Secondo Albert Poisson (Théories et symbolés des Alchimistes, pag. 106), «il vero ATANOR... è una specie di fornello a riverbero che si può Smontare in tre parti. La parte inferiore contiene il fuoco: essa è bucherellata per permettere l'accesso all'aria e presenta una porta. La parte media, pure cilindrica, offre tre sporgenze disposte a triangolo su cui riposa la scodella contenente l'uovo. Questa parte è bucata, secondo uno dei diametri, da due buchi opposti, chiusi da dei dischi di cristallo, il che permetteva di vedere cosa succedeva nell'uovo. Infine la parte superiore, piena sferica, costituiva una cupola o riflettore, che riverberava il calore; tale era l'atanor generalmente usato». 

Martino Ruland nel suo Lexicon Alchemiae (Francoforte, 1602) a pag. 76 dice: «I' Atanor, che è filosofico, ed è detto arcano, è forno composto che fornisce all'arcana pietra dei filosofi da elaborare, calore conveniente dove il fuoco non tocca il vaso». La stessa cosa dice Guglielmo Jhonson nel suo Lexicon Chymicum (cfr. Bibl. Chem. Mangeti, Tomo I, pag. 280): ed a pag. 226 dello stesso volume egli aggiunge che l'athanor è anche chiamato athanar. Ed anche il de Guaita (La Clef de la Magie Noire, Paris 1902, pag. 703) dice che « l'athanor », o fornello immortale, è così chiamato perché il fuoco deve bruciarsi senza tregua, fino alla perfezione dell'elixir.

Peraltro, data l'analogia dei fenomeni della natura e la possibilità e consuetudine di applicare analogicamente uno o più sensi allegorici alle parole ed aì simboli usati in esoterismo, la parola Atanor, applicata all'alchimia spirituale, ha pure un altro importantissimo significato. «Quando i maestri di alchimia, dice Eliphas Levi (Dogme de la Haute Magie, 1861, pag. 254), dicono che occorre poco tempo e poco denaro per compiere le opere della scienza, quando affermano sopratutto che un solo vaso è necessario, quando parlano del grande ed unico atanor che tutti possono mettere in opera, che è sotto la mano di ognuno, e che gli uomini posseggono senza saperlo, fanno allusione all'alchimia filosofica e morale ».

La più antica menzione in alchimia della parola athanor si trova, a quanto ci risulta, negli scritti del grande filosofo ed alchimista Raimondo Lullo (1205-1313) e precisamente nella Elucidatio Testamenti Raimondi Lulli, che si trova anche riportata da J. Mangeti a pag. 832 del Tomo I della sua Biblioteca Chemica (1702). Essa è contenuta nel capitolo III di questa elucidazione, che è intitolato Capitulum tertium de Fumo; e poiché si tratta di un autore tenuto in alta considerazione dai figli di Ermete e di un brano assai importante, sopratutto nel senso dell'alchimia spirituale, ne riportiamo la traduzione.

«Parleremo del nostre forno, ma sarà cosa gravissima il riferire il segreto del nostro forno, che gli antichi filosofi hanno celato: imperocchè nei nostri libri abbiamo descritto varii forni, quantunque facciamo uso di un unico forno che si chiama athanor, la cui interpretazione è fuoco immortale; perché produce un fuoco perdurante sempre egualmente nel medesimo grado, da principio fino alla fine della nostra pietra, fuoco vivificante e maturante.

Figlio, dà ascolto ai nostri detti, e comprendi che il nostro forno è composto di due parti, bene otturato nella giuntura della chiusura: di cui il congegno è questo.

Il forno si faccia grande o piccolo secondo la quantità della materia; poiché una grande quantità di materia richiede un forno grande, una piccola, a modo di forno distillatorio, col suo coperchietto fermamente chiuso, cosicché quando il forno sia composto col suo coperchietto, abbia appena un unico spiraglio, in modo che il calore del fuoco acceso possa respirare: imperciocché il fuoco della natura questo solo richiede dal forno e niente altro. E la chiusura della giuntura di questo nostro forno viene chiamata sigillo di Ermete e dei sapienti, perché soltanto ai sapienti è noto, e mai da nessun filosofo è stato espresso, ma è riservato in sapienza, quel che nella sua comune potestà custodisce.

Non saremo a commentare questo brano. Riferire il segreto dell'athanor è effettivamente, come dice il Lullo, cosa gravissima; anche perché, per i profani è inesprimibile. Alla stessa maniera, non è possibile esprimere che cosa sia la luce in modo intelligibile ad un cieco dalla nascita. Per questa ragione gli alchimisti hanno sempre detto che solo per mezzo della esperienza si può arrivare a conoscere la pietra dei filosofi, e che questo non può avvenire che grazie all'insegnamento di un maestro o per dono di Dio.

Alcuni particolari del brano citato sono per altro assai interessanti, come quello relativo alla respirazione, che effettivamente durante la grande opera si attenua sino al minimo; e possono attestare quale fosse la sapienza del Maioricano.

L'interpretazione di athanor data dal Lullo, sopra riportata. corrisponde al risultato principale della grande opera di alchimia spirituale, e corrisponde anche ad un'etimologia dal greco a-tanatos, immortale, da cui athanor, che è data dal Dictionnaire Universel (Paris, 1866). Ma ci sembra assai più verosimile e filologicamente corretta l'etimologia che ne dà il Ragon nella Orthodoxie Maconique suivie de la Maconnerie Occulte et de l'initiation hermetique (Paris 1853, pag. 584): Si chiama athoenor (da tannour, forno, in ebraico) a causa del fuoco che vi s'intrat-tiene, senza discontinuità, durante l'operazione, e di cui i gradi sono proporzionati alla capacità del fornello e dei vasi ed alla quantità delle materie che contengono. Ed effettivamente la parola — thannur che significa fornace-forno e si trova nell'antico testamento, quando sia preceduta dall'articolo — ci dà proprio athannur. Da questa antica parola ebraica od aramaica è venuta poi, secondo il Dozy (Supplement aux Dictionnaires Arabes, Leida 1881), la parola araba at-tannur, cioè at-al-la e tannur-fornace (cfr. A New English Dictionary del J. H. Murray, 1888).

Nelle Congeries Paracelsicae Chemiae de Transmutatione metallorum (cfr. Vol. I pag. 571 del Theatrum Chemicum, Ursellis 1602) è detto che il forno è «Athanor chemico nomine vocatus ab antiquis». Già dal trecento infatti abbiamo trovata questa parola adoperata dagli alchimisti occidentali, i quali la presero, come accade sempre per i termini tecnici, dagli alchimisti ebrei o più verosimilmente da quelli arabi del medio evo.

Categoria: