Un commento di Kremmerz all'opera L'ERREUR SPIRITE di Guénon

a cura di Orpheus

 

Leggo L’Erreur spirite di René Guénon (1), autore di un altro volume, Le Théosophisme, apparso qualche anno fa. Un libro che esce dall’ordinario questo qua. Non so dell’autore nessuna notizia: Le Théosophisme mi dette l’impressione di una polemica culturale, come se un allievo della Compagnia religiosa tale volesse riveder le bucce ad una congrega pseudo religiosa, come il sottotitolo chiama la fondazione del Colonnello Olcott e della Signora Blavatsky, in molti punti, con veste più dignitosa, un po’ troppo saporito. Ma L’Erreur spirite, testé uscito, ha un altro valore. Bisogna leggerlo perché è un avversario di misura rispettabile, perché senza confessare ancora dove miri, fa un po’ l’Attila re degli Unni per dare addosso prima allo spiritismo e poi all’occultismo e alla metapsichica; s’intende spiritismo francese, occultismo francese, metapsichismo francese, con qualche notizia dell’Inghilterra: il resto del mondo non conta; in Italia si coltivano le sole carote che ci vengono seminate dai libri francesi; già ho fatto capire più sopra che quando scrissi l’Avviamento alla scienza dei magi, se non avessi mostrato la più tranquilla tolleranza per tutto il diluvio dei libri di spiritualismo che Parigi ci faceva digerire, non avrei trovato neanche un lettore che mi avesse studiato. La libreria francese contiene ora una completa collezione di autori che hanno pubblicato volumi su tutti gli arcani. E che di più dovrebbero far testo nelle interpretazioni e nella veste romantica con la quale sono presentati. Dopo Éliphas Lévi, si parla ora della Haute Magie, come se questa avesse dei cultori insigni a Parigi da esibire al mondo, per modelli del genere. Tanto carina una inchiesta sulla Haute Magie au 1923 pubblicata ultimamente dalla Revue Mondiale. Giacché io scrivo queste note ridendo, per non appesantire il lugubre argomento della morte, devo confessare che questa Haute etc. mi ha messo di ottimo umore, e, senza essere uno psicometro, mi è parso di vedere, di là del paravento, ridere anche il mio amico ebraizzato Éliphas, serio serio, con un moccichino che soffiando il naso, nascondeva la bocca ridente.

 

Ma ritorniamo a L’Erreur. Il Guénon, siccome io non sto all’altezza di comprendere bene tutto quello che i filosofi dicono, mi pare che qui e là si duole che la metafisica pura può farlo difficilmente capire; qui e là fa intendere che la magia la conosce come io la mia saccoccia, ed infatti spesso colpisce giusto e annota, en passant, che in oriente certe cose si fanno coi piedi: ciò che farebbe supporre che ha sorpassato il Tibet ed ha raggiunto il culmine dell’Everest; l’Occidente, con le sue macchine, i suoi oli lubrificanti, gli enormi impianti idroelettrici, non vale tre baiocchi di Pio IX. Ma come è pensato e scritto il libro, merita di esser letto. Dimostra che gli spiriti dei morti, filosoficamente, non possano affatto comunicare coi vivi, perché, per un milione di perché, la disgregazione del morto è affare assodato. Non esistendo il perispirito e tanto meno il suo sinonimo il corpo astrale degli occultisti, un granello va al nord, cinque vanno all’occidente e diciotto ad oriente; il resto di ciccia e calcari va sotto terra, per restituire ad essa gli elementi che ci ha prestato.

 

La dialettica, il senso critico, il buon senso di demolire per conto di non so chi, mettendo innanzi che lo spiritismo è dannoso all’appetito e all’equilibrio mentale, rappresentano una carica folta, serrata, in pagine fitte e saporose, e ammirevole (senza celia), che trascineranno molti lettori fino all’ultima pagina del libro, anche non arrivando a comprendere, come me, quella purissima metafisica per la quale non tutti sono costruiti secondo l’arte di Ponzio Pilato.

 

Determinata l’impossibilità che uno spirito di defunto possa esistere nella sua personalità complessa e completa, tale da poter dire: io mi sento e sono il tal dei tali; e quindi, precisando che non è possibile per questa ragione la comunicazione tra morti e vivi, l’autore viene alla impossibilità che una reincarnazione vi possa essere, neanche pei Messia della maniera ebrea o di altra razza. La reincarnazione è idea moderna, come lo spiritismo: gli antichi non ne sapevano niente. Perfino gli orientalisti di oggi sono suggestionati dall’idea della reincarnazione e interpretano documenti antichissimi con idee contemporanee, passate dallo spiritismo kardechiano al teosofismo della Besant e a certi occultisti francesi e da questi, varcata la Manica, in Inghilterra, dove le comunicazioni degli spiriti pare che dicano il contrario di quelle francesi. Il Guénon ha dimenticato che l’idea della reincarnazione è prepitagorica e che Diogene Laerzio non è autore del secolo XIX.

 

Insomma, acuto amico lettore, bisogna che scoviamo il messere che è ritornato dall’inferno e non ha ancora aperto bocca per dirimere questioni così allegre.

(1)Marcel Rivière, Paris, 1923.

(Tratto dalla Rivista di Studi Esoterici "O'Thanatos", fascicolo n. 7, luglio 1923 - rist. Ediz.Rebis - con il permesso dell'Editore)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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