di G.M.Capiferro e C.Guzzo

La chiusura ufficiale delle Accademie miriamiche e le vicissitudini che le medesime dovettero patire in Italia a causa dell’antimassonico regime mussoliniano, se da un lato limitarono considerevolmente l’impatto della Fratellanza su un piano eminentemente pubblico e di visibilità, dall’altro dovettero rappresentare uno stimolo alla riflessione ed al cambiamento.
Durante  la propria permanenza a Beausoleil il Formisano compose I Dialoghi sull’Ermetismo, frutto di  decennali riflessioni sub specie interioritatis, che videro la luce in edizione fuori commercio e nel numero di sette (successivamente divenuti 9) nel 19291.
L’opera fu concepita con l’intento di consegnare ai posteri una esposizione quasi elementare dell’ermetismo, con la speranza di cancellare definitivamente quei fraintendimenti esegetici ai quali erano andati incontro gli scritti dell’ermetista campano.
Non vi è dubbio che il Formisano meditasse di dare un nuovo assetto alla propria Schola e che avesse in mente dei cambiamenti radicali relativi anche alla propria sfera personale, considerato che, nel 1928, aveva accarezzato il proposito di emigrare in America del Nord con la propria famiglia2. I Dialoghi rappresentarono un ideale vademecum per coloro che  desideravano avvicinarsi allo studio della magia ed un ottimo strumento di studio e di riflessione per quei discepoli (ve ne erano numerosi) che, pur praticando, avevano ancora gravi difficoltà a comprendere persino i rudimenti del pensiero del loro maestro.
Il 26 febbraio del 1929, in una lettera privata indirizzata al prof. Quadrelli, alla quale abbiamo già fatto riferimento nell’incipit del precedente paragrafo, il  Formisano riconobbe il fallimento del precedente assetto della sua scuola, auspicando una decristallizzazione della stessa che non sarebbe, purtroppo, mai stata attuata3. Il Kremmerz si spense, infatti il 7 maggio del 1930, stroncato da un ictus cerebri presso la sua abitazione di Beausoleil. Già al termine delle esequie alcuni seguaci giunti dall’Italia per prendere parte all’estremo rito, fra i quali vi era l’ avvocato Giacomo Borracci, si precipitarono nell’abitazione del defunto nella spasmodica, quanto vana ricerca di materiali riservati e di precise istruzioni concernenti la successione alla guida della Fratellanza. Il Formisano doveva certo avere provveduto a fare sparire la documentazione segreta in proprio possesso, consegnandola verosimilmente, al fuoco oppure alle sicure mani del segretario parigino Jean Brenniére, che fece ben presto perdere le proprie tracce4.

Del resto il Kremmerz soffriva ormai da anni di una profonda depressione che sovente lo costringeva ad invocare la morte, quale soluzione finale alle proprie miserie. A riprova di ciò riteniamo utile citare un breve stralcio di una lettera del 26 febbraio 1926, indirizzata alla figlia Gaetanina, nella quale l’ermetista campano scrisse: Tuo padre è nato ricco di potere e di libertà e declina schiavo della povertà mentale degli altri e povero d’amore. Finirà anche questo; credevo che sarebbe finito all’inizio dell’anno scorso, ma pare che ci debbono essere ancora dei solstizi a vedere5. Alla pesante depressione si aggiungevano altresì i non trascurabili problemi economici che lo costringevano, nonostante l’età avanzata, a lavorare tutti i giorni, domeniche comprese e fino a notte fonda, per mantenere se stesso, la moglie ed il figlio demente6.
Il suo scoramento dovette essere accresciuto forse anche dalla considerazione che i suoi discepoli più avanzati si fossero dimostrati tutt’altro che evoluti e ‘separati’,  dal momento che, di lì a pochi anni, alcuni di loro sarebbero stati coinvolti in un grave scandalo giudiziario che suscitò ampio clamore nell’opinione pubblica del tempo.
Nel 1940, in piena era fascista, l’Avvocato Giacomo Borracci, l’ingegnere Vincenzo Manzi ed il Dr. Giovanni Bonabitacola, furono seppur indirettamente interessati dal processo intentato contro Pasquale Pugliese, nipote di Ciro Formisano ad opera della famiglia del Barone Ricciardo Ricciardelli e, nello specifico, dalla di lui consorte Baronessa Letizia del Sordo.
Pasquale Pugliese, imputato nel processo oggetto della nostra disamina, figlio di Ferdinando ed Adelina Formisano, era venuto alla luce a Bari il 12 gennaio 19207
Il nonno Ciro aveva atteso con trepidazione l’arrivo di questo nipote ed in una lettera del 9 febbraio 1920 indirizzata alla figlia, (quasi certamente ancora ignaro della di lui nascita) vaticinò un luminoso futuro per il piccolo che, scrisse, si sarebbe dovuto chiamare Giuliano (ma non Kremmerz o Cromerio), Giuliano l’Apostata, quasi un vendicatore8 e sarebbe stato di cuore generosissimo, avendo intimo in sé il sentimento di giustizia. L’ermetista campano suggerì di sottoporre Pasquale9 ad una rigida educazione, necessaria a meglio sviluppare quelle innate e benefiche inclinazioni che egli aveva ritenuto di potere intravedere nell’animo di questo suo virgulto.
Fu così che, nel 1937,  Pasquale fu affidato dal padre Ferdinando alle cure del professor Vincenzo (alias Vinci) Verginelli10 che ebbe l’incarico di prepararlo a sostenere gli esami di ammissione alla maturità scientifica11.
Nel marzo di quell’anno il Barone Ricciardo Ricciardelli che si era appassionato all’ermetismo napoletano ed aveva frequentato Ciro Formisano per alcuni anni, si recò presso l’abitazione del suddetto Verginelli e prelevò con un pretesto il giovane Pasquale che condusse in un albergo della Capitale, per poterlo iniziare alle pratiche magiche.
Il Ricciardelli era convinto che nel corpo di esso Pugliese doveva essersi certamente incarnato lo spirito dello stesso Kremmerz, oppure il genio di Koboaks (della cui esistenza egli aveva appreso direttamente dall’esoterista di Portici)12 e forse anche quello di Giuliano l’Apostata13.  Fatto di un certo rilievo è che il Barone avesse sviluppato una sorta di ossessione per la figura di Koboaks, già prima dell’incontro con il giovane allievo  del prof. Verginelli.
Alla presenza della suddetta fantomatica entità, il Ricciardelli avrebbe infatti tentato una complessa operazione solare a seguito della quale si sarebbe manifestato l’intelligenza geniale di Oggys14.
L’eccentrico aristocratico a sua volta si presentò come la reincarnazione15 del  sacerdote egizio Morcorodaff il quale, 4000 anni prima, avrebbe depredato un favoloso tesoro custodito nel Tempio del Sole ed insidiato la figlia del proprio Faraone. Egli era stato, dunque, condannato a reincarnarsi in un plurimilionario che avrebbe dovuto sperperare tutte le proprie sostanze, al fine di porre rimedio al sacrilegio perpetrato16. Impossibile non scorgere la specularità fra tale convincimento e quello di Maria Camilla Calzone Mongenet, la quale sosteneva di essere la reincarnazione della regina Cristina di Svezia, della quale si convinse di dovere espiare le colpe terrene17.
Come se ciò non bastasse, il Ricciardelli si convinse che per riparare alla seduzione perpetrata nei confronti della figlia del monarca egizio, avrebbe dovuto costringere sua moglie Letizia a concedersi carnalmente al proprio autista Mazza Antonio, che divenne uno dei suoi consiglieri più fidati e che si finse appassionato cultore di ermetismo, per ricavare anch’egli il proprio personale tornaconto dalle stravaganze del proprio anfitrione18. Dal canto suo, pare che il Ricciardelli avesse coltivato alcune relazioni extraconiugali frequentando una certa Carciopolis, che divenne la sua amante19, una tal Iris20 ed infine Lucia Leonzio, detta Lucietta, una contadinella quindicenne nella quale il blasonato esoterista ritenne di riconoscere la propria compagna animica (la sua Ankh-es-en-amon?) 21.
Evidenti ed assai marcate sono le suggestioni del retroterra egizio-caldeo che il Ricciardelli estrapolò dal contesto prettamente simbolico-filosofico kremmerziano22, per assecondare la sua ideazione delirante, la medesima che lo spinse ad intaccare pesantemente il proprio patrimonio a favore del diciassettenne Pasquale, per  liberarsi delle proprie responsabilità karmiche ed entrare in possesso, tramite favolose vincite al gioco, di una fortuna ancor più grande di quella che egli stava, a cagione della propria alienazione psichica, depauperando23.
Nonostante la sua giovane età, il Pugliese non si fece incantare dalle stravaganze del Ricciarelli, ma ne approfittò per farsi consegnare da quest’ultimo circa un milione e mezzo di lire che dilapidò fingendo di assecondare solo i disegni del fato24.
Con il consenso del Barone il nipote del Kremmerz si recò a Venezia, città considerata dal blasonato gentiluomo particolarmente adatta a favorire il contatto con gli Eoni. Qui il Pugliese incontrò la ballerina tedesca Caterina Forster e ne fece la sua amante.
Fu durante il soggiorno nel capoluogo lagunare che Pasquale comunicò a don Ricciardo di essere realmente la incarnazione del genio di Koboaks, pregandolo di inviare dei quattrini a tale nome presso l’albergo Regina ove egli alloggiava, così da estinguere il debito che il sacerdote Morcorodaff aveva contratto nella sua passata esistenza25. In un secondo tempo il giovane truffatore rivelò al Barone di essere entrato in contatto con un tal Erwin Koboaks, persona fisica di nazionalità lettone, in nome e per conto del quale chiese ed ottenne dal Ricciardelli ulteriori emolumenti. Il tempo raffinò ulteriormente le arti da furfante del Pugliese il quale, munitosi di timbri e di carta intestata col nome di Koboaks, cominciò a comporre improbabili formule magiche, fingendo di cadere in trance in presenza del Barone, giungendo a fargli dono di un medaglione in oro sul quale aveva fatto incidere le iniziali del fantomatico esoterista lettone26.
Il lusso nel quale il Pugliese viveva attirò le attenzioni della polizia di Firenze che nel giugno del 1939 lo sottopose a fermo temporaneo, essendo stato trovato in possesso dell’ingente somma di 29.000 Lire. Il definitivo arresto del giovane sarebbe stato però eseguito nel dicembre dello stesso anno dalla polizia di Roma27. Il processo al nipote del Kremmerz ebbe luogo innanzi alla X Sezione del Tribunale di Roma, ed al suo Presidente Cav. Arturo Tocci, ai giudici a latere Umberto Guido ed Edmondo Siciliani, concludendosi l’uno aprile del 1941 con la condanna del suddetto imputato a tre anni e due mesi di reclusione ed al pagamento di un’ammenda di 10.000 lire, per il reato di circonvenzione d’incapace. Il Pugliese sarebbe però riuscito, in seguito, ad ottenere il condono di due anni di prigione e dell’intera multa, conservando verosimilmente parte consistente del danaro frodato che aveva occultato con la connivenza dei genitori 28
Il processo suscitò grande scalpore nell’opinione pubblica, atteso il vivo interesse che i fenomeni paranormali ed i loro cultori provocavano sulla società del tempo. Le udienze furono gremite di studenti universitari, curiosi di assistere ad una vicenda giudiziaria che sembrava spostare le lancette dell’orologio indietro di molti secoli, evocando le ombre del più celebre processo per magia intentato nell’antichità: quello nei confronti di Lucio Apuleio. 
Dalla requisitoria del Pubblico Ministero Francesco Polito de Rosa e dalle arringhe degli avvocati di parte civile Adelmo Nicolaj, Alessandro De Stefano e di Alfredo De Marsico, difensori dell’imputato, emerse un quadro inquietante che assolveva in buona parte la lucida follia del Ricciardelli e condannava non solo il Pugliese ma anche la cupidigia di quanti avevano ricavato ingenti guadagni, approfittando della labilità psichica di costui. Nel corso della propria requisitoria il Procuratore regio, De Rosa, puntò il dito in particolare contro l’Avvocato Giacomo Borracci29, contro l’ingegner Manzi e Vito Candela detto il ‘Maestro Mendicante’, uno squattrinato ferroviere barese in pensione30 il quale, falsamente professatosi convinto fautore dell’ermetismo, aveva finito per sottrarre al Barone un milione di Lire che sperperò con le donne ed al gioco31.
Dalle carte processuali emerse poi che il Ricciardelli era affetto da una grave forma di inibizione sessuale32 e che già nel 1924, si era rivolto al medico chirurgo Giovanni Bonabitacola, (Preside del Circolo Vergiliano dal 15 gennaio 1921)33, il quale tentò di sanare tale patologia ricorrendo alle arti magiche. Le applicazioni di terapeutica occulta non sortirono però gli effetti sperati34 e fu per tale ragione che l’infermo (convinto che il suo male fosse da attribuire ad uno stato avatarico) fu accompagnato da Bonabitacola, Borracci e Manzi a Beausoleil, presso il Kremmerz.
Quest’ultimo trattò la patologia del facoltoso aristocratico con rimedi omeopatici, ma il Ricciardelli si rivelò ben presto un soggetto psicolabile ed estremamente suggestionabile. E l’ingegner Manzi, (colui che più di altri avrebbe tratto profitto dall’insania di don Ricciardo) contribuì ad assecondare detta suggestionabilità attribuendo al Barone il titolo di maestro in ‘bottiglia’, ovvero di maestro menomato nei propri ricordi, asserendo che tale espressione fosse stata coniata direttamente dal Kremmerz35.
Non è dato sapere se gli interventi terapeutici operati a favore del Ricciardelli sortirono l’effetto sperato. Quel che è però certo è che la di lui instabilità mentale venne considerevolmente potenziata dal morboso interesse sviluppato per le pratiche occulte, dall’esercizio delle quali il Kremmerz tentò costantemente di tenerlo lontano36.
Il Formisano doveva del resto essersi reso conto di avere a che fare con un soggetto squilibrato. ma certo non poteva immaginare che, già dal 1922, il suo amico soffrisse di gravi disturbi psichici che, nel 1925, lo avrebbero condotto al ricovero presso la Casa di Salute Solarium37.
E fu così che il Barone si lasciò coinvolgere nella colossale truffa dell’Oleificio Tivoli.
Sempre più convinto di dover espiare i suoi atavici misfatti con la rovina finanziaria, Ricciardelli venne persuaso dal Manzi e dal Borracci ad investire le sue sostanze in un’azienda già fortemente in perdita: l’Oleificio Tivoli. Tali personaggi conclusero l’ affare a Beausoleil alla presenza del Kremmerz il quale, stando a recenti approfondimenti, avrebbe fornito precise indicazioni su come realizzare al meglio l’acquisto dello stabilimento, ammonendo i suoi discepoli che se non avessero rispettato rigidamente le istruzioni impartite, avrebbe preso severi provvedimenti nei loro riguardi38.
Al termine della riunione il Manzi aveva ottenuto l’incarico di Amministratore Delegato, assicurandosi emolumenti annui per oltre 80.000 Lire, mentre il Borracci, in qualità di avvocato invitato a seguire la faccenda dal punto di vista legale, pretese l’esorbitante onorario di 240.000 Lire39. Nell’affare venne infine coinvolto anche il ‘banchiere ermetico’ (come lo definì il Procuratore Polito De Rosa) Avv. Alessandro Cavalli, Presidente della Banca Romana Commerciale e segretario del Circolo Vergiliano40, il quale dovette presumibilmente occuparsi di concedere la liquidità necessaria per l’acquisto dell’Oleificio.
Tale operazione finanziaria ebbe tuttavia a trasformarsi in brevissimo tempo in un pozzo senza fondo che in 3 anni inghiottì circa 4.000.000 di Lire, ovvero l’intera eredità lasciata dal nonno Ottavio al nipote Ricciardo, che fu così trascinato sull’orlo della bancarotta.
Il Ricciardelli scrisse nel 1926 al Kremmerz per informarlo della condotta del Manzi, ma l’iniziato di Portici sottovalutò (o forse finse di farlo) la gravità della situazione41.
Ad ogni modo, nell’agosto del 1929, la truffa era definitivamente consumata ed il Ricciardelli si ritrovò unico titolare delle deprezzatissime azioni del famigerato Oleificio il quale, frattanto, aveva cambiato per ben 4 volte denominazione: S.A.O. T., S.A.O.L., successivamente Società Anonima Oleifici Tiburtini ed infine Società Anonima Oleifici Laziali 42. Dopo tale operazione finanziaria, il Manzi fuggì con 500.000 Lire frodate al Ricciardelli43 ed il Kremmerz in persona fu costretto ad intervenire, nel luglio di quell’anno, con un prestito di 20.000 Lire a favore del Ricciardelli, necessario a coprire una scadenza cambiaria che di lì a poco questi  avrebbe dovuto onorare44
