C’è un concetto, espresso lapidariamente, da Giuliano Kremmerz nella sua opera Dialoghi sull’ermetismo[1] ed avente ad oggetto Roma, non tanto e non solo come riferimento alla sua Civiltà, storia o altro ma, in sostanza, come espressione di un giudizio categorico e, per lo effetto, indiscutibile sulla natura, nel significato di essenza, della Romanità medesima: “…occulta Urbe…del buon senso e della verità…”, ecco cosa afferma, in guisa apodittica, il Kremmerz nel luogo su citato.
Ora, in via preliminare, è d’uopo, ad avviso di chi scrive, avendo lo stesso posto a se medesimo la domanda intorno al significato vero, autentico epperò profondo di simile affermazione, che ha la natura di una considerazione quasi ultimativa nonché definitoria intorno a quaestiones sollevate in un primo momento; è d’uopo, dicevamo, esprimere due riflessioni di natura propedeutica al discorso che ci accingiamo ad articolare: la prima è in riferimento al contesto in cui viene espressa e collocata tale affermazione, che è un contesto manifestamente sapienziale e filosofico di natura operativa, nel significato arcaico ed ermetico dei termini, la seconda, che è effettuale alla prima, è che il nocciolo vero della frase, cioè quello che in superficie non appare, è tutt’altro da ciò che il “volgo legge e comprende!”.