Recensione di Politica Romana n. 9 - 2013

A cura di L. Valentini

                                               

 

POLITICA ROMANA 9/2013

Dies Natalis MMDCCLXVI

Associazione di Studi Tradizionali "SENATUS"

pp. 187, € 18,00

 

 

 

Ci apprestiamo a recensire forse l’ultimo numero di una rivista aperiodica problematica, Politica Romana, su cui in passato abbiamo più volte espresso le nostre più vive perplessità circa una critica spesso immotivata, a nostro modesto parere, o animata da un furore contrario alle opere ed all’esistenze terrene di due grandi esponenti del mondo della Tradizione, come René Guénon[1] e Julius Evola[2], ed anche per aver dato il fianco a quantomeno discutibili interpretazioni “risorgimentiste” della storia patria, ma di cui non abbiamo nascosto il nostro profondo apprezzamento circa le ricerche ivi riportate sia nel campo della tradizione classica e specificatamente romana sia, soprattutto, nel campo dell’ermetismo alessandrino e “napoletano”: perplessità ed apprezzamenti che si sono rafforzate nel corso degli anni e delle nostre ricerche e che confermiamo serenamente. Questo numero 9 della rivista, però, ci ha sorpreso con valenze altamente ed esclusivamente positive, per la proposizione ai lettori di tematiche di spessore e di cui recentemente, nel mondo del tradizionalismo, si discute con vero spirito di ricerca e con inattesa e proficua sollecitudine. Per la prima volta in lingua italiana si presentano l’Avvertenza e l’Introduzione a "Il Barbaro" di Yves-Albert Dauge, opera che aveva già attirato precedentemente l’attenzione di Piero Fenili, direttore responsabile della rivista, che aveva denotato tutta l’importanza di tale testo nel campo degli studi romano logici:” Principale merito della sua opera è stato quello di essersi portato oltre il livello generico e non di rado retorico entro il quale risulta solitamente collocata e data quasi per scontata tale contrapposizione, per attingere invece un fondamentale criterio conoscitivo che si dimostra fungere da cardine all'intera visione del mondo dell'antica Roma.

