Dagli iniziati della Grande Opera alle inezie della grande operetta

La ricerca della verità rappresentò un’esigenza di fondamentale importanza per i popoli dell’antichità ed in particolare per i Greci, i quali impiegarono il termine άλήθεια per indicare il non nascondimento, o meglio l’eradicamento dell'oscuramento. Il filosofo Socrate interpretò l’indagine della verità come atto concreto dell’anima e tale dovrebbe essere ancora oggi per coloro i quali, respingendo la dittatura del relativismo materialista, avvertono nel profondo il desiderio di investigare le ancestrali dinamiche che reggono il Creato.

Tutte le dottrine spirituali anelanti alla Luce, siano esse religiose o esoteriche, dovrebbero in ipotesi assumersi il compito di fornire il nutrimento necessario alla vita interiore dei propri sostenitori. Delle culture religiose propriamente dette non ci occuperemo, esulando queste ultime dall’argomento della presente riflessione. Concentreremo invece la nostra attenzione su un sodalizio iniziatico in particolare, ovvero sulla Fratellanza terapeutico-magica di Miriam creata, alla fine del secolo XIX, da Giuliano Kremmerz, al secolo Ciro Formisano da Portici (1861-1930).
Presentandosi come il maggiore divulgatore a mezzo stampa delle dottrine esoteriche di tradizione italica, quest’ultimo fondò una schola philosophica i cui aderenti avrebbero dovuto, preliminarmente, praticare la magia terapeutica ed eonica (isiaca), per poi ascendere, se ritenuti meritevoli, al processo di perfezionamento interiore che transitava per la pratica della cosiddetta alchimia interna (magia osiridea o ammonia).
Il Kremmerz si assunse l’onere morale di forgiare le anime dei propri discepoli ad immagine e somiglianza di un nume, vagheggiando il develamento di una verità alla quale, per quanto è dato sapere, nessuno è mai riuscito a giungere in terris, poiché la verità stessa, in quanto tale, non appartiene a questo mondo che è fallace ed imperfetto.
Se dunque il Formisano fu uno dei tanti maestri privi di una verità oggettiva fu, di contro, capace di consegnare alla posterità un metodo di indagine non religioso, ma al tempo stesso sacro della Dimensione Eterna, in grado di favorire un contatto tra un essere incarnato (l’iniziato) ed il Mondo degli Archetipi, al quale la Verità Assoluta appartiene.
Del resto, il mandato di additare agli altri una via di evoluzione interiore presenta sempre e comunque una connotazione sacerdotale e deve essere espletato con responsabilità e discernimento. Colui che diviene guida magica del proprio simile, assume infatti l’obbligo di preservarne il benessere psichico e di incoraggiarne il processo evolutivo ed intuitivo di una realtà oggettiva, attraverso un meccanismo soggettivo ed operativo di autosuggestione.
Il Maestro che avoca a sé la ‘direzione’ dell’anima altrui, deve infatti rendere noto all’aspirante ermetista che durante il percorso misterico non si conquisterà alcuna verità certa, ma sarà possibile percepire l’esistenza di un mondo invisibile popolato da esseri impalpabili in grado, talora, di interagire con la dimensione terrena e di imprimere su di essa cambiamenti per altro rilevanti.
Ma codeste intelligenze che si manifestano a noi sotto forma di intuizioni, avvertimenti, ammonimenti, prove personali, etc, sono in grado di avere un contatto diretto con l’anima umana oltre la vita terrena? Questa è una domanda che non ha alcuna risposta, poiché nessuno sembra essere mai tornato indietro dal tanto temuto Aldilà, per darci notizia delle dinamiche che governano ciò che all’uomo è invisibile. E qual è il destino dell’anima dopo la morte? Anche questa è una domanda che non ha alcuna risposta definitiva.
Per miglia di anni, i filosofi ed i mistici si sono affannati a raccontare la loro ‘versione dei fatti’ e molti sono stati coloro i quali si sono accontentati delle certezze (o dogmatismi) trascendentali altrui. Il maestro di magia è tale se disillude il proprio discepolo. Il maestro di magia è tale se, come il filosofo Kant, smonta i sillogismi euristici dei presunti sapienti, proclamandosi socraticamente seguace della verità, ma al tempo stesso incapace di consegnare una verità cesellata dal crisma della certezza.
Ma se la verità assoluta non è perseguibile sulla terra, in che modo dovrebbe comportarsi colui che desidera la conoscenza?
Dovrebbe rinunciare al cammino o accettare di percorrerlo, raccogliendo i frutti che il cammino medesimo saprà destinargli? Questi ed altri sono quesiti che il maestro dovrebbe porre preliminarmente al discepolo, affinché costui conosca già dall’inizio lo status questionis e non vada incontro ad amare disillusioni.
È, del resto, lecito chiedersi se sia mai davvero esistito un caposcuola che abbia elargito un leale insegnamento ai propri seguaci. Ci sia consentito di dubitarne…
