bruno valentini 1“L’intelligenza deve dominare sulla barbarie 
delle superstizioni e delle fedi religiose incupite dalla bigotteria…
L’uomo adopera soltanto un infinitesimo delle sue possibilità cerebrali, 
occorre liberare questo deterrente intellettuale
che è prigioniero in ogni individuo “ (1)

È nostra ferma intenzione con questo sintetico scritto celebrare forse la personalità, insieme con Pitagora e Platone, che in maniera più alta e profonda ha rappresentato il pensiero filosofico d’Occidente, nel 419° anniversario del suo eccidio, ad opera della Santa Inquisizione: ci riferiamo al monaco domenicano Giordano Filippo Bruno (Nola, 1548 – Roma, 17 febbraio 1600). Inquadreremo l’aurea figura di Bruno secondo una prospettiva scevra dalle solite e stantie interpretazioni di parte e di fazione, ma riconducendo la dottrina da lui espressa nell’alveo più naturale ed obbligato entro cui va necessariamente riconnessa, cioè quella aurea della Tradizione Ermetica, come hanno sapientemente documentato riferimenti irrinunciabili della cultura esoterica europea ed italiana, quali risultano essere Frances A. Yates, Leen Spruit e Gabriele La Porta, oltre a quanto già da noi esaminato in questo sito (2).

 

La figura di Giordano Bruno è stata assunta spesso negli ultimi anni come icona dell’Illuminismo, del pensiero laico, fagocitata nella dicotomica e duale sfida tra clericali e modernisti di fede latomistica e non solo, tradendo profondamente quella che fu la portata sapienziale del suo insegnamento, il quale non poteva erigerlo ad antesignano di Voltaire, né tantomeno ad uno stregone dedito a culti negromantici. Quanto, inoltre, la tormentata vicenda del bruno valentini 4Nolano sia stata utilizzata ad usum delphini da certa Massoneria tra l’800 ed il ‘900 è già stato documentato magistralmente da Luigi Morrone, nella prima parte del suo speciale su “Massoneria e Fascismo”, pubblicato in questo sito (3). Giordano Bruno sfugge a tali dicotomie manichee ed il saggio citato in nota dell’emerito prof. Gabriele La Porta mette in discussione tali vedute, riposizionando la sua vita e le sue opere nel giusto solco, cioè quello a-religioso e a-politico della Tradizione Ermetica Occidentale, in linea di continuità ideale sia con la misteriosofia antica, greca ed egizia, sia col neoplatonismo teurgico di un Porfirio o di un Giamblico, ed in connessione assolutamente libera ma altamente referenziale con tutto quel nobile mondo che dalla fine del ’700 ai primi decenni del ‘900 ha gravitato intorno all’aurea figura di Giuliano Kremmerz ed alla Schola Hermetica Napoletana.

Tale è la linea ermeneutica seguita (giustamente, a nostro modesto parere) da La Porta, che infrange le false e contrapposte opinioni di che cerca invano di inglobare il pensiero bruniano nella propria ed ottusa categoria esistenziale. La sua Magia ci offre, infatti, inusuali ricollegamenti filosofali, che vanno ben oltre il particolareggiato riferimento individuale, per estendersi, ad esempio, al neoplatonismo fiorentino, al Botticelli, agli ambienti magici di Parigi, Praga e Londra, fino a condurci a Shakespeare. La Magia Bruniana è, come evidenziato dalla Yates (4), la perfetta prosecuzione della Occulta Philosophia di Cornelio Agrippa, in cui ad una magia superstiziosa, di volgare dominio psichico ed astrologico, si contrapponeva un’Alta Magia, molto simile alla Teurgia degli Antichi, tramite cui il Mago, seguendo la dottrina dell’Asclepius di Ermete Trismegisto, si trasmutava egli stesso come magnete e ponte unificatore tra mondo della materia e Divino, superando ogni dualismo agostiniano e misticheggiante, riconquistando quell’Unità del Cosmo di platonica e pagana memoria. Come evidenzia anche Leen Spruit, nel suo Magia, Socia Naturae “Bruno distingue fra una magia che si fonda sulla superstizione e una magia che si effettua per regulatam fidem” (5).

