I lettori, appartengano o no alla nostra Scuola, non devono rimpiangere il tempo perduto e cerchino di ricavare dalla lettura un profitto reale. Le idee devono trasmutarsi in sangue, vale a dire si devono vivere nella vita quotidiana, diversamente non sono in realtà che fuochi fatui che si dileguano alla prima impressione estranea. Determinando così il fine che vogliamo conseguire, evitiamo il meglio possibile di far sorgere malintesi e di aprire la stura a discussioni di clinica filosofica che sono caratteristiche dei dottrinari e vengono appetite dal pubblico, specialmente nei periodi di crisi della coscienza umana, perpetuamente desiderosa di sapere una buona volta donde si viene, che cosa siamo e dove andiamo, e quindi propensa a sognare sentimentalmente tutte le cose che la seducono. Noi in sostanza non sappiamo che una cosa: siamo così come siamo, possiamo e dobbiamo migliorare, siamo tra noi legati e apparentemente divisi, abbiamo il dovere di far comprendere l'umana solidarietà non come un presupposto mistico e religioso, ma come una legge benefica e utile a tutti.

Il carattere pratico della pubblicazione ci consiglia sopra ogni cosa a non divagare in questioni di religione, ma potremmo dire che questa via conduce alla conoscenza del Cristo vivo e vero, nel senso della perfettibilità dell'uomo morale e della manifestazione vivente nella società umana dello SPIRITO di fraternità che è spirito di Carità; non carità apparente e bigotta che quod superest dat pauperibus, ma che ci fa vedere nel nostro simile non il povero, ma la carne della nostra carne (da caro-carne, viene carità) tal quale come la mamma sente pel figlio, il fratello pel fratello, l'innamorato per la persona amata. La sentimentalità è il vero carattere dello spiritualismo, inteso nel senso preciso di vita ideale e sospirata; l'idea della sentimentalità isterica, vuota, inefficace per il male di cui soffre il proprio simile, appartiene al misticismo patologico delle persone e congreghe che vivono della carità nella sola mente e non nella vita reale della pratica. I misti nell'epoca pagana erano gl'iniziati di primo grado, come si direbbe oggi, ai misteri e non potevano entrare se non nel vestibolo del tempio e dovevano credere senza vedere, da cui il mistico. Il verbo miscere latino significa mescolare, forse da una radice sanscrita Mask o Maks che denota movimento. Mixtus o Mistus è il participio di miscere. Il patrimonio dei mistici è la fede. Il significato etimologico della parola fede è legame o corda; come la parola religione (in latino religio) contiene la radice di ligamen, cioè congiungimento, attaccamento dell'uomo ai cieli o occulti luoghi degli dei celesti, dal verbo coelare che significa nascondere. L'anima eletta non ha bisogno di avere la dimostrazione della verità, la sente; a quest'anima è sufficiente una semplice comprensione, una pura intuizione dello spirito per possedere ogni dottrina; così dicevano gli gnostici di Basilide, così dicono i mistici di oggi della Scuola Cristiana della Eddy, così vanno filosofando tutti i teosofi. Gli scolari del Basilide dicevano che la fede è l'assentimento dell'animo a tutto ciò che non cade sotto i nostri sensi in seguito alla « non-presenza ». È vero? È falso che l'anima eletta faccia così? non ci riguarda che come questione in secondo grado, a noi che abbiamo tracciato un programma terra terra da svolgere pedestremente per far vivere le verità, non per farla arrosolare come polli ideali allo spiedo delle immaginazioni più fantastiche. Se diciamo col Du Prel che la magia è la scienza naturale ignorata, con questa scienza ignorata dobbiamo per lo meno dimostrare di fare qualche cosa che con la scienza naturale nota non si è fatto. Fino a quando, queste famose scienze occulte non rispondono che ai soli bisogni metafisici, cioè agl'ingredienti mentali dell'umanità superstiziosa, l'idea di un'azione psicurgica non potrà penetrare nel popolo, il quale non apprezza il valore delle idee che dal punto di vista della utilità, e il lettore non perda mai d'occhio che il programma è di arrivare alla piccola anima di questo popolo, e non a convincere le anime elette di super-filosofi, anime che posseggono già tutto lo scibile per sola comprensione sublime e pneumatica.

