L'incontro con la Pianta Maestra - Dal Diario di un Ayahuasquero, 

di AŽI

Dietro il mantello dell’Eremita,

la sovra-razionalità del Caos

 

 

 

         Dalla più remota antichità, le maggiori civiltà di oriente e d’occidente hanno sempre attinto a una conoscenza nascosta ricorrendo a speciali piante enteogeniche e vegetali psicoattivi, nella maggior parte dei casi all’interno di contesti sacrali. Nell’articolo che segue proponiamo un primo contributo introduttivo all’uso rituale della “bevanda degli dèi” (in questo contesto specificamente abbinata alle pratiche del “Santo Daime”), elemento fondante della antichissima tradizione sciamanica ancora oggi praticata e diffusa in vari paesi del Sud America, da secoli conosciuta con il nome di Ayahuasca.

 

 

L’espressione “Ordo ad Chaos”[1] sembrerebbe implicare l’applicazione di categorie e di distinguo razionali ad una materia definita, aprioristicamente, come informe e caotica. È doveroso, però, ricordare che un qualsivoglia principio classificatore, volto a rinvenire regole e regolarità, è sempre e comunque preconcetto rispetto all’ente a cui è applicato. Tale è il modo di procedere della scienza sperimentale con i suoi successi e i suoi confini.

La sovra-razionalità dell’anima, invece, presta semplicemente la propria voce al Caos affinché quest’ultimo parli di sé, della propria essenza, senza mediazione alcuna: “caos” anagrammato diventa “cosa”, la res dei latini, la sostanza.

È un procedere, quello dell’anima, in unità e continuità vibrazionale con la Natura Pantea, nell’accadere quotidiano di entrambe alla realtà sensibile e sovrasensibile.

 

… Il Rituale del Santo Daime

 

Il rituale del Santo Daime è vissuto dai partecipanti come una festa. Sebbene le regole cerimoniali siano precise e puntuali, il clima dall’inizio alla fine è quello di un momento di grande apertura e gioia. Ritualmente si “brinda” con l’ayahuasca 3 volte con un intervallo di circa due ore.

Per tutto il tempo, che va dal primo bicchiere fino all’alba, si cantano canzoni, per lo più in lingua portoghese, scritte e musicate da alcuni daimisti che affermano di averle ricevute – come per gli icaros in lingua quechua – in stato alterato di coscienza. Le tematiche sono sempre connesse alla Foresta, a Dio nella sua duplice veste di padre e madre, alla luce interiore, all’amore panteo, alla guarigione dalle illusioni e al recupero della gioia di vivere. Tutto ciò – e altro – è definito conoscenza. Si ha inoltre la presenza, tipica nella cultura brasiliana e non solo, di sincretismi che vedono compresenti accanto a San Giovanni Battista, alla Vergine e a Gesù Cristo, divinità afro-brasiliane come Yemanja, Oxossi, Oxun, etc.

Lo scopo del canto è duplice. Da un lato è una forma di preghiera cantata che, in luogo dei ritmi tribali tipici, ad esempio, della Santeria, usa quelli più moderni della musica strumentale, del violoncello e della chitarra. Il motivo, però, più importante è quello di costringere i partecipanti ad una presenza a se stessi per tutta la durata del rito. In questo modo, il daimista rimane concentrato come vero e proprio spettatore di tutti i propri processi mentali, sia di quelli consci legati al canto e alla lettura, sia di quelli inconsci che lentamente affiorano. In altri termini, è come se, all’improvviso, piuttosto che essere consapevoli soltanto di un pensiero, lo si diventa dei milioni che sfuggono alla nostra coscienza ma che inesorabilmente si agitano dentro di noi. Si tratta, in ultima analisi, di una forma di disciplina che impedisce di scivolare in un’esperienza semplicemente ludica, conducendo al matrimonio tra la coscienza solare e l’inconscio lunare. Deve essere sfatata, infatti, l’opinione corrente che vorrebbe ridurre questo tipo di esperienza ad una sorta di alienazione della consapevolezza che, al contrario, non viene mai meno.

Dopo il canto si passa al momento della meditazione che coincide con l’ultima fase del plateau e la prima fase discendente. Si tratta, fuori da qualsiasi tecnicismo, del momento che gli sciamani definiscono come il più prezioso, poiché è possibile in quegli istanti sciogliere le proprie problematiche e portare allo stato “ordinario” quegli insegnamenti che la Maestra ha elargito. Si continua riprendendo a cantare fino all’alba.