L’esegesi di Gabriele La Porta, infatti, ha il profondo merito di qualificare ancora più in profondità l’analisi iniziata da Frances A. Yates e di usare il Nolano come grimaldello, come crivello per penetrare in un mondo, in una dimensione che è quella dei Ficino, dei Pico della Mirandola, dei Campanella, dei Cusano, del pitagorismo e del platonismo arcaici, dimensione non razionale o filosofeggiante, ma altamente trasmutatoria. Tale è l’insegnamento sapienziale, che va oltre il misticismo delle masse; tale è l’Arte divina e rituale, come lo stesso Bruno afferma, quale magia naturale: è arte, soprattutto della memoria, di quell’anamnesi platonica che riscopre il reale e sacro fondamento intellegibile degli elementi, della Natura, degli Uomini e degli Dei. A chi, invece, si attarda a ravvisare prestiti o riporti forzosi nelle opere di Bruno nei confronti di Ficino o di Raimondo Lullo o di altri pensatori precedenti, rammentiamo serenamente come la Sapienza non conosca copyright, ma come vi siano stati uomini ed espressioni diverse di un’Idea imperitura: tale fu spesso la prospettiva, per esempio, anche di un Evola (che purtroppo non comprese la profondità ermetica delle opere del Nolano, considerandolo erroneamente un mero anticipatore della modernità), che non si prefigurò mai come un filosofo innovativo ed originale, ma come un mezzo umano tramite cui rinverdire non le sue idee, ma “le Idee da me difese”.

Altro aspetto importante evidenziato da Gabriele La Porta è quello insito alle indicazioni del De Umbris Idearum. Nelle carte magiche contenute nel trattato, l’aspetto mnemonico si coniuga con l’aspetto terapeutico, in riferimento anche agli studi di Cornelio Agrippa e Teucro Babilonese, in quanto l’evocazione dell’immagine rappresenta una propedeutica riequilibrante rispetto alla palingenesi alchimica della misura, del giusto dosaggio medico:

“Il mezzo è l’immaginazione, basato sui 36 decani, perfetta riproduzione del primo effluvio delle idee. Se l’uomo-imago le avrà impresse in sé, sostiene il filosofo, potrà modificare la realtà nel momento in cui le immagini andranno ad edificare il mondo” (6).

In Giordano Bruno, pertanto, non si ricerchi la risposta a tutti gli arcani insoluti, perché si avrebbe a costatare solo un’amara delusione. Nel suo insegnamento ermetico sono indicate diligentemente le chiavi e le vie con cui è possibile approcciarsi ad una tradizione millenaria, di virgiliana memoria, in cui un mondo arcaico determinò la propria eternità, nell’ambito del pensiero liberato e non del libero pensiero, secondo ciò che si conquista alchimicamente quale intuizione ancestrale e sovrarazionale dell’Intelligere di Minerva:

“Il pensiero umano, che pure ha nel senso il suo fondamento, partecipa alla costruzione unitaria del tutto, in quanto procedendo dal senso, lo trascende e giunge alla concezione della infinità unità” (7).

Nella società contemporanea, ove l’arroganza poco democratica del pensiero unico, nei più disparati campi (dalla cultura alla politica, dalla medicina alla filosofia), ma anche nell’universo tradizionalista, ove ancora circolano dogmatici portatori di verità assolute, che assurdamente non si potrebbero né discutere né tantomeno comparare o confutare, ci si renda conto quanto la prospettiva eretica della figura di Giordano Bruno possa assurgere ad un bruno valentini 2vero e proprio simbolo di libertà intellettuale. Il lettore, a proposito, non si lasci incantare dalla solita e stantia dialettica tra ecumenici e laici, tra vaticanisti e difensori del pensiero modernista, i quali hanno utilizzato strumentalmente il Nolano ognuno per i propri interessi di parte, come predetto. Anche nei confronti delle nuove indagini scientifiche, l’insegnamento di Bruno sia inquadrato nel solco della centralità dell’Uomo e della sua libera indagine:

” Se questa scienza che grandi vantaggi porterà all’uomo, non servirà all’uomo per comprendere se stesso, finirà per rigirarsi contro l’uomo” (De l’infinito universo et Mondi).