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Il materialismo brutale ha conquistato le masse per due ragioni solidissime: l'una positiva, l'altra negativa. Positivamente percepisce la civiltà come la maggior copia di bene sensibile da offrire alle moltitudini, in soddisfazione dei bisogni di tutti i momenti. Le organizzazioni popolari civili sono presiedute dal concetto previdenziale della concezione materialistica della vita. Quindi la politica, che è scienza di governo delle moltitudini, fa officiale il criterio materialista della distribuzione equa della somma maggiore di felicità, intesa come la intendono i materialisti puri e semplici. Negativamente, perché sorride innanzi alla impotenza delle vecchie organizzazioni spiritualiste religiose che non possono dare niente in questa valle di lacrime, e tutto rimandano a dopo... che ci è venuto un tiro a secco. Badate, o lettori, che io non m'immischio di religioni, ma vorrei fare comprendere che nella fusione di tutto l'antico scibile sui poteri dell'anima, il cristianesimo officiante cattolico, cioè universale, dovrebbe aver dato a noi tutto quello che gli uomini vanno trovando e ricercando, tal quale come venti secoli fa nella Roma imperiale e nell'Alessandria dei filosofi. L'idea della maggior copia di benefici al popolo sulla terra non è prettamente materialista. Il fondamento essenziale della carità e dell'amore, che è supremamente cristiano e civile, o meglio, religioso e umanitario, presuppone il comune vantaggio dei beni della natura e della cooperazione scientifica dei più progrediti in uomini associati. In epoca di tale e tanta deliquescenza buddica, il divino della idea cristiana è meravigliosamente immenso, perché carità e amore presuppongono la solidarietà nella specie, socialmente e idealmente. Carpocrate e i suoi gnostici concepivano la comunione del bene in natura come un predicato filosofico e divino, fino ad esagerarlo e a profanarlo. La divinità del Cristo è nella immolazione del sé a tutta l'umanità, il che — tradotto in lingua maccheronica — vuoi dire immolazione dell'individuo separato (egoismo) alla grande famiglia o specie (altruismo). Giuda Iscariota che tradisce il Cristo, è l'umanità che per tredici danari (il possesso del primato) fa del suo spirito divino un demonio separato e tiranno. Il materialismo è stato concepito come una libera reazione al teologismo, mentre ne è il figlio primogenito che finisce col non credere più al papà, rompendo i legami di parentela, non credendo più, non possedendo più la fede, che il teologismo già più non possedeva: quando l'uomo fa il teologo e teosofizza, quando ragiona e penetra l'anatomia della divinità e ne analizza il cervello, non ha più fede: quei tali legami sono rotti, e felice notte. Sapete la famosa favola di Amore e Psiche? Psiche che vuol vedere da vicino Amore, il marito ignorato che la visitava al buio, lo perde. Ora la civiltà governa e fa progredire le masse, il popolo sovrano della ragione politica, in proporzione dei benefici materiali come elargizione della tesi meccanica del materialismo scientifico, i cui sommi sacerdoti, novantanove volte su cento, sono a doppia personalità: scientificamente ed officialmente increduli a qualunque potere del sentimento, e umanamente — nel santuario domestico — credenti a tante cose che non sono materia: al bene, alla moralità, all'affetto pei figli e per la sposa, al dolore, alla provvidenza... spesso alla tale madonna miracolosa, più spesso a una qualunque superstizione popolare, dalla rottura dello specchio al rovesciarsi del sale in tavola. Il diavolo che svela i misteri direbbe: non un palmo di netto in questa società d'ipocriti: qui il prete in pubblico predica la fede, in secreto non crede; il dottore miscrede e predica contro di me che pure vivo e penso, e in secreto ha paura di morire senza il prete... Il popolo sovrano non conosce che quello che gli si fa conoscere per il veicolo officiale della scienza costituita a provvidenza statale.