Il Santadomenica ha per altro sostenuto che a seguito di tali eventi il Manzi venne allontanato dalla Fratellanza di Miriam45, mentre il Formisano intervenne per risolvere una controversia insorta fra il Barone e l’avvocato Giacomo Borracci il quale reclamava la liquidazione di una parcella per una pretesa assistenza legale45.     Quale punizione per non avere seguito le istruzioni date dal Kremmerz, il Borracci fu costretto a rinunciare al suo onorario, il quale sembra venisse devoluto nelle casse dell’Ordine Egizio47.
Da recenti approfondimenti è però emerso che il Maestro non prese alcun provvedimento disciplinare nei confronti di Vincenzo Manzi (il quale ancora oggi gode inspiegabilmente del rispetto e della considerazione di alcune tra le frange più “ortodosse” dell’ermetismo kremmerziano)48, che spese impunemente i danari carpiti al malcapitato Ricciardo, salvo poi diffondere la voce che poco prima di morire, il Kremmerz  gli avrebbe  telegrafato per averlo al proprio capezzale.
Attesa la condotta dell’ingegnere partenopeo nell’affaire Ricciardelli e la sua manifesta infedeltà nei confronti degli ideali perseguiti all’interno della SPHCI, ci sembrerebbe alquanto improbabile che un episodio del genere possa essersi mai verificato e che, anzi, sia stato raccontato dal Manzi unicamente per adombrare una sorta di investitura morale che il  maestro avrebbe voluto conferirgli in punto di morte49.  Ma lasciamo la parola allo stesso Manzi che nel 1945 avrebbe così descritto la morte della sua guida spirituale, in una lettera privata indirizzata al confratello Pietro Suglia: Il 5 maggio 1930, mi giunge un telegramma: Vieni subito perché malato. Il mattino del 7 maggio, eravamo soli nella sua stanza, i familiari erano a pranzo, intorno a noi regnava una pace e un silenzio come se fossimo isolati dal mondo. A un certo punto mi disse sorridendo e guardandomi con quegli occhioni pieni di bontà e fascino: Vinciè non ti muovere voglio riposarmi, sorrise e chiuse gli occhi e dormì. Né affanno, né un movimento turbò la sua immobilità. Dopo poco allentò la stretta della mano. Erano le 16 del 7 maggio 1930.… Accorsero i familiari, vennero parenti ed amici, e con le formalità umane calò il sipario sulla scena di un Grande.
A smentire l’ingegnere di Napoli che, per altro, sarebbe stato proprio nel 1945 colpito da gravi problemi di salute50, vi sarebbe la testimonianza diretta di Gaetanina, figlia del Kremmerz, raccolta dal prof. Alfonso Del Guercio (personaggio sul quale torneremo nel corso del prossimo capitolo) nel 1945. La donna raccontò di avere ricevuto una lettera del padre che ne richiedeva la presenza a Beausoleil per Pasqua che, nell’anno 1930, cadeva alla metà di aprile. La famiglia Formisano trascorse giorni sereni, ma quando Gaetanina decise di ripartire per Bari, Ciro cominciò ad accusare forti e persistenti dolori alla testa.
La sera del 6 maggio (giorno precedente al suo decesso)  egli convocò la figlia nel proprio studio e passandosi ripetutamente la mano dalla fronte al capo, le  impartì alcune disposizioni che avrebbe dovuto eseguire nel caso in cui si fosse verificato l’ineluttabile. Colta dal panico, Gaetanina non volle neanche ascoltare le parole del genitore. Il giorno seguente alle ore 11:00, il Kremmerz versava già in uno stato semicomatoso, ma internamente il suo pensiero era limpido dal momento che salutava con la mano i propri cari dalle coltri del suo letto. Tale dato è assai interessante poiché starebbe a significare che Ciro aveva, a cagione del proprio male, già perso l’uso della parola e che dunque all’ora di pranzo non avrebbe potuto in alcun modo parlare, neanche per brevi istanti, con il Manzi o con chicchessia51.  Fu  invero la famiglia e non altri, a raccogliersi intorno al mago campano che alle 16:20 del 7 maggio, si imbarcò per il suo viaggio verso i Campi Elisi.
Gaetanina riferisce che il suo corpo venne tenuto in casa per tre giorni, secondo l’usanza del tempo, ma nel suo racconto non nomina la presenza di alcuno nella casa di Beausoleil, all’infuori dei parenti più stretti. Mentre il corpo senza vita del padre  si trovava ancora nell’abitazione, la  giovane donna ritrovò in circostanze misteriose la chiave del cassetto della scrivania dello studio, all’interno del quale dovevano essere conservate quelle istruzioni che il Formisano le avrebbe dovuto consegnare la sera del 6 maggio. Ella dovette provvedere, dunque, per tempo ad eseguire le ultime volontà del de Cuius ed alla fine nulla fu trovato da quei discepoli che si erano precipitati a Beausoleil, nella speranza di spartirsi l’archivio del loro maestro e di trovare un mandato di successione alla guida della Miriam52.
Se ne deduce che il Kremmerz avesse già decretato l’inevitabile ‘eutanasia’ della propria Fratellanza, provvedendo per tempo affinché nessuno potesse accampare alcun diritto sulla propria ‘creatura iniziatica’. Tornando dopo tale non breve, ma necessaria digressione al caso Pugliese, risaliva presumibilmente alla fine degli anni ‘20 la frequentazione del Ricciardelli con il ferroviere barese Vito Candela.    I due condividevano la passione per il gioco e presero ben presto a scommettere forti somme di danaro alla roulette ed ai cavalli, somme che naturalmente furono sborsate interamente dal Ricciardelli, attesa l’indigenza nella quale versava il Candela. 
I due esoteristi giunsero al punto di servirsi di due ‘pupille’53, tal Citeri e Maria Mozzi, la quale già affetta da una grave forma di nefrite,  fu sottoposta insieme alla suddetta Citeri (secondo la testimonianza della Baronessa Del Sordo), ad un rigido regime di vita per affinare sempre più le capacità medianiche e di veggenza. In tal modo le due donne avrebbero potuto mettersi in contatto con la dimensione astrale per ricevere i numeri da giocare alla roulette od il nome del cavallo sul quale puntare alle corse54.
Le costanti privazioni finirono per aggravare le già critiche condizioni di salute della Mozzi ed inutili furono i tentativi del Ricciardelli e del Candela di sanarla attraverso la medicina ermetica55.
La fanciulla ben presto  morì ed il di lei padre, devastato dal dolore, denunciò il Candela e lo stesso Kremmerz, determinando l’apertura di un procedimento penale a loro carico presso il Tribunale di Chieti56, che attende ancora di essere indagato.

