Nel «Commento del Farmaco Cattolico», al capitolo undecimo, Della natura e proprietà di Marte, il Ferro, leggiamo: "Chi ignora Marte non ha conosciuto l’Arte". Tale sentenza di certo non consente equivoci sulla importanza e sulla necessità di acquisire una consapevolezza ed una conoscenza di questo metallo, cioè di questa forza, al fine di potere realmente progredire nella via dell’ascesi, o meglio ancora della palingenesi, della rigenerazione di sé stessi. Di certo un suo primo quanto immediato ed evidente significato è quello della indomita e pugnace forza di volontà che realmente distingue l’iniziato, che affronta le contingenze della vita senza deviare dai suoi ideali, sempre coerente con questi anche durante le più dolorose tribolazioni, e l’uomo profano, che trova nel compromesso il normale stato d’essere, la norma e l’abdicazione alla propria virilità spirituale. 

Conoscere Marte, quindi, non è un punto di partenza, non è una condizione già data all’inizio di un percorso, ma è una delle mete più ragguardevoli che possa essere raggiunta, è quello stato d’essere che, sperimentato, dà lo strumento adatto per utilizzare quella chiave capace di aprire la prigione saturniana dove è nascosto il nostro oro. Continua, infatti, il testo citato sottolineando che Marte ha zolfo solare caldo […]: il suo Sale è talmente maturato ed animato dal suo zolfo, che anche al fuggitivo rapinatore, cioè a Mercurio cagiona molta fatica: poiché il Sale di Marte, può coagulare e fissare costantemente il Mercurio […]. Ancora una volta si sottolinea che lo stato d’essere del metallo ferreo è estremamente maturo, cioè avanzato, e capace persino di coagulare il Mercurio che, come Ireneo Filalete ne L’Entrata aperta al palazzo chiuso del Re sostiene, è la chiave della prigione del Sole. Se si sostituisce al termine Mercurio quelli più usati di “spirito”, “energia” e “intelligenza” risulterà facile, almeno inizialmente, comprendere che la principale caratteristica della forza volitiva è quella di coagulare, cioè raccogliere ed impiegare scientemente vitalità ed intelligenza secondo finalità e ideali trascendenti. Di sfuggita ricordo che nella magia cerimoniale i due oggetti, sicuramente marziali, utilizzati dal mago, la bacchetta e la spada, hanno proprio la capacità, secondo la tradizione, di coagulare le energie astrali e disciogliere le stesse quando ciò si rendesse necessario. Per usare una metafora del mio Priore: occorre sapere dispiegare le vele della nave per sfruttarne i venti amici e ammainarle in caso di tempesta. Non bisogna dimenticare, però, come affermava Giordano Bruno, che il cuore, simbolo solare di forza ed energia, se non è guidato dall’intelletto diventa desiderio asservito ai più bassi e animaleschi istinti. Se, invece, i due si alleano il secondo darà la direzione e il primo quella irresistibile forza per raggiungere ogni traguardo: Marte di fuori appare certamente bianco (la lunare dimensione dell’intelletto che intuisce gli intellegibili), ma dentro è rosso (il solare calore dell’energia volitiva). Come lo stesso “Commento” prosegue, occorre che una forza muliebre addolcisca, quasi seduca il fiero dio della guerra, attraverso quella attrazione che però non deve essere libidinosa, né volgare: è necessario che sia invertita e con Simeone quasi rinata di nuovo, e porti sopra la fronte, il Segno della nuova nascita, il vestigio della vita, la parvenza dello splendore Solare, inserito nell’oro. Si tratta di Venere, dea della bellezza, seduttrice degli dei e degli uomini. Non si tratta però del desiderio venereo inteso comunemente, ci troviamo invece di fronte ad uno dei più importanti punti di riferimento per il guerriero che tenti la scalata verso l’Olimpo o che tenti attraverso la sua natura marziale la trasmutazione in oro. Nella Grecia classica, Venere era considerata, filosoficamente e iniziaticamente e non certo profanamente dea della bellezza e quest’ultima per il greco consisteva nell’Ordine e nell’Armonia delle forme. Se prendiamo entrambe le accezioni di Venere, cioè quella di dea della bellezza e quella di dea seduttrice degli dei, comprendiamo che il metallo ferreo del guerriero deve essere sedotto dall’Ordine e dall’Armonia, intesi questi ultimi, non certo in una dimensione morale come quella dettata dal senso comune né tanto meno etico religiosa, bensì ispirati sempre più dal Bene Sommo a cui la Bellezza è connessa, secondo quanto affermato da Platone: Kalos kai Agathos. È, come abbiamo detto sopra, Venere rinata e vestita della parvenza solare. Il guerriero, però, non si limiterà mai alla mera contemplazione di valori trascendenti. La sua via non è quella lunare di chi attende di riflettere dentro sé un barlume della Luce Divina. Il guerriero tenta costantemente, attraverso un continuo esercizio della propria volontà e attraverso una educazione magica appropriata, intendendo con il termine “magia” la sapienza delle leggi dello spirito umano, di divenire strumento cosciente di quegli ideali che quanto più sono praticati tanto più sono intuiti. In questo senso dovrebbero essere lette le gesta dei Templari che, al grido di Dio Santo Amore! oppure Per Dio che non mente! invocavano costantemente la divinità pregando che si manifestasse con occhio benevolo alla loro coscienza, e intuendo, infine, grazie agli sforzi e alle tensioni a cui erano sottoposti, frammenti del Suo Pensiero. Una precisazione però risulta necessaria, dopo quanto detto. Come è vero che Marte non è un dio che facilmente può essere conosciuto, così è altrettanto vero che può essere conosciuto solo da coloro che hanno tracce del ferreo metallo all’interno della propria natura essenziale. Avere la pretesa che tutti si sia guerrieri è pretendere che S. Chiara vada in guerra armata di spada e lancia. Ogni essere umano è in maniera preponderante fatto da un metallo diverso, il non tenerne conto tradirebbe una delle regole fondamentali di qualunque ermetista: l’onestà con sé stessi.

R. I.

CONFRATERNITA CAVALLERESCA DEL QUINTO VANGELO

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