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Ieri leggevo Hermes Trismegiste (traduction complète par Louis Ménard) e a pagina 280 mi colpirono queste parole: «Ricordandoti questi principi, ti ricorderai facilmente delle cose che ti ho esplicato ampliamente e che si trovano riassunte. Ma evita di parlarne alla folla, non perché io voglia impedirle che le conosca, ma non voglio esporti alle sue canzonature...». Dunque il sacerdozio di Ermes non credeva che la folla potesse partecipare serenamente e intelligentemente ai suoi insegnamenti, ed allora gl'insegnamenti del tempio erano filosofici e scientifici insieme. Per Ermes il popolo non era fatto per intendere le verità di cui avrebbe fatto un'indigestione vomitando beffe. «Queste lezioni devono avere un piccolo numero di ascoltatori o ben presto non ne avranno più uno. Esse han questo di particolare: che spingono i cattivi verso il male... bisogna dunque guardarsi dalla folla... L'umana specie è portata al male, il male è la sua natura e le piace». Questa volta vuol dire che le verità non sono per la folla, e il popolo sovrano è trattato male come un ammasso di malfattori: che differenza dalla concezione della cultura popolare contemporanea! « Se l'uomo impara che il mondo è creato e tutto si fa secondo la Provvidenza e la Necessità, che la necessità e il destino governano tutto, riuscirà a disprezzare l'insieme delle cose perché sono create, attribuirà il vizio al destino e non si asterrà da alcuna opera malvagia. Bisogna dunque guardarsi dalla folla, perché l'ignoranza la renda meno cattiva facendole temere l'ignoto ». Da questo spunto si può conoscere la interferenza tra l'antica superstizione sacerdotale e teocratica ereditata dalle religioni successive che limitarono la ricerca in ogni campo, e il carattere moderno della scuola laica, profana, redentrice della coscienza plebea dalle catene delle antiche cognizioni aforistiche e dommatiche che sono ancora profondamente ribadite nella coscienza popolare. E a pag. 83, Ermes dice a Thot: « Tutto è sommesso al destino, o figliuol mio, e nelle cose corporali niente succede fuor di esso, né bene né male... è fatale che colui che ha fatto male sia punito ed agisca in modo da subire la punizione della sua colpa. Tutto è prodotto dalla natura e dal destino, e non vi è luogo vuoto di provvidenza. La provvidenza è la ragione libera del Dio celeste: vi sono due forze spontanee: la necessità e il destino. Il destino è sottomesso alla provvidenza e alla necessità; alla necessità sono sottomessi gli astri. Essi sono gli strumenti del destino, e per esso compiono tutto nella natura e nell'umanità». Dunque la cultura e l'idea critica della direttiva nuova è un parto del destino umano? oppure anche esso è una superstizione della ribellione al freno che il carattere esclusivo della dominazione della Sapienza oggi s'impone?

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Oggi crediamo invece opera altamente civile quella d'indirizzare al popolo, un'opera attiva prettamente scientifica, prettamente umana, specificamente antisuperstiziosa. Noi vogliamo far capire a voi, lettori di oggi e di domani, che senza l'intercessione di spiriti di morti, di teologie, il pensiero psichicamente inteso è una forza. Non una forza morale che si converte in materiale quando si fa tradurre dalla parola di un oratore o di uno scrittore, ma una forza e un potere in sé e per sé, che agisce sulle cose vicine, sulle più lontane, sulle lontanissime, che vi arriva con mezzi di comunicazione visibili o senza mezzi visibili di comunicazione, come nelle due dei telegrafi: con fili o senza. Noi vogliamo concorrere a questa dimostrazione con un'applicazione pratica che entri nella categoria generale dei benefici da dare in copia maggiore al popolo migliorato dalla cultura generale, e sottrarlo alla superstizione di qualunque origine, e additargli la fonte del bene e del male che è la mente umana, e fargli intendere come sia elemento principale di ogni idea civile e di interesse principale per tutti, che la nostra mente si educhi al bene e la volontà diventi buona volontà, attivamente buona.