In questo…fornisce anche un prezioso contributo alla romanologia, come ricerca intesa ad enucleare dal passato romano le sue costanti potenzialità di incivilimento, rendendole attive ed operanti” (PR 5/1998-1999, p. 11). Altro testo che merita una particolare attenzione è lo studio, a firma di Piero Fenili, sul mito della Fenice, sulla Renovatio Imperii e il misterioso regno del Prete Gianni. Prendendo spunto dalla battaglia di Adua del 1896 e poi dalla conquista italiana dell’Abissinia, si sviluppa un interessante percorso di riferimenti ed approfondimenti che si concentrano nel mondo dell’ermetismo kremmerziano ed italico, così come si manifestò tra le due grandi guerre mondiali, nel cui dominio l’idea della Renovatio Imperii assume una valenza assoluta soprattutto in riferimento all’affare Ekatlos. Successivamente l’analisi si concentra, oltre che sui dati storici, sulla figura del Prete Gianni, così come narrata dal XV secolo in poi, come figura che incarnasse una sovranità sacrale – da qui il riferimento salomonico – che rappresentasse un vero argine alla presenza islamica nella regione. A tal punto, ci riferiremo ai due scritti, che, secondo noi, nobilitano questa nona pubblicazione di Politica Romana. Il primo, sempre a firma di Piero Fenili, è dedicato al pensiero filosofico di Julius Evola, non per una critica, ma, al contrario, per “per l’importanza drammaticamente esistenziale dei problemi che ha sollevato ed in parte risolto” e “perché tale percorso fornisce la chiave necessaria per comprendere l’intera sua opera nella sua intima essenza”(p. 127). In un momento storico dove si riscopre un volto diverso dell’idealismo[3], oltre le superate interpretazioni accademiche e marxiste, la visione magica che ne offre Evola, l’apporto filosofico di Evola, riscoperto nel senso di filosofia arcaica e non di filosofia sistemica e razionalisticamente moderna, assume una valenza assolutamente straordinaria, sia nel campo appunto filosofico-speculativo, ma soprattutto, come ne tratta in tutta la sua ricerca il Fenili, in vista di una rivisitazione integrale dell’opera evoliana. Il principio che ordina le pagine in riferimento, da noi assolutamente condiviso, è che il pensiero del filosofo romano non possa essere analizzato  in parti separate e scientificamente non comunicanti, ma si debba operare un’ermeneutica che abbia valore fondamentalmente organica, che sappia integrare le diverse componenti di studio, le diverse fasi esperienziali del tradizionalista in questione, le diverse stagioni di studio e di lotta. L’efficace immagine dei cerchi concentrici adoperata rende molto bene il senso profondo di un percorso realizzativo, assolutamente particolare ed unico, che tramite l’idealismo magico, superando le limitazioni biologiche, psicologiche, ma anche le dubbie interpretazioni psicanalitiche di un Freud armonizza il contatto di Evola con l’Alta Magia, con l’Oriente - soprattutto col Buddhismo ed il Tantrismo - con la Tradizione Classica, per giungere alla fine che si concilia con l’inizio, l’uomo della modernità, che in Cavalcare la Tigre ritrova, con formalità difformi, ma come medesimo spirito, le altezze dell’Individuo Assoluto. L’Archeo Sulfureo, come viene definito Evola, si ritrova a convergere con l’insegnamento sapienziale di Jabob Boehme, non casualmente alla radice di una certa corrente dell’idealismo:”una materia contenuta in un ambiente chiuso (terra che racchiude la radice, atanor), da sublimare mediante l’intervento del fuoco, che arde la impurità o scorie presenti nella materia, fino alla nascita dal fuoco di un fiore di fuoco”(p. 172). Infine, ci riferiamo all’interessante approfondimento di Ivan Dalla Rosa che, grazie all’analisi dell’opera Supremo Vero, edita dall’Associazione culturale Ignis e curata da Roberto Sestito, delinea la personalità e le conoscenze di un esoterista poco noto nel campo degli studi tradizionali, Manlio Magnani (Parma 1881 – Buenos Aires 1943). Si presenta un’affascinante personalità che ha saputo armonizzare nel suo percorso di consapevolezza spirituale diverse componenti iniziatiche, dalla Scuola Pitagorica di Armentano e Reghini (prese parte alla redazione della rivista Atanòr), per passare all’obbedienza muratoria del Primitivo Rito Orientale di Memphis, al Martinismo, ma soprattutto all’esperienza ermetica e terapeutica tramite la Fratellanza di Myriam, capace di integrare vari indirizzi dello scibile tradizionale, come la Cabala, l’Alchimia, le dottrine orientali e la Gnosi. Al di là di un’esposizione eccellente da parte del Dalla Rosa della dottrina ermetica che nelle pagine di Supremo Vero viene esplicitata, sinteticamente rileviamo in questa sede due conclusioni importanti a cui giunge l’autore attraverso lo studio dell’opera di Magnani. La prima conclusione è che la medesima opera molto probabilmente sia stata largamente influenzata da alcune monografie a cura del celebre Gruppo di UR. Nello specifico, sembra ci sia la certezza che lo scritto di EA (pseudonimo di Evola in UR) Che cos’è la Realtà Metafisica abbia rappresentato un punto di riferimento di primo valore per le ricerche del Magnani, essendovi presente in Supremo Vero vere e proprie rielaborazioni del testo evoliano. La seconda conclusione è direttamente derivante dalla prima ed esplicita l’esigenza sia di Evola quanto di Magnani di tracciare una sensibilità anagogica che non conceda alcuno spazio a tentazioni di stampo evoluzionistico. Da qui si denota l’ortodossia tradizionale propugnata dall’autore di Supremo Vero, che si oppone alle spinte disgregatrici e moderniste di alcune correnti neospiritualiste di quei tempi, rammentando il senso della consapevolezza come risveglio, come rinascita ad uno stato ontologico già in essere nell’uomo, da ridestare dal suo sonno profondo: è la via reintegrativa verso il Divino che è in sé e contemporaneamente nel mondo…qui non c’è evoluzione, non c’è progresso. In tale ottica, condividiamo, concludendo la nostra recensione, il giudizio di Ivan Dalla Rosa su Supremo Vero:”Un libro prezioso…importante per capire, dalla diretta voce di un suo esponente di rilievo, il filone di una corrente rappresentativa dell’ermetismo mediterraneo del ‘900”(p. 187).

 Luca Valentini

(pubblicata sul n. 165 Settembre – Dicembre 2013 di Vie della Tradizione)



[1] In verità Piero Fenili in una recente intervista rilasciataci per il blog di cultura alternativa Ereticamente.net ha posto lo stesso Guènon a fondamento dell’idea di Tradizione che informa la rivista, seppur tramite una lettura adogmatica dei suoi insegnamenti: tale visione non può da noi che essere condivisa. Reputiamo di non esplicitare un commento arbitrario, estendendo tale giudizio anche alla figura di Julius Evola, la cui Rivolta contro il mondo moderno in questo numero viene definita “monumentale”.

[2] L’accusa ad Evola che spesso è stata mossa dalle pagine di Politica Romana è quella, negli anni ’30, di aver abbracciato una politica e riferimenti culturali di natura pangermanista. Come abbiamo già dimostrato su codesta rivista, nella recensione a Il Mondo alla Rovescia (raccolta di scritti evoliani per la casa Editrice Arya di Genova, in Vie della Tradizione n. 148, Gennaio – Aprile 2008), nella critica allo scritto Rasse und Charackter di F.L. Clauss, proprio Evola fuga ogni dubbio, decretando la necessità di un superamento del biologismo e del materialismo insiti in alcune espressioni tedesche dell’epoca, circa la propria fascinazione teutonica.

[3] Sul tema si approfondiscano gli scritti di Giandomenico Casalino e soprattutto la monumentale opera del professore americano Glenn Alexander Magee sui rapporti tra Hegel e la tradizione ermetica, da poco edita presso Mediterranee. 

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