C’è stato un uomo piccolo e minuto, conosciuto con l’appellativo di Mahatma, o “Grande Anima”, che si è rivelato un gigante, spiritualmente, politicamente, umanamente. Il suo nome era Gandhi e tra le sue tante luminose dichiarazioni vogliamo ricordarne una che per noi1 assume un valore molto particolare: “La civiltà di un popolo si misura dal rispetto che esso nutre nei confronti degli animali”.
Se si dovesse formulare un giudizio sulla nostra attuale “civiltà” in base al parametro proposto in questo nobile enunciato, il risultato sarebbe disastroso. Di fronte al quadro desolante che il mondo oggi ci offre, specialmente per quanto concerne l’attenzione e l’amore nei confronti degli animali, tranne rarissimi casi e isolate realtà locali, dovremmo soltanto limitarci a constatare quanto ancora siamo lontani dal poterci ritenere effettivamente civili. E’ pur vero che, soprattutto in Occidente, i movimenti animalisti, ambientalisti, ecologisti e vegetariani sono in continua espansione e stanno promuovendo e sviluppando importanti campagne a favore degli animali, contro crudeltà e stragi quotidiane, contro quella pratica criminale e abominevole che corrisponde alla vivisezione, la cui sola pronuncia dovrebbe fare inorridire, contro la caccia, che ancora qualche idiota continua a voler definire “sport” (vorremmo proprio sapere dove risiedono gli ideali dello spirito sportivo in una pratica inutile, il cui divertimento consiste nell’uccisione di una innocente creatura indifesa), contro l’altra piaga dell’abbandono, contro le ridicole e lugubri pellicce ecc. Ma è altrettanto vero che, obiettivamente, in questo campo siamo ancora molto, troppo indietro, e quando tra cento o mille anni, parleranno di noi, saremo ricordati, in questo senso, come dei trogloditi assassini e divoratori di esseri viventi. Più o meno come noi oggi potremmo considerare una tribù di cannibali, con l’aggravante, tipica del contemporaneo “homo technologicus”, che l’essere umano pretende arrogantemente di essere considerato “civilizzato ed evoluto” a pieno titolo e diritto. E’ chiarissimo che a un evidente, innegabile e rapido progresso scientifico e tecnologico, non è corrisposto quell’auspicabile balzo in avanti interiore, quel salto qualitativo della coscienza e della consapevolezza, che avrebbe potuto e dovuto realizzare un’ideale armonia olistica tra mente e corpo, tra spirito e materia, tra il mondo umano, l’animale, il vegetale e il minerale, o, per meglio dire, il pieno equilibrio dei classici cinque elementi orientali in un ecosistema integrale e globale, realmente proficuo e utile per tutta l’umanità e l’intera vita, fisica e sottile, del nostro pianeta.