Descriverò, adesso, brevemente le mie prime due esperienze con i daimisti. Preciso da subito che la mente razionale si ostina a ricondurre ogni esperienza ai propri schemi. Questi però appartengono all’uomo vecchio, così talvolta gli insegnamenti più preziosi diventano comprensibili soltanto nel tempo, quando la sospensione del giudizio avviene fisiologicamente.

 

Prima notte

 

La prima sessione fu assai serena. Dopo avere bevuto alcuni avevano senso di nausea, uno dei partecipanti aveva anche vomitato, io invece mi sentivo piuttosto bene. All’inizio ero anche un po’ deluso. Mi aspettavo di vedere geni, angeli, spiriti di ogni sorta istruirmi sul senso riposto della vita: nulla! Ero, apparentemente, sobrio. Al momento della meditazione, si presentarono un insieme di immagini molto buffe… prive di valore… o forse indecifrabili… Si trattava di cartoni animati, di piccole faccine disegnate su delle pietre e riposte in un cassetto… Immaginate la delusione: le acque corrosive avevano mandato in onda un film di animazione!

Poi, in modo inaspettato, tutto acquisì un senso, tutto divenne chiaro: ero finalmente sbronzo! Dissi tra me e me: “La mia vita è un cartone”. Questa considerazione, inizialmente priva di senso, mi fu presto chiara: una gigantesca parte dei miei condizionamenti erano dettati da simil nature alle quali mi ero attaccato come un bambino che non lascerebbe mai o non darebbe mai via un giocattolo con il quale comunque non gioca più da tempo… buona parte di ciò che pensavo di me stesso erano solo mie proiezioni, mie invenzioni… nate forse per gioco, forse per assecondare mie aspettative o paure infantili, esse non mi avevano abbandonato e io non avevo abbandonato loro. Vedevo i condizionamenti che io stesso avevo contribuito a cristallizzare diventare più forti di me: eccole le faccine di pietra riposte nel mio cassetto! Al tempo stesso mi si palesava la possibilità di essere altro. C’è di più: non soltanto avevo compreso e non solo appreso dei miei condizionamenti, ma, cosa più importante, li vedevo…. Sentivo di potermene distaccare perché per la prima volta non li percepivo attaccati come una seconda pelle, ma solo come un largo impermeabile ormai desueto…. Pregai il coelum di liberamene… Una cosa davvero interessante è il fatto che quando nei giorni successivi ho fatto le mie lavande serali o lo stesso rito lunare avevo una nozione un po’ più chiara di cosa e quali fossero le lordure di cui mi dovevo liberare: chiedere la purificazione del proprio lunare quando si vede ciò che occorre eliminare, non dall’interno della cornice, ma dalla prospettiva di uno spettatore, è cosa ben diversa!

L’immagine che successivamente si presentò è stata quella di un serpente verde attorcigliato su un ramo con la testa a penzoloni verso il terreno. Non faceva alcun movimento, ma mi trasmetteva la sensazione dell’atavico, di quella parte del cervello che condividiamo con i rettili, per l’appunto, e che in quel momento si rivelava in tutta la sua semplicità. Non mi riferisco alla sua istintualità, quanto al fatto che si presentava libera da sovrastrutture, stratificazioni e condizionamenti propri, al contrario, dell’essere umano che vive i rimorsi quando si ancora al passato e le frustrazioni quando coltiva aspettative illusorie su un futuro evanescente e non certo progettuale. Il mix tra i due momenti certamente fu illuminante... Inizialmente avevo definito quell’esperienza come acqua fresca… Il motivo è dato dal fatto che in quel momento tentavo di controllare le mie sensazioni facendo si che in certi momenti si “interrompessero”, non fluissero. Eppure, soprattutto nei giorni successivi, mi sono reso conto che non era stato come leggere di queste cose su un libro: avevo imparato a distinguere e riconoscere aspetti della mia personalità che io stesso avevo costruito; in altre parole, più che un sapere intellettuale era un saper fare quello che stavo maturando. In particolare mi sono reso conto del misticismo ancora radicato in me. Confesso che la mia speranza era quella di avere un contatto con geni o angeli, ma mascheravo questa forma di misticismo (fanciullesco, peraltro, perché avevo la curiosità di sapere come fossero fatte quelle figure di cui lo stesso Kremmerz parla)[2] pensando che tali esseri mi si sarebbero manifestati attraverso cifre, simboli, segni… etc. Anche quello era parte, forse, di una specie di aspettativa e di illusione da bambino che ancora non era andata via del tutto, nonostante ne fossi convinto. Solo successivamente avrei appreso la relatività di tutte quelle cose che allora mi sembravano aspetti importanti della ricerca interiore[3]. In qualche modo ho cominciato a distinguere ciò che oggettivamente mi si presentava, da ciò che era certamente soggettivo. Uno dei doni più preziosi che ricevetti fu l’esatta percezione, come emozione, vissuto e stato d’essere dell’onestà con se stessi, della capacità del sottile discernimento che separa gli aspetti della propria personalità da quelli più genuini della propria natura.