Voi, o lettori, sappiate che la mano aperta è simbolo di liberalità e di franchezza e ai nostri compagni di studio che la nostra parola accompagnano alla pratica, noi non ci stanchiamo mai di ripetere che, come cittadini, devono essere sempre esempio costante di rettitudine e, come uomini, di solidarietà e di altruismo, inteso nel senso classico di carità e di amore, nella vita privata e pubblica, onde nella serena concezione. della vita, possano trovare l'equilibrio che apra nell'animo la parola di quell'Ermete misterioso e divino che porta la luce e il potere di una buona volontà, attiva nel bene, tollerante della inferiorità morale dei meno evoluti e perpetuamente pronti a soccorrerli col pensiero, la azione, la parola, senza speranza di un premio anche morale, perché i bambini e gli uomini inferiori sono essenzialmente ingrati. Queste nostre parole non sono predicozzi untuosi fatti per le anime pie; sono pensieri che i discepoli della buona idea devono vivere e praticare; è questa pratica che prelude alla iniziazione dei primi poteri o virtù terapeutiche. Virtù è un altro dei nomi abusati e denaturati. Virtù proviene da vir, maschio, uomo, forte; vis è forza in latino, e in greco è eroe, cioè forte quanto un dio; l'astrazione della forza maschia attiva è virtù, e per dire astrazione voglio indicare una qualità del mentale umano, e ciò è una prova della potestà di spiritualizzazione dell'uomo e di tutte le cose di origine materiale ed inferiore. Le astrazioni, ridotte a parole, essenzialmente rappresentano l'intuizione mentale dello SPIRITO della cosa o azione praticamente bruta. Amore, bellezza, crudeltà, ferocia, libertà, sono spiriti mentali dell'azione di amore, della cosa bella, dell'animale crudele o feroce, della cosa libera, cioè non costretta. La virtù di fare o pensare o concedere il bene, non è che spirito della mente o anima, attivo e gestante, e la sua radice è nel centro o nucleo mentale, o anima o spirito. Se la fonte in cui lo spirito prende radice vuol diventare VIRTU', cioè vuol diventare agente o attiva, efficace e realizzante, deve permutarsi in buona, cioè — nell'intima sua costituzione — permanentemente concepente il bene. Vedete che io insegno la magia bianchissima e semplice senza misticismo, la magia dell'amore che diventa virtù essenziale. Praticarla è diventar mago... Mi bisogna praticarla e sentirla, non farvi su una bella chiacchierata e poi mettere tutto a dormire. Sciocchi quelli che vogliono tutto ottenere dai circoli magici, dai caratteri geroglifici, dalle formule evocatorie e dagli scongiuri.., nonché dalla sola cibazione dei cavoli e delle barbabietole. Il primo fondamentale strumento magico è il bene o la bontà diventata costituzionale dell'animale uomo. I nostri misti o novizi sono intenti e invitati a questa preparazione; affinché acquistino o realizzano la VIRTU' terapeutica e la trasmettano. Per questo cumulo di ragioni abbiamo pregato tutti i critici di professione di darci il tempo di mutare e preparare gli elementi, e non farci abortire per intossicazione al quarto mese. La nostra scuola è pubblica in questa esposizione pratica di dottrina, e chi non fa che seguire e praticare i nostri consigli, toccherà con mano che... diamo a mano aperta.

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