(Tratto dal volume “L’Arcano degli Arcani”, Ediz. Rebis, 2011, con il permesso dell’Editore)

1            Su tutto, cfr. l’introduzione di P. L. Pierini R. a G. KREMMERZ, Dialoghi, pp. 5-6 e 7 nota 3.

2            Cfr. G. M. G., Giuliano Kremmerz, cit.,  p. 93.

3                La vostra idea del circolo o dei circoli, o delle accademie come organizzate avanti, ha dato risultati molto relativi che è inutile analizzare. Alla maniera antichissima dei filosofi greci, ci vorrebbe il caposcuola a Roma, circondato da amici e in luogo comodo; o, peripateticamente, conversare delle nostre cose, senza pose magistrali e senza gesti autoritari; discorrere, ridere, sorridere, magari mangiando delle tagliatelle da Sora Felicetta. Ognuno dei discepoli intelligenti, dopo un periodo di pratica, partire in missione apostolica per qualche altro centro e fare lo stesso. Così si servirebbe Ermete in letizia. Per far questo, il caposcuola oggi dovrebbe avere quarant'anni di meno e nessuna necessità pecuniaria perché anche se egli fosse ricco, non dovrebbe accudire alle sue ricchezze. Perciò i filosofi furono poveri per desti­no della cosa da fare; si contentavano del pane e formaggio e di una botte vuota per ostello. Non so se mi spiego? La vostra idea è mia in un senso assai più radicale. Cfr. P. L. PIERINI  R., Alcune lettere di G. Kremmerz a un discepolo, cit., p. 19.

4            Cfr. Il Maestro Giuliano Kremmerz. L’uomo, la missione, l’opera, a cura di P. L. Pierini R., Viareggio 1985, p. 18. Vinci Verginelli riferì di un viaggio intrapreso nel febbraio 1930 a Beausoleil in compagnia dell’amico e confratello Gino Muciaccia. Recatosi a casa del Kremmerz il quale per altro mostrò di non gradire affatto l’improvvisata dei due giovani, il suddetto Verginelli raccontò di  avere visto alcuni personaggi in abito scuro e dallo spiccato accento straniero che si sarebbero allontanati poco dopo il loro arrivo dall’abitazione del Formisano, portando via delle pesanti valige, contenenti verosimilmente le carte riservate del mago campano. Cfr. ASCLEPIUS, Storia documentata della Fratellanza Terapeutico-Magica di Miriam, cit.Periodo 1914-1930. Per quanto suggestiva, tale testimonianza resta priva di ulteriori riscontri oggettivi e deve essere perciò confinata nell’ambito delle tante leggende fiorite all’indomani della scomparsa del Maestro.

5            Cfr. Il Maestro Giuliano Kremmerz, cit., p. 31.

6            Cfr. P. L. PIERINI R., Un carteggio inedito tra il Kremmerz e l’Editore Rocco, cit, p. 39.

7            Cfr. RDNA, p. 183 e p. 198, doc. 4.

8            Cfr. Giuliano Kremmerz. L’uomo, la missione – l’opera, cit., p. 27-28.

9            Ivi, p. 30.

10            Cfr. Il Processo del Mago, a cura di L. Crifò, Roma 1942, p. 6 (ristampa integrale, preceduta da un’ampia introduzione storica di G.M.Capiferro e C.Guzzo, Ed. Rebis, 2010).

11            Cfr. Sentenza del Tribunale Penale di Roma, nr. 1611 dello 01/04/1941, originale conservato presso l’Archivio di Stato di Roma (Sez. di Via Galla Placidia),  fol. 6. (d’ora in poi citata come TPR).

12            Cfr. Sentenza della IV Sezione della Corte d’Appello di Roma, nr. 696 del 28/02/1942, originale conservato presso l’Archivio di Stato di Roma (Sez. di Via Galla Placidia), fol. 6 (d’ora in poi citata come CAR).

13            Cfr. CAR, fol. 4.

14            Cfr. Il Processo del Mago, cit., p. 164.

15            A proposito del concetto della reincarnazione, interpretato in chiave critica, cfr. AMRAR, Riflessioni sulla reincarnazione, in: Elixir. Scritti della tradizione iniziatica e Arcana, 7 (2008), pp. 81-84. Per una interpretazione in chiave filosofico-scientifica della reincarnazione medesima, utilizzando quale punto di partenza il pensiero del Kremmerz, cfr. L. SQUARCIAPINUS DE M., L’Eterno Ritorno, in: Elixir, ut supra, pp. 88-90.

16            Cfr. Il Processo del Mago, cit., p. 108 e p. 131. Il mundus immaginalis nel quale il Ricciardelli sembra si fosse rifugiato, potrebbe essere stato altresì alimentato dalla notizia della sensazionale scoperta della tomba intatta del faraone Tutankhamon realizzata nel novembre 1922 dall’archeologo Howard Carter (per altro ricordata anche dallo stesso Kremmerz) che ispirò il celebre film La Mummia.  La pellicola uscì negli Stati Uniti nel 1932 per la regia di Karl Freund e fu interpretato da Boris Karloff e dall’attrice Zita Johann che a quanto sembra credeva fermamente nella reincarnazione. Nel 1921 a Tebe, tre archeologi scoprirono la mummia del sacerdote Im-Ho-Tep e uno di costoro attraverso la lettura di un incantesimo trascritto su papiro riportò in vita il millenario sacerdote. Questi fuggì ed assunse le sembianze del falso archeologo Ardath Bey, il quale tentò in tutti i modi di rapire la fidanzata di un archeologo, Helen Grosvenor, credendola perfetta per eseguire il rito di reincarnazione del suo perduto amore Ankh-es-en-amon. Ardath Bey riescì ad organizzare la cerimonia funebre, ma il rito di metempsicosi cosciente fu sventato dalla stessa Helen che implorò ed ottenne l’aiuto della dea Iside, mandando così in fumo le sinistre macchinazioni del sacerdote Im-Ho-Tep che fu ridotto in cenere. Cfr. F. Giovannini, Mostri. Protagonisti dell’immaginario del Novecento, da Frankenstein a Godzilla, da Dracula ai cyborg, Roma 1999, p. 116.

17            Un singolare vezzo di non pochi ermetisti kremmerziani è stato quello di tentare improbabili identificazioni reincarnazionistiche con illustri personaggi del passato, ai quali è stata ascritta sovente la responsabilità delle proprie tare interiori ed esteriori. Il rifiuto della realtà e della mediocrità della vita rappresenta la negazione della banalità. Il tentativo di affermare la propria unicità, determina la perdita della propria individualità. Nei comportamenti di taluni esoteristi si avverte allora la sindrome del Puer Aeternus, causata dalla necessità di sottrarsi al dolore procurato dal vivere quotidiano e dalle sue limitazioni strutturali, rifugiandosi in un mondo dove tutto è possibile. A tal proposito rinviamo all’interessante saggio di J. HILLMAN, Puer Aeternus, Milano 1999, la cui lettura resta illuminante per la comprensione di alcune dinamiche psicologiche. 

18            Cfr. TPR, fol. 3.

19            Cfr. Il Processo del Mago, cit., p. 107.

20            Ivi, p. 114.

21            Ivi, p. 162. A proposito della relazione con la giovane Lucietta, riteniamo interessante riportare uno stralcio della sentenza di Appello del processo Pugliese: Può essere ritenuto una persona normale il Ricciardelli quando, marito e padre di tre figli, ripudiava la moglie perchè, secondo i suoi calcoli astrologici, essa non era  la sua compagna magica e ritiene di aver trovato la sua compagna magica, sempre in base ai segni zodiacali, in una sua contadinella quindicenne, tale Lucietta, onde non si vergognò di dichiarare in pubblico dibattimento (f. 90) di essere vero che voleva divorziare per sposare la Lucietta(?) Cfr. CAR, fol. 8.

22            Cfr. G. F. MADDALENA CAPIFERRO, Il Ritorno di Mamo Rosar Amru, cit., pp. 50-57. Interessanti considerazioni, per quanto talora non completamente condivisibili, si ritrovano anche in E. ALBRILE, Pseudepigrapha hermetica, in: Elixir, ut supra, pp. 107-117.

23              Cfr. Il Processo del Mago, cit., p. 6.

24            Cfr. CAR, fol. 1.

25            Cfr. CAR,  Fol. 4

26            Cfr. TPR, fol. 27.

27            Cfr. CAR, fol. 1; Il Processo del Mago, cit.,  p. 139.

28            Ivi, p. 7-9.

29            Da recenti ricerche è emerso che l’Avvocato Borracci fosse, a detta dello stesso Kremmerz, l’unico ad avere sviluppato capacità terapeutiche pari alle proprie. Cfr. ASCLEPIUS,  Storia documentata, cit., Anni 1912-1913.

30            Cfr. Il Processo del Mago, cit., p. 84,

31            Cfr. CAR, fol. 7.

32            Dall’esame dei documenti  giudiziari emerge che il Ricciadelli soffriva di fimosi, patologia per la quale era stato sottoposto ad intervento chirurgico. Cfr. CAR, fol. 21.

33            Giovanni Bonabitacola, figlio di Vincenzo e di Grazia Piccirilli, nacque a San Severo (in provincia di Foggia) il 29 luglio1880 ed in gioventù si arruolò volontario, nella guerra del 15-18, col grado di Tenente. Abbandonata la città natale, si trasferì a Roma, nel 1924, domiciliandosi alla via Castelfidardo 34. Medico chirurgo assai benestante, il Bonabitacola fece parte della Massoneria e fu iscritto alla loggia romana denominata Pitagora. Di tale struttura latomistica si occupò favorevolmente il giornale Roma Fascista, nel numero del 22 settembre 1923, fra le cui pagine venne pubblicato il discorso di inaugurazione della suddetta ‘officina’, pronunciato proprio dal medico pugliese, decisamente favorevole al regime mussoliniano. Il sostegno ideologico ed intellettuale della Pitagora nei confronti del Fascismo determinò le sentite rimostranze degli ambienti ‘muratori’ tanto da causare, intorno al giugno/luglio di quell’anno, le dimissioni del Bonabitacola e, al principio del 1924, lo scioglimento stesso della loggia. La passione maturata per la terapeutica ermetica e la possibilità di integrarla con la propria esperienza di medico laureato, determinò il nostro personaggio a compiere frequenti viaggi in Francia, in particolare a Parigi, dove esisteva un centro di studi metapsichici, riconosciuto dal Governo, del quale era presidente il Dr. Rocco Santoliquido, personaggio al quale abbiamo già accennato nel paragrafo 4 del presente capitolo. Il Bonabitacola avrebbe ricoperto il ruolo di preside del Circolo Vergiliano affiliato per ben 24 anni, fino al 1945, quando morì a causa si un intervento chirurgico malriuscito. Cfr. RDNA,  pp. 37-41. Secondo una delle tante leggende circolanti nel milieu kremmerziano contemporaneo che riportiamo a titolo di mera curiosità folkloristica e per completezza espositiva, il Kremmerz avrebbe sconsigliato al Bonabitacola di sottoporsi ad interventi chirurgici di qualunque genere, poiché gli aveva predetto che la sua morte sarebbe avvenuta proprio a seguito di una operazione.