Mi capitò persino di utilizzare le sensazioni che avevo sperimentato durante la sessione per meglio affrontare la vita di tutti i giorni. In particolar modo, in occasione di un concorso mi si è presentata la possibilità di sperimentare lo stato d’essere trasmessomi dal serpente. Durante gli esami, di norma, ero sempre stato nervoso… pensavo sempre a quanto avrei potuto fare e non avevo fatto, alle improbabili domande che avrebbero potuto rivolgermi, a come giustificare (sic!) un eventuale fallimento: al modo migliore di rendere più accettabile una sconfitta! Tutte queste abitudini, radicate nel tempo, non le ho vissute durante quei due giorni di esame. Ho semplicemente visualizzato l’immagine del serpente ritrovando la calma di chi vive nel presente, senza i rimorsi di ciò avrebbe potuto fare e non ha fatto e senza quelle ansiose e farneticanti aspettative di chi vorrebbe anticipare il futuro rimanendo soltanto vittima delle proprie insicurezze. Ripeto: provavo la serenità di chi dice questo è ciò che in questo momento posseggo e su questo costruisco. Mi creda il lettore quando dico che fa male accorgersi di quanto certi atteggiamenti che la società ormai viziata considera comprensibili e, quindi, normali siano presenti dentro di sé; dall’altro lato è liberatorio e soprattutto fecondo separarsene.

Anche in altre occasioni ho fatto ricorso a questa immagine che mi ha aiutato e mi aiuta ancora a liberare la mente da quel chiacchierio interiore frutto di ansie e motivo di continua perdita di energie. Per fare un rito o una meditazione occorre concentrazione e spesso ciò richiede tempo: immaginate, invece, di avere dentro quello stato d’essere e semplicemente richiamarlo, quasi fosse un atto della memoria, in maniera immediata: quella del serpente per me è, al pari di altre immagini ottenute alla stessa maniera, una specie di catalizzatore…. Mi fermo perché già sto eccedendo nelle elucubrazioni…

 

Seconda notte

 

Per la sessione successiva mi ero preparato per tutta la settimana pregando il coelum di aiutarmi nell’ascenso. Non so cosa mi aspettassi esattamente, ma di sicuro non mi aspettavo più di intrattenermi in discorsi con angeli o geni, speravo solo che la mia conoscenza aumentasse.

Le prime immagini che vidi furono molto diverse da quelle viste in precedenza…. Vidi figure umane dalla testa di lupo e dalla testa di cinghiale su uno sfondo rosso. Non si trattava di figure minacciose, anzi sembravano amiche… Inizialmente non avevo dato loro importanza e non nascondo che avevo persino cercato di distrarmi. Soltanto in seguito ne ho realizzato il pieno valore e ancor più ho compreso il senso di quel tentativo di liberarmene. Da un lato, infatti, stavano emergendo i miei animali, o, meglio, la mia natura animale nella sua varietà e complessità; dall’altro, stavo, a mia insaputa, affrontando il mio più grande demone, la mia più grossa simil natura: la sovrastruttura della cultura esoterica ed iniziatica che pretende, spesso, di stabilire fini e mezzi da conseguire senza averli mai né visti né vissuti!

