L'ULTIMO SCRITTO DI G.KREMMERZ

di Pier Luca Pierini R.

Molti documenti di Kremmerz, come gran parte della sua vita, sono avvolti da una fitta coltre di mistero, dalla quale filtrano unicamente e sporadicamente parziali verità e parziali menzogne. In effetti non mancano in merito riferimenti espliciti, anche da parte dei primi biografi, a conferma dell’estrema riservatezza che caratterizzò sempre l’esistenza di questo ermetista, anche agli occhi degli stessi familiari, al punto che ancora oggi abbondano gli interrogativi su numerosi episodi e periodi oscuri del suo percorso iniziatico e umano, sulla sua opera e sui suoi scritti. Su questo terreno misterioso sono di conseguenza fiorite nel tempo innumerevoli “leggende”, ipotesi, omissioni, fantasie e inesattezze, generando spesso confusione e interpretazioni approssimative o inattendibili.

Non si può negare che dietro i reiterati tentativi di insabbiamento di informazioni e notizie, soprattutto a livello biografico, vi sia stata la volontà di qualcuno che agendo forse in buonafede, o forse per interesse personale, avrebbe preferito mantenere il silenzio e l’oblio su qualunque aspetto estraneo ai canoni di un ritratto puramente agiografico e celebrativo che per molto tempo si è voluto far passare per verità assoluta.

Questa singolare “intervista al dr. Kremmerz”, pubblicata originariamente sulla rivista “Mondo Occulto” nel 1928 e riproposta integralmente per la prima volta dalla rivista “Elixir” (n° 4 del 2006)[1], assume perfettamente tutti i tratti di un curioso enigma e per vari decenni è sfuggita persino ai più scrupolosi bibliografi. Il pezzo è firmato dallo stesso fondatore/proprietario del periodico, G.G.Rocco, ma sappiamo per certo che possiamo attribuire alla sua penna soltanto la prima parte della medesima, che peraltro presenta alcuni interessanti riferimenti all’attività terapeutico-magnetica di H.Durville. Con altrettanta certezza possiamo invece affermare che la seconda parte, da “A Bordeaux entro in una Brasserie” in poi, è stata interamente redatta dal Kremmerz e affidata all’amico editore Rocco, resosi complice della “beffa” per l’occasione, per completare l’articolo, in linea con lo stile alquanto originale e imprevedibile dell’ermetista di Portici, non nuovo del resto a simili escamotages e facezie.

Quello che segue è dunque molto probabilmente l’ultimo scritto pubblicato ufficialmente dal Kremmerz ancora in vita, considerato che il testo del primo volume dei “Dialoghi sull’Ermetismo”, benché dato alle stampe privatamente nel 1930, risale in realtà ai primi anni ’20 del secolo scorso.

Ciò che emerge da questa strana “intervista”, a parte l’immagine inedita e divertente di un Kremmerz esperto di enologia, impegnato a disquisire sulla bontà di alcuni vini pregiati, incorniciato tra due bottiglie vuote e una barba finta, è la vena di sottile ironia che la pervade, dall’inizio alla fine, che evidentemente esprime e lascia soltanto intravedere un aspetto dell’Autore apparentemente molto lontano e inconsueto, rispetto ai parametri stilistici dominanti nelle altre sue opere, ma verosimilmente molto più vicino all’autentico spirito del Kremmerz di quanto si possa pensare. A tratti si ha quasi l’impressione che voglia prendersi bonariamente gioco di Rocco e del lettore stesso, inscenando un incredibile travestimento per rompere l’assedio dei curiosi dell’elisir di lunga vita e spaziando a ruota libera dal resoconto bizzarro di un viaggio immaginario in un improbabile oriente, a riflessioni allo stesso tempo amene, penetranti e paradossali sul tema della morte, all’annuncio di un libro “allegro” e illuminante sulla “discesa all’Inferno” (che, come vari altri, non sarà mai realizzato), fino alla sconcertante conclusione, obiettivamente difficile da interpretare, eppure straordinaria.

Il tono volutamente scherzoso, elusivo, arguto e sdrammatizzante che permea di scanzonato humour partenopeo l’intera “conversazione” è forse la chiave di lettura che può aiutarci a comprendere il senso di questo “messaggio”, sospeso tra il divertissement, la satira estrema e la filosofia zen, tra un’effimera o insostenibile leggerezza dell’essere e la surreale intensità del dramma che incatena l’uomo al pensiero di un destino inesorabile, tra l’apologia e l’esaltazione del succo inebriante della vite, assurto a piacevole viatico per il Nirvana, e l’angoscia di un futuro ineluttabile trasformata in spassosa e serena visione del momento fatale, anzi come egli stesso scrive, “della festa finale”.