34            Cfr. Il Processo del Mago, cit., p. 68 e p. 122.

35            Cfr. G.M.G. (a cura di), Giuliano Kremmerz e la Fr+ Tr+ di Myriam, cit.,  p. 55.

36            Ivi, p. 75.

37            Cfr. TPR, fol. 20.

38            Cfr. P. L. PIERINI R., Il caso di Pandora ovvero realtà e retroscena del Processo del Mago, in: Elixir, cit., 9 (2010), p. 116.

39            Cfr. G.M.G. (a cura di), Giuliano Kremmerz, cit., pp. 72-73.

40            Ivi, p. 72. Oltre ad essere affiliato alla Miriam, Alessandro Cavalli intrecciò relazioni  iniziatiche con la Scuola Pitagorica di Armentano, fondò la Società Alchemica Italiana ed aderì al Rito di Mizraim e Memphis. Travolto dagli enormi debiti scaturiti del fallimento del suo Banco Romano di Commercio, si suicidò. Cfr. R. SESTITO, Il figlio del Sole. Vita e opere di Arturo Reghini Filosofo e matematico, 2003 s.l., pp. 195-196.

41            Cfr. G.M.G. (a cura di), Giuliano Kremmerz, cit., p. 82.

42            Cfr.  Il Processo del Mago, cit., p. 67.

43            G.M.G. (a cura di), Giuliano Kremmerz, cit., p. 77.

44            Ivi, p. 82. Non è però escluso che il prestito delle 20.000 lire fosse stato elargito dal Formisano, per evitare che anche la sua persona fosse coinvolta nella truffa che i suoi più fidati discepoli avevano consumato ai danni del Barone. Del resto l’accordo per l’acquisto dell’Oleificio era  stato siglato proprio a Beausoleil e l’iniziato campano si era fatto garante morale dello stesso, rischiando in tal modo di essere trascinato in una querelle giudiziaria che doveva in tutti i modi scongiurare, attese le pendenze che ancora doveva scontare nei confronti della giustizia italiana. 

45            Cfr. R. L. DI SANTADOMENICA (a cura di), Considerazioni biografiche su Kremmerz e la My.+,Roma 1988, p. 3. 

46            Cfr. G. M. G. (a cura di), Giuliano Kremmerz, cit., p. 83.

47                Cfr. P. L. PIERINI R, Il caso di Pandora ovvero realtà e retroscena del Processo del Mago, in: Elixir, cit., 9 (2010), p. 116.

48            A tal proposito citiamo un breve passo di un più corposo intervento a firma di Apleio, dedicato alla figura di Ricciardo Ricciardelli apparso originariamente in internet (Cfr. Marco Daffi - Giuliano Kremmerz e la Fr+ Tr+ di Myriam a cura di G.M.G., in: http://www.lacittadella-web.com) e recentemente pubblicato a stampa: nonostante quanto adombrato, e ritenuto assodato per alcuni, né il Manzi, né altri briganti della cricca “gallo-pugliese”, subirono mai alcun provvedimento disciplinare, né sospensione, da parte del troppo buono e indulgente Kremmerz, come invece sarebbe stato immaginabile e fors’anche auspicabile, dinnanzi a conclamati reati di tal portata. Cfr. SYRAS, K. HADER, Una interessante discussione su Marco Daffi, Kremmerz e la Fratellanza di Miriam, in: Elixir, cit., 9 (2010), pp. 125-134.    

49            Cfr. ASCLEPIUS, cit., La scomparsa del Maestro. Tempo di Decisioni.

50                Tale testimonianza deriva dalla penna del Barone Ricciardelli, il quale ebbe così a scrivere a proposito del Manzi: L’ingegner Manzi nel 1945 a Milano fu colpito da grave male ledente la semantica. Tornò a Napoli, nel 1947, dove morì nel 1954. Cfr. Don Ricciardo Ricciardelli, Memoria per l’Accademia kremmerziana di Bari sulle origini e i primi passi della Fratellanza T+m+ di Miriam. Discorso pronunciato nella sede dell’Accademia barese nell’anno 1950, dattiloscritto attualmente in corso di stampa per le Edizioni Rebis. Ringraziamo l’Editore Pierini per averci gentilmente messo a disposizione in anteprima tale scritto.

51                Quasi certamente il Kremmerz fu colpito da ictus emorragico in un soggetto presumibilmente iperteso. La cefalea lamentata inizialmente si complicò, verosimilmente, con deficit neurologici dimostranti l’interessamento dell’emisfero sinistro, quali l’afasia prevalentemente motoria ed un progressivo venir meno dello stato di coscienza che lo portò al coma.

52            Su tutto, cfr. ANONIMO, Il Mito di Kremmerz, cit., pp. 45-46.

53            ‘Pupilla’ è un termine coniato da Cagliostro, equivalente più o meno a "sensitiva", particolarmente adatta a pratiche magnetico-veggenziali o divinatorie.

54            Su tutto, cfr. Il Processo del Mago, cit.,  p. 113.

55            Ivi, p. 81.

            Ivi, p. 83.

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