Quelle belle emozioni lasciarono presto il posto ad una sensazione di rifiuto e di rigetto per quello che stavo facendo e per le persone con cui mi trovavo: mi ero accorto di non riuscire più a coordinare i movimenti che consistevano nel battere il tempo con un piccolo sonaglio. Mi sentivo arrabbiato perché non riuscivo a mantenere il controllo del mio corpo. Inoltre avevo avuto un forte stimolo di vomito, ma mi ero trattenuto dal farlo per non dare cenni di cedimento…. Il culmine di questa sensazione di disagio la provai quando una ragazza lì presente mi chiese di smettere di usare il sonaglio perché mandavo fuori tempo gli altri… Lei mi guardava ed io mi sentivo giudicato… tra me e me cominciai a pensare di essere giudicato dai presenti: chissà, forse mi giudicano come un povero drogato!… L’assurdità di quel pensiero, che in quel contesto non poteva certo avere alcun fondamento (sarebbe stato ancor peggio dell’eventualità in cui il bue avesse detto cornuto all’asino), mi scosse: eccole le sovrastrutture della società che emergevano nonostante le avessi ritenute “neutralizzate”. In altri termini, il fatto che stessi facendo quel tipo di esperienza non significava per nulla essermi già liberato dai condizionamenti sociali. Ne sperimentai tutto il loro pesante e profondo radicamento. Poi, mi fermai e mi sedetti, accettando il fatto che, per una volta, la perdita del controllo del mio corpo e in generale il fatto che non tutto potesse obbedire all’immagine e al quadro che di quel tipo di esperienza avevo dipinto, fosse giusto oltre che accettabile! Seduto ad occhi chiusi mi venne in mente il ricordo di quando andavo in IV elementare… il voto più alto che la maestra dava era “lodevole”, cioè 10 … quell’anno io detenevo il primato di “32 lodevoli”… In V elementare mi capitò una volta di prendere “ottimo”, cioè 9… Quando mia madre lo seppe, con affetto e un po’ di ironia mi disse: “Ma come?! vai indietro anziché andare avanti?!”. Scherzava, eppure mi sentii mortificato: ero mortificato per avere preso 9 anziché 10… chissà quante altre volte nel corso della mia vita avevo riproposto lo stesso schema vittima di “ansie da prestazione”! In quel momento cominciarono a presentarsi alla mia mente il ricordo di centinaia di esempi: mi accorsi che avevo costruito un “cartone animato” il cui supereroe aveva un target elevatissimo… Conscio dei miei limiti, però, il più delle volte, piuttosto che utilizzare tale target da sprone, tutto ciò mi aveva portato ad evitare certi confronti: eccola la fonte della mia timidezza nei rapporti interpersonali! Capace di affrontare discorsi di metafisica di fronte a mille persone… taciturno ad una cena informale. Nei mesi successivi questo importante insegnamento della Maestra ha contribuito a farmi comprendere altri aspetti della mia personalità che ancora non credo di avere del tutto esaurito. Gli insegnamenti della Maestra sono come onde: ritmicamente ritornano ad arricchire ciò che già è stato manifestato.

Ad un tratto, questi pensieri sparirono… ad occhi aperti vedevo una luce azzurra attorno a me, poi ho chiuso gli occhi e ho visto una luce sfolgorante ed accecante, un vero e proprio sole al cui interno era distinguibile, seppur con difficoltà, una sagoma longilinea umana (credo), luce nella luce. Un senso di benessere e di forza mi pervase, assieme alla sensazione di una sorta di effervescenza e di vertigine che mi spingeva verso l’alto: vidi il cielo limpido, tutto l’ambiente circostante al locale dove stavamo svolgendo il rituale, vidi uno dei partecipanti all’esterno che si stava dirigendo alla porta e lo vidi entrare… tutto ciò senza mai aprire gli occhi, senza la presenza di finestre e senza la possibilità di sentirne i passi visto che dentro si cantava a squarciagola… Aprii gli occhi solo per controllare se ciò che avevo visto era realtà e intravidi quel ragazzo, ad occhi aperti, mentre richiudeva alle sue spalle la porta: avevo fatto esperienza del volo aereo?

Dopo un po’, tornai a cantare con gli altri.

I giorni successivi mi sentivo meno allegro rispetto alla prima sessione: avevo scoperto aspetti della mia persona che non mi piacevano affatto, anzi mi facevano stare male. A distanza di una settimana, però, tutto era stato metabolizzato… mi sentivo liberato da un grosso peso che mi portavo da anni… inoltre era tale la sensazione di benessere che non avevo dato alcuna importanza né alla veduta aerea (in questo caso oggettiva) né al sole e alla figura al suo interno.

Qualche mese dopo, meditando, ho provato ad ottenere di nuovo quel fenomeno del sole di mezzanotte: ci sono riuscito al secondo tentativo e da allora si presenta con maggiore facilità. Ho acquisito un saper fare; inoltre, ogni volta sento in modo chiaro e distinto non solo la luce di quel sole e i rumori circostanti, ma anche l’odore dell’incenso e il retrogusto dell’ayahuasca. L’immagine avuta durante la sessione mi dava (e mi da ancora oggi se la rievoco) sensazioni di serenità e di forza, senso di sicurezza, e soprattutto la sensazione fisica di un forte e dolce calore al viso. Forse, la figura di luce nella luce di quel sole poteva essere un genio… poco importa che sia stato “attirato” oppure sia stato da me “generato” (genius da genus)… Ho riflettuto sul fatto che tradizionalmente si dice che i geni solari trasmutano l’argento in oro… e pertanto la terapeutica ad essi connessa non si limita al campo della semplice cura delle malattie fisiche, ma agisce attraverso il riequilibrio e l’armonizzazione dell’argento… della luna… conducendo verso il principio di Luce dell’uomo: un riequilibrio tendente alla Luce. In qualche modo, sentivo che tutti gli aspetti della mia vita potevano essere riletti in questa maniera.

Lentamente anche le sovrastrutture della cultura esoterica ed iniziatica hanno ceduto. Non cerco più il momento di grazia durante riti, meditazioni o preghiere per “separarmi” dalla corrente volgare. Cerco quel momento come mezzo per riconoscere ed esplorare stati d’essere la cui ricchezza poter poi fare irrompere in ogni dimensione della mia vita, sia essa lavorativa, affettiva, interpersonale, condividendola liberamente con chiunque. Niente più solitari laboratori-oratori né gabinetti di riflessione… Inoltre, avere affrontato la paura di perdere il controllo, della vertigine e della perdita dei fragili e stereotipati punti di riferimento, ha fatto sorgere in me la consapevolezza di quanto sia superiore la vigilanza al controllo

Tutta questa seconda esperienza ha significato una maggiore sicurezza, serenità, ma anche l’esigenza di metabolizzare e di riequilibrare forze represse per evitare che “esplodano”.

In conclusione: adesso mi sento bene!

 

…schegge iniziatiche...

 

Durante una sessione, mi capitò di fare un’esperienza di auto-esplorazione del mio corpo davvero strana, ma dai risvolti interessanti. L’ayahuasca ha un gusto veramente amaro e il suo sapore è già sufficiente per cagionare conati di vomito. Rapito da chissà quale ispirazione, dopo avere bevuto mi sono seduto e ho cominciato ad osservare la maestra nel suo percorso dalla bocca fino all’esofago e allo stomaco. Mi sono chiesto perché il mio corpo mi spingeva al rigurgito e la risposta non tardò ad arrivare sotto forma di intuizione: il mio fisico voleva difendermi da una sostanza amara che il mio corpo/psiche poteva non essere in grado di tollerare, di digerire. Si trattava, in altri termini, di uno dei tanti meccanismi di autodifesa della mia mente perfettamente sintonizzata con il mio corpo. È facile parlare di malattie psicosomatiche o di somatizzazioni, ma vederle, prenderne coscienza e persino utilizzarle è tutt’altra faccenda. Cominciai un dialogo intenso con il mio apparato digerente, chiesi al mio stomaco di digerire l’ayahuasca, di permetterne il passaggio perché nel mio intimo l’avevo accettata come sostanza per nulla nociva… Cosa meravigliosa, il mio stomaco ubbidì o, per meglio dire, in una perfetta sintonia mente-corpo quest’ultimo divenne il riflesso della prima… Vidi il mio stomaco aprirsi e l’ayahuasca transitare nell’intestino, portando via il senso di nausea… Poco dopo emisi gas: l’avevo digerita, assimilata… Ciò che avevo compreso intimamente era come affrontare tutte quelle esperienze che non digeriamo e che ci portano a vomitare costantemente invettive, giustificazioni, parole dure o di sconforto…

Se tutto ciò si fosse limitato a quel momento non avrei dato importanza alcuna alla cosa… Il motivo è che la vita di tutti i giorni non si svolge in stati alterati…

Tre mesi dopo, invece, mi sono trovato nelle condizioni di sperimentarne il valore. Era una mattina d’estate e avevo appena avuto una notizia che aveva fatto crescere in me rabbia, nervosismo, tensione. Non facevo altro che vomitare parole rabbiose, di dissenso, di palese contrarietà. Non appena la mia mente andava a certi fatti, sbottavo senza riuscire a digerire quanto avevo appreso… Ad un tratto ho cominciato a sentire il retrogusto della maestra, in fondo al palato, e al contempo l’odore di erbe aromatiche bruciate durante la sessione… Era un vero e proprio ricordo sensoriale! Cominciai, in stato di veglia, a dialogare con il mio palato, con il mio stomaco, dicendo loro che l’amarezza di quanto avevo appreso non era nociva, ma solo amara… Chiesi al mio stomaco di digerire l’esperienza e, non appena sentii lo stomaco aprirsi e tutto transitare nell’intestino, ciò che dovevo conservare lo assorbii, ma cosa ancor più curiosa emisi aria… In quello stesso istante la mia mente aveva espulso ogni dolore e forma di rabbia: quella notizia mi era divenuta indifferente…