Il libero pensiero, da una prospettiva realmente tradizionale, non è la dimensione del disordine cerebrale, dello scatenamento delle moderne pulsioni psicanalitiche o istintuali, dell’asservimento sottile e subliminale alle logiche pseudo – culturali del mondialismo, ma può e deve assumere caratteristiche radicalmente diverse. La prospettiva di Bruno non si rivolgeva, infatti, verso un orizzonte temporale, verso un futuro con un suo preciso incedere progressista, ma era indirizzata verso quella dimensione classica che ritrova l’Eterno, senza patire le logiche passatiste o futuriste (dell’avvenire). Il libero pensiero bruniano si configurava essere come una costante identificazione con un preciso ordine ideale, con una precisa assunzione esistenziale, in cui la Libertà si esplicitava quale riconoscimento ontologico della propria radice interiore, del riconoscimento della propria Patria Ideale, quel Bene, quell’Idea archetipica, trascendente ed immanente, a cui spesso fecero allusione anche Platone ed Evola. Bruno sul tema è stato molto chiaro:

“Maestro quando potrò ritrovarvi ?” “Guarda dentro di te, Sagredo ascolta la tua voce interiore e ricorda che l’unico vero maestro è l’Essere che sussurra al tuo interno”. (Dialogo tra Giordano Bruno e Sagredo).

bruno valentini 3In tale ermeneutica, il pensiero del Nolano potrebbe assumere quelle determinazioni di autentica validazione tali che esso possa risultare davvero dirompente dinanzi a qualsiasi imposizione culturale, a qualsiasi dogma, a qualsiasi forzatura, per cui la Verità sia la sola espressione della propria esperienza, sociale, politica, intellettuale, quale superamento attivo e cosciente del limite raziocinante:

” Ho lottato, è già tanto, ho creduto nella mia vittoria. È già qualcosa essere arrivati fin qui: non aver temuto morire, l’aver preferito coraggiosa morte a vita da imbecille” (De Monade, numero et figura).

Vi si impone l’esplicitazione allegorica di un’idealità, di una concezione del Sacro, di un Ordine, origine noetica che era il fulcro delle antiche civiltà tradizionali e che meravigliosamente riecheggia nelle opere magiche e filosofiche del Nolano. Le opere, la vita, la morte di Bruno, infatti, ci indicano idealmente tutto ciò che appartiene alla nostra Tradizione d’Occidente e tutto ciò che ne è assolutamente estraneo, quale specifico atteggiamento culturale che riconosce la propria specificità e per tale consapevolezza riesce a riconoscere, rispettare e tutelare quella altrui:

” Non so quando, ma so che in tanti siamo venuti in questo secolo per sviluppare arti e scienze, porre i semi della nuova cultura che fiorirà, inattesa, improvvisa, proprio quando il potere si illuderà di avere vinto” (Dialogo tra Giordano Bruno e Sagredo).

Giordano Bruno, infine, noi lo ricordiamo come autentico Figlio d’Ermete, quale portatore di una fiaccola mai spenta nell’alveo magico – teurgico della migliore Paganitas (così si espressero i magisti del Gruppo di Ur sul significato profondo dell’ermetismo), della sempre feconda Tradizione d’Occidente, che ancora oggi torna a far paura ai dogmatici di ogni latitudine:

“A Minerva quelli che a ogni cosa antepongono il consiglio, la prudenza, la Sapienza e l’intelletto” (8).

Note:

1 – Gabriele La Porta, Giordano Bruno, Edizioni Bompiani, p. 57.
2 – http://www.ereticamente.net/2016/02/il-nolano-e-la-natura-magica-del-divino-luca-valentini.html
3 – http://www.ereticamente.net/2018/12/fascismo-e-massoneria-storia-di-rapporti-complessi-1-parte.html Riportiamo l’espressione del Mola «L’elevazione del Nolano a emblema della Massoneria … non va giudicata sotto il profilo della rispondenza filologica tra il suo sistema filosofico e gli orientamenti prevalenti nella Famiglia … bensì va apprezzata per la sua efficacia rappresentativa. Per i massoni (che non ne conoscevano il pensiero) Bruno era la vittima del dogmatismo teocratico di Roma in combutta con i sordidi intrighi dell’assolutistica diplomazia veneziana. Al tempo stesso era l’uomo che fra il rogo e la rinunzia alle sue più profonde convinzioni scelse il martirio, onorando, quindi, non l’ateismo o il rifiuto del cristianesimo (come poi asserito da certo malinteso positivismo) ma la libertà di “ricerca” e, quindi, la libertà di religione».
4 – Frances A. Yates – Giordano Bruno e la tradizione ermetica, Edizioni Laterza, p.204ss.
5 – Leen Spruit, Il problema della conoscenza in Giordano Bruno, Edizioni Biblopolis, p. 149.
6 – Gabriele La Porta, op. cit., p. 170.
7 – Gabriele La Porta, op. cit., p. 124.
8 – Orazione di congedo di Giordano Bruno all’Accademia di Wittenber, 8 Marzo 1588.

Luca Valentini

(Ringraziamo ereticamente.net per la collaborazione)

Categoria: