Avevamo tentato prima con “Ignis”, poi con “Politica Romana” di fare capire che le opere degli antichi vati non sono scritte per essere intese grammaticalmente. Esse contengono un doppio senso cui allude l’espressione letterale dei versi, velandolo dinanzi alla mente profana. Con la forza dell’astrazione, l’ermetista può scorgere tale doppio senso. Inoltrandosi in tale aspro sentiero i pensieri arcani dei grandi vati cominceranno a trasparire attraverso certe personificazioni mitologiche, si arriverà ad intuire, ad esempio, la natura della ragione umana dietro le sembianze di Eolo nell’Eneide, o le fasi di maturazione iniziatica della mente dietro il mito di Cerere Tesmoforia.

Ma al di là del doppio senso ermetico, vi è un terso ordine di arcani, ben più arduo a conquistarsi perché immenso è il tesoro di sapienza che custodisce. 

La sua chiave è l’anfibologia, magistralmente utilizzata per trasmettere a chi è in possesso della stessa cifra, anche a distanza di millenni, i segreti del mondo dei Numi e degli Eroi. Così, in un vortice spaventoso ed inconcepibile di anagrammi, di inversioni, sostituzioni, incroci di versi, invece di guerre, guerrieri, scudi, lance, carri e città, traspaiono le forme auguste e silenti dei segreti del sacerdozio cumano e romano, il segreto Baccanalio, l’arcano del tirso, l’oscura filiazione della Roma eterna.

Fiato sprecato, tempo sprecato, e il tempo è prezioso; profanazioni, volgarizzazioni, deformazioni, inter-pretazioni grammaticali, dispute, vanità, pubblicazioni di libri con il senso demotico, profano, volgare, oltraggiando, snaturando, profanando con parlare di strada, spinti sempre dall’orgoglio e dall’ignoranza, cercando sempre di addentare le dottrine dei Numi, come Cerbero e come i mastini.

Dopo Kremmerz, avevo dato in pasto con una finalità sapienziale le dottrine dei maestri Lebano e Bocchini. Mi ero sbagliato. Bisognava tacere, non scrivere, il sacerdozio e l’apostolato di verità assoluta deve essere predicato ai pochissimi che hanno volontà prima di integrarsi e poi di trasumanarsi. La conoscenza del mondo arcano fu sempre ignorata dal volgo; volgo ha il suo tremata in ulao, il latrar dei cani. I volghi dubitano di tutto e principalmente di se stessi, non si lasceranno convertire; essi rappresentano il “cave canem” di tutti i tempi. “Guardati dai cani”, cioè dalla moltitudine, perché non pensano e non accettano che la filosofia della massa di cui essi sono il numero. Questo volgo è il coro della grande commedia della vita sociale, e rappresenta la muta che brocchieri ubriachi scatenano sull’orso selvaggio ricercatore di frutta in una foresta fitta, dove mai il piede dello scettico arrischiò i suoi passi prudenti e dubbiosi. La verità assoluta, la conoscenza del vero, nascosti sapientemente, non possono diventare patrimonio di coloro che non sono aristocratici nell’intelletto e nella virtù.

O ombre dei primi rivelatori delle scienze sacre dei greci e dei latini, nella classica terra della sapienza arcana dei pitagorici, rinvenite a contemplare quanta ingenuità circonda ed allieta il cervello dei nipoti fuorviati dai nuovi luminari della fede moderna nel microscopio e nella chimica! Venite a sentire come si insegna e si traduce nelle scuole il classico sermone di Omero, e come si tiene in pregio Aristotele e Platone, come si comprende Virgilio, e come Orazio e Tibullo, Properzio, Catullo e Stazio. Venite e fate che spolverino la natura degli Dei di Cicerone e riflettano in Ovidio la cecità dei fasti di luce!

La Sapienza non può essere che dei sacerdoti per vocazione della verità perfetta, essa non è fare giochetti di illusione di fronte ad un pubblico ingenuo e curioso, ed ha conservato la chiave di verità che il volgo imperfetto deve ignorare. L’apostolato di verità assoluta è fatto di silenzio: non parlate se non volete ritornare nelle tenebre della volgarità.

Questo della Sapienza ieratica è lo stato mio interiore dal momento che ho sperimentato da sempre l’ignoranza del “cave canem” dell’ambiente cosiddetto tradizionale, ormai troppo inquinato dalle simili nature di superbia, orgoglio, potere, separazione e vanagloria. Ripeto: l’ambiente umano è debole, lunare, distratto, incostante, curioso, superbo e viziato; sono difetti incompatibili non solo con l’avanzare del cammino, ma anche con il semplice incamminarsi. Pensare di muovere il primo passo sulla via iniziatica senza nemmeno avere la dignità interiore del più modesto Civis Romanus è un’illusione, è una follia, ma soprattutto è un pericolo.

La conoscenza integrale è irraggiungibile per mezzo delle parole, delle immagini su carte, dell’immagine analitica e della ragione discorsiva; pertanto è stato necessario per lunghissimi anni un silenzio possente, imperturbabile, impenetrabile, ieratico, sintetico per accostarsi alle Idee Divine, toga senatoriale e volto sfingetico. La mia ricerca si è svolta sempre sotto i migliori auspici, in un silenzio possente e profondo, simile a quello che avvolge le auguste rovine romane disseminate lungo la via Appia, silenziosa come le “Arche Arcane”.

Gli alti spiriti di Bocchini, Lebano, Izar, Kremmerz, Caetani e le altissime intelligenze visibili ed invisibili mi hanno seguito e mi seguono sotto i migliori auspici e i segni ben precisi. L’iniziazione è simboleggiata dalla Sfinge egizia: testa di donna e artigli di leone per conservare. Tutti vogliono sapere senza rischiare niente, né la pelle, né il benessere sociale; cotal cosa è fuori dalle regole della natura. Si deve proseguire nell’opera di dignificazione degna del patrimonio immenso dell’Ordine. Ho l’impressione di essere nel solco della tradizione sapienziale, saggia, serena, pacifica, silenziosa, iniziatica. Roma-Amor ci sorride.

Ripeto: compito primario ed improcrastinabile sarà recuperare le opere dei Maestri, seguire il filo dei Vati, dei Numi, studiare i classici con cognizione, e scorgere quindi negli antichi testi sacri i contenuti sapienziali rimasti per diciotto secoli tabula rasa. Tradurre con un lavoro articolato, unico non nel senso di orgogliosa “borea” di vanto individuale, bensì come è unica la fonte della sapienza, tutto ciò che essa scaturisce non è di nessuno, ma della sapienza stessa, quindi di tutti coloro che ad essa sapranno riconnettersi. L’essenziale è la dottrina sapienziale, la quale rimane immutata, perché immutato è lo scopo di funzionalità attiva che si intende esercitare attraverso di essa. Questo era il compito dei nostri aurei maestri, questo deve essere il nostro compito; proseguire nell’opera di dignificazione individuale che possa renderci degni della via tracciata dai Numi immortali.

Tratto da Elixir n. 3 con l'autorizzazione delle Ed. Rebis

Categoria: