demolizione dei Templi, di Vlasis Rasias (Diipetes Editiones, Atene, 1994). Non appare azzardato dunque intravedere attraverso i veli che occultavano al volgo l’essenza del culto eleusino, una componente psicoattiva – chiave attiva e arcana del passaggio dallo stato di coscienza ordinaria, con tutti i condizionamenti che ne conseguono, a una forma di coscienza modificata e destrutturata, atta a facilitare il contatto col divino e con dimensioni altre – dagli effetti inimmaginabili, mai presa in seria considerazione dalla ricerca storiografica ufficiale.

Questa interpretazione eretica, che necessariamente richiede una lettura e un’analisi assolutamente prive di componenti pregiudiziali, costituirebbe il classico anello mancante tra l’uso di pozioni enteogene somministrate agli iniziati prima di essere introdotti ai Sacri Misteri e le pomate o unguenti allucinogeni adoperati dalle streghe[8] per il magico volo - tra gli ingredienti dei quali è sempre significativamente presente la mandragora -, avvalorando la seducente ipotesi di una tradizione magico-religiosa mai definitivamente spentasi né completamente estirpata, l’eco della quale, nonostante i roghi, le torture e i deliri dei secoli bui, si faceva ancora sentire e in modo particolarmente sensibile nelle campagne e nelle zone rimaste incontaminate, addirittura sul finire del secolo XIX.

[1] Si presume inoltre l’esistenza di un terzo livello iniziatico, detto dell’epopteia, o visione, più propriamente successivo al secondo livello, dei Grandi Misteri.

[2] Escludendo i noti e controversi episodi di Eschilo , Alcibiade e Andocide.

[3] Gli autori di questa ipotesi ritengono probabile che i neofiti eleusini fossero tenuti all’oscuro di questo “Segreto dei Segreti” e che questa conoscenza fosse riservata e tramandata ai soli gerofanti, la rigida selezione dei quali, scelti fra i membri delle due sole famiglie elitarie degli Eumolpidi e dei Keryci, avrebbe facilitato il controllo della conoscenza del “segreto” stesso.

[4] In un recente studio di rivisitazione critica dell’etnobotanica dei Misteri Eleusini, è stato riconosciuto nel culmine dell’evoluzione del rito un “complesso psicofarmacologico” coinvolgente da un minimo di due a un massimo di sei agenti psicoattivi differenti (Samorini, I Misteri Eleusini).

[5]  “Le Loyer (l.4, Degli Spettri, c.13) fa risalire sino ad Orfeo, fondatore degli Orfeotelisti, l’istituzione della tregenda, e tutte le cerimonie che l’accompagnano. Trova egli nei canti delle orgie, Saboè, Evohè, il grido degli stregoni, Sabbat: ed in Sabasio, soprannome di Bacco, il nome medesimo di Sabbat.”

[6] La Signora del Gioco della Societas Dianae, citata nel famigerato Canon Episcopi.

[7] Per una visione più ampia dell’argomento, consigliamo la lettura dell’articolo “La Stregoneria: Inquisizione e Sapere Iniziatico” di Q.A.D., in Elixir n°7, Ed.Rebis, Viareggio, 2008.

[8] Definizione generica e per certi aspetti alquanto riduttiva, se interpretata entro l’ottica di moderne, fantasiose e banalizzate immagini di personaggi che in realtà costituiscono, in percentuale significativa, vere e proprie appendici iniziatiche ed epigoni rappresentativi di culti e ritualità misterici perpetuatisi all’ombra del segreto nei secoli.   

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