Ad imitazione della peggiore TV spazzatura, il parterre kremmerziano è stato, dopo la morte di Ciro Formisano, popolato da una serie di personaggi in cerca di una legittimazione all’insegnamento delle scienze occulte, che transitasse per una sorta di ‘provveditorato gesuitico’ ed integralista agli studi esoterici, fatto di timbri, sigilli, carte intestate e presunte appartenenze ad ordini occulti morti e sepolti sotto le sabbie di uno pseudo-Egitto da cartolina fine ‘800.
In virtù di tali ‘abilitazioni’ vere o presunte (ma questa è un'altra storia), le varie guide miriamico-osiridee succedute al Kremmerz hanno costituito conventicole, aventi un numero più o meno consistente di affiliati, organismi questi gli uni indipendenti dagli altri e costantemente in lotta tra loro per la supremazia, non si sa bene su cosa o su chi.
Al di là delle varie ‘tifoserie’ romane, baresi, milanesi, napoletane, fiorentine e chi più ne ha più ne metta, molti hanno sovente millantato il possesso delle autentiche chiavi operative per giungere alla verità assoluta, manipolando le anime e le intelligenze dei loro seguaci. Si ha notizia di discepoli che si recavano presso i cosiddetti maestri, in cerca di riti di perfezionamento e venivano malamente scaraventati giù dalle scale, con ampio compiacimento e soddisfazione da parte di colui che compiva tale atto di defenestrazione del malcapitato di turno.
Ma mentre dagli anni ’40 agli ‘80 del secolo XX la difesa ad oltranza dei ‘magici orticelli di Priapo’ non impedì ai vari presidi o capi carismatici del kremmerzianesimo di conservare reciproci rapporti di compassata e cortese indifferenza-diffidenza, oggi si assiste ad un indecoroso spettacolo di odi implacabili, di incomprensibili rivalità alimentate da vicendevoli diffamazioni preferibilmente a mezzo web e rigorosamente anonime; a tragicomiche vicende giudiziarie che coinvolgono i seguaci di una medesima dottrina, a deliri mistici alimentati dal possesso di vecchi bauli da biancheria, scatoloni e ‘papelli’ colmi di carteggi riservatissimi.
E quel che è peggio è che taluni preposti a conventicole dal passato più o meno blasonato della SPHCI, turbati dalle crescenti defezioni dei loro affiliati, anziché meditare sui propri errori, continuano a scaricare le loro frustrazioni su quei malcapitati che si ostinano a restare intrappolati nelle reti del più volgare settarismo. Numerosi restano purtroppo coloro i quali accettano infinite umiliazioni, prostrandosi dinnanzi a preti e ‘pretesse’ del magismo nostrano, pur di ottenere strumenti rituali sempre più affinati, utili all’ascenso.
Alcuni dei personaggi di cui sopra, al fine di preservare il ‘bene’ dei loro discepoli, si sono talora arrogati persino il diritto di scegliere la compagna o il compagno astralmente più confacente alle esigenze dei discepoli medesimi, in barba a qualunque libertà di sentimento che è il presupposto fondamentale per una vita equilibrata e serena.
L’iniziazione, sempre più spesso, viene depauperata del suo alto valore spirituale, per essere ‘trasmutata’ in una sorta di campagna di arruolamento di nuovi soldati dell’occulto fra i ranghi di un esercito personale del maestrino di turno. Chi è costui? Un Nume, un essere umano forgiato ad immagine e somiglianza di Dio? Ma quale Nume? Quale Dio miei cari lettori? Abbiamo sempre e solo a che fare con il solito furbetto del quartiere il quale, ad imitazione di un sovrano dell’antica Persia, ama circondarsi di servi, cicisbei e favorite, compiacendosi della loro proskynesis.
E cosa dire poi delle minacce e delle intimidazioni, sistematicamente rivolte da talune ‘papazze’ o ‘vescovi partenopeo-nilensi’ a quanti, stanchi di soggiacere alla loro dittatura, tentano di fuggire via? Le pressioni psicologiche sono all’ordine del giorno, così come le minacce di impedire ritualmente il processo di ascenso dei dissidenti che, hanno solo avuto la malaugurata sorte di incrociare il loro cammino con individui meritevoli di trangugiare una buona dose di olio di ricino, al fine di meglio meditare, fra i miasmi dei loro parti distoici, sulla propria balordaggine.
Tanto si potrebbe ancora scrivere a proposito di questo grottesco carrozzone kremmerzese (per citare un neologismo recentemente coniato da un arguto e dotto ermetista noto con lo pseudonimo di Apleio), ma noi che siamo discepoli di Socrate, così come seguaci del migliore Kremmerz, preferiamo non affondare ulteriormente il coltello nella purulenta piaga del tanto decantato esoterismo italico, restando certi di una sola certezza: che il non sapere avvicina molto più alla verità, del sapere ogni cosa…. Ed ora…non ci resta che piangere….

 

ALFENOR

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