Sento già le risa di chi, schernendo certe esperienze senza averle provate, è pronto ad affermare: “Guarda un po’ questo guitto a cosa riduce la via iniziatica”. Mi unisco anche io al riso… mi chiedo soltanto se tra costoro ci sia anche qualcuno che utilizzi cifre e carmi per ottenere la serenità dell’anima e dello spirito. Costoro dimenticano che un genio è un ente generato e riposa innanzitutto nell’intimo di ogni uomo. Non ho chiesto ad un angelo di parlare con la mia mente: ho imparato che il mio corpo può farlo in modo più veloce e naturale. Quando ci si rivolge ad un ente esterno si cerca solo di entrare in sintonia con un’immagine (archetipica, direbbe qualcuno) nella quale immedesimarsi… Io mi sono limitato a ricorrere all’archetipicità del mio corpo…

Il linguaggio corporeo è assai simile a quello dell’immaginazione. In altri termini potremmo dire che il potere immaginativo-lunare diventa efficace nel solo caso in cui il nostro corpo riconosce come vera l’immagine evocata, nel senso che il corpo appartiene ad una sfera della nostra dimensione umana totalmente precategoriale e pertanto capace di sfuggire ad una ragione castrante che distinguerebbe sempre tra verità e fantasia. Nell’istante in cui, poi, il dialogo mente-corpo non incontra più alcuna dialettica, allora parlare diventa creare, cioè si ha una sintonia tra la nostra natura interiore, il nostro corpo emozionale, il pensiero che formula una frase o pronuncia solo una parola e il nostro stesso corpo. Chi udisse la parola “cane” da un uomo che avesse realizzato ciò, sentirebbe la creazione di una vibrazione che lo porterebbe forse ad abbaiare (qui vult capere…). Desidero concludere con due citazioni tratte da Cyrano de Bergerac, relative ai differenti linguaggi dei seleniani e dei solari. Senza commentarli, vorrei sottolineare che laddove si parla di linguaggio musicale, ciò è da intendere come un codice che parla al livello dell’immaginazione che non è soltanto visiva ma anche uditiva e cinestesica.

I

Dovete sapere che in quel Paese si usano due lingue, […].

Quella dei grandi non è altro che una differenza di toni non articolati, simile alla nostra musica, […]; di modo che possano incontrarsi a volte più di quindici o venti persone per discutere su un argomento di teologia, o sulle difficoltà di un processo, e lo fanno con il più armonioso concerto che sappia allietare l’orecchio.

La seconda, in uso presso il popolo, si parla con il movimento delle membra, ma non come forse uno se l’immagina, perché certe parti del corpo significano un discorso intero[4].

II

Colui che trova questa unità di lettere, parole e così di seguito non può mai, esprimendosi, divergere dal proprio pensiero: egli parla sempre come pensa; […]. Perché questo idioma è l’istinto o la voce della natura; […]. Quando io parlo la vostra anima incontra, in ciascuna delle mie parole, quel vero che cerca a tentoni; e sebbene la ragione non intenda essa ha invece natura tale che non potrebbe mancare d’intendere[5].

(Tratto da ELIXIR 9, con il permesso delle Edizioni Rebis)

 

[1] Da non confondere con l’Ordo ab Chao.

[2] Non voglio dire che ciò non sia possibile… ma certamente aspettative ed immagini preconcette interferiscono nei processi piuttosto che facilitarli.

[3] In verità, mi è capitato in alcune circostanze di vedere cifre policrome assai complesse. Devo però dire che, in un caso, la dimensione più intima di me stesso mi ha chiesto: Vuoi le cifre che ti aiuteranno a giungere fino a me o vuoi giungere fino a me? In realtà, in quel momento stesso, avevo lambito la mia anima.

[4] Hector-Savinien Cyrano de Bergerac, L’Altro Mondo ovvero gli Stati e imperi della Luna, Theoria, Roma, 1982, pp. 58-59.

[5] Hector-Savinien Cyrano de Bergerac, Les États et empires du Soleil, Parigi, 1662.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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