Premesso che la pubblicazione di questo testo risponde a una precisa volontà del Kremmerz, e che quindi non è stato scritto a caso o sotto l’effetto euforizzante del “buon vino”, quale valore possiamo attribuirgli? Come tradurre lo sconcertante ossimoro dell’”allegra morte”? Si è trattato di una estemporanea e semplice espressione di ludica furbizia e “magistrale” fantasia? È stato il frutto elegiaco del presentimento e l’annuncio criptato della propria scomparsa, ormai prossima? Rappresenta forse la sintesi di un suo preciso pensiero finale? O come recita l’antico detto toscano, “Arlecchino si confessò burlando”, per ri-velare inopinate verità su un improvvisato palcoscenico?...

Probabilmente la risposta appartiene alla dimensione iperurania, e non è escluso che qualche grande iniziato della tastiera riesca persino a decifrare il recondito significato alchimico del Chianti e del Barbera. O forse, anche a queste, e a molte altre possibili domande, seguiranno presumibilmente soltanto altre parziali verità e… parziali menzogne. Personalmente ritengo che il Kremmerz, interrogato in merito, si sarebbe trincerato dietro un maieutico silenzio, nascondendo un eloquente sorriso sotto i sagaci (e veri) baffi.

 

Una visita a Durville e alla Maison des Spirites

Intervista col D.r  Giuliano Kremmerz

Il ritardo nella pubblicazione del fascicolo scorso e i non lievi errori di stampa da cui era infiorato, furono causati da una mia prolungata assenza da Napoli di circa due mesi. Recatomi in Francia per stringere rapporti più intimi di colleganza colle Riviste consorelle francesi e colle personalità più in vista dello spiritualismo, nel passaggio per Torino mi fu presentato un medio a voce diretta, si volle improvvisare una seduta perché potessi assistervi, alla quale invitai anche Baudi di Vesme, colà residente, ma, per ragioni sfavorevoli di ambiente, disgraziatamente, detta seduta risultò negativa. Il Baudi di Vesme ha però potuto assistere con lo stesso medio ad altro esperimento, del quale darò relazione nel prossimo numero.

A Parigi fui ricevuto dal Durville nella sua Fondation – 64 Rue Charles Laffitte, nel tranquillo quartiere di Nelly – dove si operano veri miracoli: la maggior parte degli ammalati che i medici hanno dichiarato inguaribili, in quest’ambiente pieno di luce e di conforto, mercé le amorevoli cure magnetiche del Durville – col suo metodo naturista di rieducazione psichica – sono messi in condizioni di tornare a godere la vita. Conclusione della visita: ottenni dall’illustre uomo il permesso di pubblicare in  italiano il suo importantissimo volume Vers la Sagesse – nella traduzione della nobil donna Pia Marchesini – del quale miei lettori avranno in questo fascicolo le prime cartelle. Tutti coloro a cui la vita non ha risparmiato i suoi disinganni e che hanno il cuore alterato dall’egoismo umano, troveranno in queste pagine entusiaste le più dolci consolazioni. Penetreranno nei Mondi Ignorati da quelli che non hanno a lungo meditato o pianto. Il Durville li trasporta in alto, sulle più elevate ed eterne vette, scoprendo ai loro occhi orizzonti meravigliosi e facendo penetrare nella loro anima addolorata un soffio di poesia e di purezza che li ritemprerà. Essi ritroveranno, come per magica virtù, ciò che credevano perduto per sempre: le Gioie pure dello Spirito, la pace profonda del Cuore. E’ allo stesso tempo un’opera di alta iniziazione mistica, e siamo sicuri che i nostri lettori si uniranno a noi per ringraziare il chiarissimo scienziato francese che, con tanta amabilità, ce ne ha permesso graziosamente la pubblicazione. Alla Maison des Spirites, 8, Rue Copernic – nell’elegantissimo quartiere dell’Etoile: sereno ed artistico ambiente, nel quale gli spiritualisti della Capitale e quelli che vengono da tutte le parti del mondo, trovano fraterna accoglienza e guida sapiente ed illuminata pel progresso dei nostri studii – in assenza del fondatore Jean Meyer, mi fece gli onori di casa il segretario Sig. Ripert, cortesissimo gentiluomo e colto spiritualista, che in una non breve causerie, mi espose con parola facile ed affascinante il suo modo di vedere in rapporto ai fenomeni spiritici, sunto della sua dotta conferenza al Congresso Spiritico di Londra, riportata integralmente nell’ultimo numero della Revue Spirite.

A Bordeaux entro in una Brasserie.

Fuori piove. In un angolo in fondo vedo una figura che mi pare di conoscere. Bel barbone bianco. Il viso un po’ chiaro e le gote un po’ arrossate.

L’espressione di tutto l’insieme mi ricorda il Dottor Kremmerz. Mi avvicino – E’ lui.

