Mithra e la misteriosofia romana della Luce – Luca Valentini
“ è l’ascesa dell’Uomo – Dio nelle sfere celesti, nella gerarchia dei <> per cui tutta l’esteriorità delle cose di natura impallidisce, si estenua, si fa interiormente luminosa, arde infine” (1)
Lo studio e l’ermeneutica circa ciò che fu il Mithraismo romano concerne una serie differenziata di considerazioni rispetto a ciò che fu la sfera misterica nell’ambito della società e della religiosità nella Roma arcaica. Nel quadro di ciò che un Franz Altheim classificava come la potenza universale del Deus Sol Invictus (2), in cui gli adepti di Apollo e di Mithra, di Helios e dei Baalim siriaci si ritrovarono in un archetipo comune, limitare l’analisi nella semplice catalogazione dei Misteri di Mithra in ciò che la storia delle religioni, da Cumont in poi, ha determinato come l’invasione dei culti orientali nella sfera sacrale romana, risulta necessariamente essere un processo d’indagine al quanto superficiale, in quanto l’iniziazione al rito del Nume che nasce dalla Pietra (filosofica) e si ricongiunge nell’agape solare con le sfere dell’iperuranio (sesto grado di Heliodromos), presenta in sé, nella sua manifestazione romana, delle specificità molto particolari atte a far debitamente sospettare che il Dio altro non fosse che la rimanifestazione dell’arcaico Sol Indiges nella sua realizzazione prettamente marziale (3).