- Caro Rocco, come mai qui? A Bordeaux? Vi è scarsezza di vino a Napoli, emporio antico di tutti i vini più grati e inebrianti?

Gli spiego che viaggio e perché sono a Bordeaux. Mi meraviglio che lo trovi a quel posto e con due bottiglie vuote, una St Emilion e una Medoc.

- Sentite, voi non dovete mai meravigliarvi di alcuna cosa, perché tutto ciò che vedete e vedrete non potete attribuire a miracolo – se le cose sono come le vedete significano che la loro natura permette che siano così. Quindi niente miracolo e maraviglia. Io ritorno dall’Oriente, dal più lontano Oriente. Sono andato a portare personalmente i miei saluti ai Mani della famiglia imperiale del Giappone, la patria antichissima delle prime nespole; poi sono passato per la Cina ed ho visto che i suoi abitanti hanno fatto dei progressi inauditi nella civiltà. Aeroplani, mitragliatrici, operai coscienti, guerre, saccheggi e… anche la croce rossa. In India grande spirito nuovo. La quiete orientale qui alla fine comincia a progredire con cellule bolsceviste. Nell’Afganistan progressi inauditi: le donne coi capelli alla garconne e vesti corte che non arrivano al ginocchio, e forse la monogamia. Insomma il mondo cammina e la civiltà si avanza. Sbarcando ho trovato che delle bottiglie di buon vino possono sostituire l’oppio e possiamo conoscere anche noi il nirvana col succo amabile di Francesco Redi che lo chiamava sangue, s’intende sangue delle dette vigne opulenti e come vedete io facevo l’esperienza con questi due vinetti che hanno tutto da invidiare al nostro Falerno che il nostro Duce, con orgoglio italico, vuol giustamente mettere in onore al disopra di tutte le Champagnes diverse del mondo…, senza parlare del nostro Barbera, del nostro Barolo, dell’universale vino di Chianti che gli abitanti del pianeta di Marte ci invidiano come cosa unica del creato. Ma così meditando innanzi a queste bottiglie che ho bevuto, io prendevo e suggellavo nel mio animo delle considerazioni, degli appunti e delle note sulla Morte…

- Di quella morte n. 13 di cui cominciaste a scrivere cinque anni fa… e che restò sospesa, dissi io, sorridendo - Proprio così, perché dopo aver bevuto del vino che monta al cervello per mutare le idee nere in rosee, si può pensare alla morte con serenità e allegria, come potete scientificamente controllare evocando gli spiriti (voi che siete uno spiritista patentato alle scuole francesi) di tutti i giustiziati di capestro o di ghigliottina e che hanno demandato del cognac prima dell’ora della festa finale…

- Ma allora, risposi, voi vi fornite di idee e documenti sulla morte, per stampare un volume sulla morte e per…- …illuminare i vivi che ne hanno paura. Benché Achille eroe della guerra di Troia abbia detto, secondo il poeta, che voleva essere più un umile tonsore di cani barboni che un vittorioso guerriero morto nell’Erebo, io credo che l’esser morto vale molto più che un vivo alle prese coll’agente delle tasse. E la credo veramente un’allegra trovata questa morte che è il modo più breve per ridiventare giovane e aitante… senza la barba bianca…

- …che vedo vi dà fastidio e vi presenta come un uomo invalido…

- Se accennate alla mia barba fluente, posso dirvi il secreto, che come i preti dell’Antico Egitto se ne mettevano una di coloro azzurro, io mi son messa questa che è posticcia per non essere assediato dai curiosi che trovandomi per secoli sempre giovane e gagliardo, vorrebbero sapere - la ricetta dell’elisire di lunga vita, dopo tanti secoli che son sempre lo stesso.

- Insomma sarò io l’editore di questo libro sulla Morte?

- Speratelo – Per ora prometto al migliore editore dell’Italia… occulta che se arriva a bere tutte le bottiglie di buon vino che ho preparate, senza che il Nirvana all’estratto di vin buono mi faccia venire il desiderio di raggiungere gli eroi della guerra della Bell’Elena, vi confiderò il manoscritto di una opera così allegra che tutto il mondo ne prenderà conoscenza per regolarsi nella discesa all’Inferno e per non temere spauracchi inutili…

- Dunque fondo sulla promessa?

- Potete esser sicuro che se si stampa questo libro sarà edito da voi.

E così conchiuse:

- Andatevene con l’animo lieto e lasciatemi alle mie esperienze vinicole – perché, se non ve ne andate, la verità che nel vino si nasconde svanisce - e sentirete delle menzogne! 

G. G. ROCCO

 (Tratto dall’opera “Il Volo di Hermes”, per gentile concessione dell’Autore)

 



[1]Il testo è stato riproposto, purtroppo con evidenti refusi, anche in rete da un sito di ispirazione kremmerziana.

 

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